Il Consiglio di Stato Sez. V con la sentenza n. 05071/2017 del 2/11/2017 ha ulteriormente ribadito la legittima applicazione da parte dei comuni del canone concessorio non ricognitorio ex art. 27 del D.Lgs. 285/1992 ribadendo e specificando con maggiore dettaglio i principi di merito già individuati nella decisione n.2120/2016 dalla Sezione Seconda del 18 gennaio 2017.
Il Supremo collegio Amministrativo nella sentenza che ci occupa, diversamente da quanto deciso in primo grado dal TAR competente , non ha ritenuto tardiva la impugnazione del Regolamento che disciplina l’introduzione del Canone in questione in quanto non avvenuta avendo riferimento ai termini della pubblicazione del regolamento all’Albo pretorio del Comune. Al Riguardo la sentenza in questione specifica infatti che:
“A differenza di quanto ritenuto dai primi giudici, sebbene il regolamento preveda, in via generale ed astratta, che anche le concessioni di suolo pubblico finalizzate alla distribuzione di energia elettrica rientrino tra quelle soggette al canone concessorio non ricognitorio, tuttavia è solo l’adozione dell’atto applicativo che concretizza ed attualizza la lesione e, soprattutto, differenzia l’interesse del singolo concessionario rispetto a quello di tutti gli altri concessionari che, rispetto all’annullamento della previsione normativa generale e astratta, si trovano nella medesima indifferenziata posizione”.
Da ciò consegue per i Giudici della Quinta Sezione che:
“L’interesse all’annullamento del Regolamento all’interno della categoria” o della “classe” dei suoi potenziali destinatari è un interesse indifferenziato, seriale, adespota (nella sostanza un interesse diffuso): esso diventa interesse soggettivamente differenziato (e, quindi, interesse legittimo) solo nel momento in cui il regolamento è concretamente applicato nei confronti del singolo.”.
Di ciò sarà conseguenza che , fino al momento dell’adozione dell’atto applicativo, (richiesta di pagamento – ingiunzione ex R.D. 639/1910 n.d.r.) quindi, il termine per l’azione di annullamento non potrà decorrere, perché non sussisteranno ancora , per il singolo concessionario, le necessarie condizioni dell’azione, ovvero l’interesse e la legittimazione al ricorso.
Relativamente al merito la sentenza in esame si è preoccupata in primo luogo di riassumere i principi consolidati al riguardo dal Consiglio di Stato ribadendo che:
a) ai sensi degli artt. 25 e 27 d.lgs. n. 285 del 1992, la condizione a un tempo necessaria e sufficiente per giustificare l’imposizione del canone ricognitorio è rappresentata dal rilascio di un titolo che abilita a un uso singolare della risorsa pubblica, limitandone o, comunque, condizionandone in modo apprezzabile il pieno utilizzo;
b) non vi è un divieto di cumulo con la COSAP (o con la TOSAP), ma solo una diversità di titolo giuridico, avendo la prima un fondamento di carattere tributario connesso con l’occupazione permanente di uno spazio pubblico in analogia con l’indennizzo dovuto per le servitù prediali senza un nesso di collegamento con impedimenti all’uso generale, mentre il canone non ricognitorio rappresenta un corrispettivo correlato ad una limitazione o modulazione della possibilità dell’utilizzo pubblico tipico del bene che ne precluda l’ordinaria generale fruizione;
c) le disposizioni settoriali (che interessano soprattutto la materia delle infrastrutture a rete funzionali allo svolgimento di servizi pubblici: servizio idrico, comunicazione elettronica, distribuzione e trasporto dienergia) nel sancire, con diverse sfumature, il principio di tendenziale gratuità degli interventi finalizzati alla posa e al mantenimento delle reti infrastrutturali, non presentano un carattere derogatorio rispetto alla generale e indistinta pretesa alla corresponsione del canone concessorio non ricognitorio, ma costituiscono soltanto un argomento ulteriore a sostegno del già richiamato principio volto a negare la generalizzata applicazione dell’articolo 27 del codice della strada e, in ogni caso, ad escluderne la cogenza nelle ipotesi in cui non sussistanopuntuali ragioni giustificative connesse all’uso esclusivo della strada .Da ciò deve quindi argomentarsi che le occupazioni del sottosuolo non sono escluse tout court dalla applicazione del canone de quo.
