Affinché la notifica Via PEC sia valida, è necessario che vi sia la certezza legale della conoscibilità degli atti: è quanto stabilito nella recentissima pronuncia della CTP di Latina (sentenza 992/01/16 del 1 luglio 2016) secondo cui per considerare valido questo procedimento, è indispensabile che vi sia la stampa dell’atto notificato con la relata, il certificato della firma digitale del notificante, il certificato di firma del gestore di PEC, le informazioni richieste dall’art. 18 D.M. n. 44 del 2011 per il corpo del messaggio, le ricevute della PEC e alla produzione di tutti gli ulteriori dati di certificazione.
La questione sottoposta all’attenzione dei giudici pontini riguardava la corretta esecuzione del procedimento di notifica a mezzo PEC di alcune cartelle di pagamento, procedimento contestato dalla società ricorrente; Equitalia riteneva di poter provare la notifica producendo solo la copia della ricevuta di consegna del messaggio mandato per posta elettronica. Ebbene, per il Collegio questa circostanza confermava la tesi della ricorrente (una società operante nel settore delle costruzioni) circa la mancata riconoscibilità dell’intera cartella ovvero il mancato raggiungimento dello scopo da parte della notifica, che costituisce elemento necessario per la legittima conclusione della fattispecie (a conferma di questo, i giudici richiamano la sentenza 564 del 15 gennaio 2014 della Corte di Cassazione, Sez. V).
Nel procedimento in oggetto, l’Agente della Riscossione si era costituito nei termini e insisteva sulla correttezza della notifica così effettuata ma i giudici hanno negato validità a tale tesi sostenendo che, laddove un atto sia notificato a mezzo pec, non vi è certezza legale circa la conoscenza dello stesso, conoscenza che invece viene data con la produzione (ad opera del soggetto che la notifica ha eseguito) della: stampa dell’atto notificato con la relata, certificato della firma digitale del notificante, certificato di firma del gestore di PEC, informazioni richieste dall’art, 18 D.M. 21/2/2011 n. 44 per il corpo dei messaggi, ricevute della PEC, ulteriori dati di certificazione (TAR Napoli 9/4/2013 n. 1756).
La nullità della cartella notificata via PEC deriva dalla circostanza che il messaggio email non contiene l’originale dell’atto di Equitalia, ma solo una copia priva di attestazione di conformità (CTP Lecce sent. n. 611 del 7/7/2015).
L’Amministrazione Finanziaria, per garantire che la pretesa tributaria diventi certa ed esigibile, deve assicurare la legale conoscenza dell’atto, proprio attraverso la regolarità della procedura di notificazione; in mancanza, le notifiche degli atti fatte da Equitalia sono nulle poiché la posta elettronica certificata non offre le garanzie tipiche della raccomandata tradizionale in quanto non contiene l’originale della cartella, ma solo una copia informatica priva di attestazione di conformità.
Del resto, proseguono i Giudici, questo procedimento incide sulla sfera patrimoniale del contribuente che ha il diritto, costituzionalmente riconosciuto, alla piena e legittima conoscenza di ogni pretesa tributaria affinchè gli venga garantito il proprio diritto di difesa.
Mutatis mutandis, l’atto di citazione notificato da un avvocato alla controparte deve essere sottoscritto da una firma digitale dello stesso legale e notificato via PEC alla cancelleria competente, per cui non si capisce perché lo stesso principio non debba valere per le notifiche di Equitalia che, laddove effettuate via PEC, devono contenere la sottoscrizione dell’atto e la certificazione della conformità all’originale.
In caso contrario, la nullità della notifica sarà insanabile, poiché con la PEC è trasmesso al contribuente non l’originale della cartella di pagamento ma solo una copia informatica peraltro priva di attestazione di conformità da un pubblico ufficiale: detta copia non può avere alcun valore poiché non garantisce che il documento inoltrato sia identico all’originale nelle mani di Equitalia, mentre nella notifica tradizionale, l’originale del documento passa nelle mani del contribuente. Da ciò deriva che, laddove nella fotocopia della cartella di pagamento allegata alla PEC non appaia alcuna attestazione di conformità, il contribuente avrà ricevuto solo una copia informale dell’atto pari ad una volgare fotocopia; peraltro, continuano i giudici, sia i dirigenti che in funzionari di Equitalia non sono pubblici ufficiali e pertanto non spetta a loro apporre l’autentica sulle copie delle cartelle della stessa Equitalia.
Concludono i giudici affermando che, qualora sulla cartella non sia riportato l’indirizzo della sede legale della società o sia riportato in maniera non corretta, la spedizione via PEC non potrà proprio essere eseguita per la mancata corrispondenza dell’indirizzo di destinazione del destinatario con quello apposto sulla cartella di pagamento.