La CTR della Sicilia, accogliendo l’appello di un Comune ha ritenuto legittimo l’AVVISO DI ACCERTAMENTO ICI con riguardo ad un’area comprendente terreni agricoli, nonché fabbricati fatiscenti costituiti da una villa padronale, da palazzine ad uffici ed opifici industriali risalenti ad una preesistente dismessa acciaieria. La sentenza ha ritenuto corretta l’applicazione dell’ICI sulla porzione di area sulla quale insistevano i fabbricati fatiscenti (iscritti nella categoria catastale F/2) determinando la base imponibile propria delle aree edificabili, avendo il PRG del Comune individuato tale area a destinazione urbanistica produttiva, con possibilità di interventi manutentivi sugli opifici preesistenti.
Nel ricorso per cassazione, la società proprietaria dell’area ha sostenuto la nullità della sentenza per omessa o insufficiente pronuncia sui motivi di opposizione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, del decr. legisl. n. 504/1992, non vertendosi nella specie, di utilizzazione edificatoria mediante opere di realizzazione, recupero o demolizione, bensì di attività edilizia di manutenzione non concretamente attuabile stante la situazione di totale ed irreversibile “collabenza” degli edifici.
Ad avviso della Suprema Corte, con la sentenza n. 17815/2017 della Sez. V Civile, la CTR si è soffermata ad illustrare con precisione e correttezza la determinazione della base imponibile sulla scorta del PRG del Comune e sulla possibilità di interventi di manutenzione, equipollenti al criterio di “edificabilità dell’area”. Ha ritenuto altresì che l’avviso di accertamento fosse sufficientemente motivato con indicazione di tutti gli elementi fondanti della pretesa impositiva, sia rigardo alla tipologia e volumetria degli immobili, sia riguardo agli strumenti urbanistici di cui alla certificazione rilasciata dall’UTC del Comune, ponendo il contribuente nella condizione di esercitare il proprio diritto di difesa,
La Corte di Cassazione ha ravvisato invece la fondatezza delle doglianze riguardanti la violazione e falsa applicazione ex art. 360, c. 3, del c.p.c. della normativa di riferimento, in particolare dell’art. 5 del decr. legisl. n. 504/1992 che nel caso in questione non può trovare applicazione trattandosi di fabbricati in stato di rovina, iscritti come tali nella categoria catastale F/2 (quindi privi di rendita), caratterizzati da un degrado tale da comportare l’oggettiva incapacità di produrre un reddito proprio. Né è possibile far rientrare l’immobile nel concetto di area edificabile, trattandosi in realtà di area già edificata.
In conclusione, il ricorso della società contribuente è stato parzialmente accolto mediante affermazione del principio secondo cui:
“il fabbricato collabente iscritto in conforme categoria catastale F/2 si sottrae all’imposizione ICI non per assenza del presupposto di imposta (art. 1 del decr. legisl. n. 504/1992) ma per azzeramento della base imponibile (art. 5 decr. legisl. cit), stante la mancata attribuzione di rendita e l’incapacità di produrre ordinariamente un reddito proprio: la mancata imposizione ICI del fabbricato collabente non può essere recuperata prendendo a riferimento la base imponibile del valore venale dell’area posto che la legge prevede la imposizione dell’area edificabile, ma non di quella già edificata; non può essere considerata edificabile l’area inserita dallo strumento urbanistico in zona di risanamento conservativo per la quale la normativa comunale preveda solo interventi edilizi di recupero e risanamento delle costruzioni già esistenti, senza possibilità di incrementi volumetrici”.