Viene in primo luogo evidenziato come, nel caso di specie parte ricorrente , in nessun motivo del ricorso, abbia dedotto come specifico vizio di illegittimità del Regolamento, il fatto che esso imponga il canone concessorio non ricognitorio in fattispecie caratterizzate dall’assenza di un utilizzo singolare da parte del concessionario tale da impedire o limitare l’uso generale da parte della collettività. La sottrazione dell’uso pubblico del suolo da parte del concessionario è l’elemento essenziale per l’applicazione del canone de quo al punto tale che:
“in sede applicativa, a fronte di una eventuale atto impositivo che dovesse esigere il canone in questione pure in situazioni illegittimamente caratterizzate dall’assenza di sottrazione della strada all’uso generale, l’odierna ricorrente ben potrà, in sede di ricorso innanzi al giudice ordinario avverso l’ingiunzione di pagamento, invocare l’illegittimità (con conseguente disapplicazione) dell’eventuale previsione regolamentare che fornisca, illegittimamente, base normativa a quell’atto impositivo.”.
Nel caso di specie secondo i Supremi Giudici il Regolamento, peraltro, sembrerebbe escludere tale eventualità, atteso che prevede, tra i parametri di determinazione della tariffa, il c.d.
parametro di interferenza ……, “determinato in relazione al grado di interferenza sulla viabilità e/o su ogni altro servizio pubblico comunale” e “definito sulla base di una apposita relazione tecnica predisposta dai competenti servizi comunali”.
In base al c.d. parametro di interferenza è evidente come la pretesa alla riscossione possa essere vantata non a fronte di un qualunque utilizzo della strada, ma soltanto a fronte di un utilizzo singolare che ne impedisca in tutto o in parte la pubblica fruizione.
La sentenza in questione ha poi ribadito quanto già affermato dalla Decisione 20120/2016 in merito alla legittima introduzione del canone e della determinazione del quantum con Regolamento in luogo della previsione nei singoli provvedimenti autorizzatori, richiamando la potestà regolamentare in materia da parte degli enti locali ai sensi dell’art. 52 comma 1 del D.lgs. . 446/1997. Viene, inoltre, in essa ulteriormente puntualizzato come tale potestà non possa essere condizionata o inibita dalla mancata adozione del Regolamento del Ministero delle infrastrutture richiamato dall’art. 27 del D.lgs. 285/1992.
Nel ribadire la legittimità e la compatibilità della applicazione della TOSAP o della COSAP con il Canone in questione stante la loro differente natura, la Sentenza che ci occupa fornisce una lettura interpretativa dell’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 63 del d. lgs. n. 446/1997 qui riportato
“Dalla misura complessiva del canone ovvero della tassa prevista al comma 1 va detratto l’importo di altri canoni previsti da disposizioni di legge,riscossi dal comune e dalla provincia per la medesima occupazione, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi.”
Ad avviso dei Giudici della Quinta Sezione:
“La disposizione nella sostanza stabilisce una soglia massima di prelievo con efficacia assorbente: se, dunque, il comune riscuota già altri canoni previsti dalla legge (come, appunto, quello di cui all’ art. 27 del d.lgs. n. 285 del 1992), gli stessi debbono essere portati in detrazione rispetto alla misura complessiva del COSAP (o della TOSAP) come risultante dall’applicazione dell’art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997; in caso contrario, il Comune sarà integralmente compensato dell’occupazione mediante l’applicazione del COSAP stesso, salve le ipotesi di erogazione di particolari e diversi servizi, che giustificano la riscossione di ulteriori somme. Tale norma risponde, dunque, all’esigenza di evitare una duplicazione di oneri connessi alla stessa occupazione”.
Va ricordato però che, per quanto concerne le occupazioni del sottosuolo effettuate dagli enti di erogazione dei pubblici servizi, relativamente alla applicazione della TOSAP e della COSAP le stesse sono determinate forfetariamente in relazione al numero delle utenze in relazione all’art. 63 del d.lgs. 446/1997,mentre per quanto riguarda i canoni Concessori non ricognitori le suddette occupazioni sono determinate commisurando la effettiva occupazione delle infrastrutture sia del soprassuolo che del sottosuolo. In ragione di ciò potrebbe ravvisarsi una ipotesi di insussistenza in detti casi dei presupposti per determinare una duplicità di imposizioni sulle medesime occupazioni.