La Banca d’Italia ha impugnato la sentenza CTR della Basilicata che ha ritenuto legittimo, in conformità con la decisione CTP, il rifiuto del Comune al rimborso dell’Ici pagata per le annualità 2001-2002-2003 relativa ad un fabbricato dichiarato di interesse storico artistico dalla Sovrintendenza ai beni architettonici e ambientali con nota del 10/11/2004 ai sensi del D.Lgs. n.42/2004. La motivazione, in adesione alla tesi del Comune, poggia nella considerazione che il riconoscimento da parte della Sovrintendenza assuma natura costitutiva, e, quindi, solo da tale data sia possibile riconoscere l’agevolazione.
Con la sentenza n.19878/2016, Sez. V Civile, la Corte di Cassazione ha richiamato precedenti pronunce con le quali era stato chiarito che l’agevolazione prevista in tema di ici per gli immobili di interesse storico od artistico di cui all’art. 3 della Legge n. 1089/1939 persegue lo scopo di venire incontro, per una esigenza di equità fiscale, alle maggiori spese di manutenzione e conservazione che i proprietari sono tenuti ad affrontare per preservare le caratteristiche degli immobili vincolati. Ha ricordato, inoltre, che il D.Lgs. n.42/2004 ha introdotto un sistema di tutela misto a seconda che si tratti di beni, sempre di rilievo culturale, di proprietà pubblica oppure privata, nel senso che la proprietà pubblica gode sempre delle disposizioni di tutela previste dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, mentre la proprietà privata ne gode solo allorquando sul bene sia intervenuta una dichiarazione di interesse storico, artistico, archeologico, da parte dell’Organismo ciò deputato, ossia la Sovrintendenza.
In conseguenza di tale interpretazione, la Suprema Corte ha concluso che mentre il formale provvedimento dell’autorità amministrativa che riconosca l’interesse culturale si renda necessario per i beni immobili di proprietà privata, esso sia da escludere in relazione agli immobili di proprietà pubblica, nel qual caso il provvedimento stesso assume la natura ricognitoria e non costitutiva.