La Provincia di Benevento ha impugnato la sentenza del TAR Campania che aveva accolto il ricorso del Comune di Forchia avverso la delibera del Presidente della Provincia recante la determinazione per l’anno 2014 della misura del costo di conferimento dei rifiuti indifferenziati nello stabilimento di Casalduni e dei decreti dirigenziali della Regione Campania, ritenendo non meritevoli le argomentazioni addotte dalla Provincia stessa e dalla società Sannio Ambiente e Territorio per giustificare l’incremento dei costi di gestione.
L’appellante ha impugnato la suddetta decisione del TAR deducendo che l’annullamento degli atti era basato sulla erronea violazione dell’onere di informazione preventiva da parte della Provincia ai comuni circa l’aumento del costo, sulla mancata rilevazione dell’assenza di legittimazione e di interesse da parte del comune ricorrente, sulla sopravvenuta emanazione del decreto regionale n. 36/2015 di approvazione delle tariffe definitive che avrebbe dovuto comportare l’inammissibilità del ricorso in quanto relativo ad atti successivamente “superati”, sull’inosservanza del disposto della Legge n. 26/2010 e del DPCM 16/2/2012 concernente l’obbligo dell’integrale copertura dei costi nella determinazione della tariffa per lo smaltimento in discarica,
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 03241/2017 della Sezione IV, resa il 22 giugno 2017, ha deciso di riunire anche l’appello della Regione, trattandosi di richieste rivolte all’annullamento della stessa sentenza del TAR e, uniformandosi alla consolidata giurisprudenza dello stesso C. di S. e della Cassazione, ha ritenuto non meritevole di esame alcuna delle eccezioni di inammissibilità e di irricevibilità sollevate in primo grado e riproposte in appello , atteso che il ricorso di primo grado si appalesa infondato nel merito.
Quanto alle censure di merito che più direttamente attengono alle determinazioni adottate dalla Provincia, il Collegio le ha ritenute infondate per le ragioni in appresso riportate.
Non si ravvisa la violazione dell’art. 27, c. 8, della L. n.338/2001 e dell’art. 1, c. 669 della L. n.296 del 2006, secondo cui la Provincia avrebbe dovuto segnalare ai comuni il prevedibile aumento del costo del servizio affinchè gli stessi avessero potuto tenerne conto in sede di bilancio: in realtà, invece, la delibera n. 94 dava già conto della circostanza che si trattava di “determinazione provvisoria” in attesa degli interventi della Regione, che risultano adottati con i decreti n. 26/2014 e n. 36/2015.
La configurazione tariffaria ha rispettato il principio della integrale copertura dei costi sancito dalla legislazione nazionale.
Nessun danno è derivato ai comuni dalla pretesa tardività dei provvedimenti regionali in quanto la disposizione dell’art. 10, c. 12 del D.L. n. 192/2014 stabiliva la validità delle delibere tariffarie e regolamentari in materia di tassa rifiuti adottate dai comuni entro il 30 novembre 2016, con la precisazione che i comuni i quali non avessero deliberato entro tale data potessero procedere alla riscossione sulla base delle tariffe applicate per l’anno 2013, recuperando le eventuali differenze nell’anno successivo, all’atto dell’approvazione del bilancio 2015.
Circa le critiche rivolte ai decreti regionali, il Collegio ha rilevato che dalla normativa europea emerge che le autorità nazionali competenti in materia dispongono di un ampio margine di discrezionalità per la determinazione delle modalità di calcolo della tassa sulla raccolta dei rifiuti.
Per i motivi suddetti il Consiglio di Stato, pronunciando in via definitiva, ha accolto i ricorsi proposti, respingendo integralmente il ricorso di primo grado.