Le misure per gli enti territoriali nel decreto legge n.50/2017
6 maggio 2017, di Alessio FolignoIl decreto legge 24 aprile 2017 con le disposizioni sulla finanza degli enti locali

Il decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, recante “disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo” in approvazione alla camera con il n. A.C. 4444 contiene particolari disposizioni di interesse per gli enti locali.
L’ARTICOLO 1. – (Disposizioni per il contrasto all’evasione fiscale) – estende l’ambito di applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) (cosiddetto split payment) anche alle operazioni effettuate nei confronti di soggetti che, a legislazione vigente, pagano l’imposta ai loro fornitori secondo le regole generali.
Sulla materia, si ricorda che l’articolo 1, comma 629, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), ha introdotto l’articolo 17-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che stabilisce, per talune pubbliche amministrazioni acquirenti di beni e servizi, un meccanismo di scissione dei pagamenti da applicarsi alle operazioni per le quali dette amministrazioni non siano debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni generali in materia di IVA.
In base a questo meccanismo, le pubbliche amministrazioni, ancorché non rivestano la qualità di soggetto passivo dell’IVA, devono versare direttamente all’erario, con le modalità e nei termini indicati nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 gennaio 2015, l’imposta sul valore aggiunto che è stata addebitata loro dai fornitori.
Nell’articolo 17-ter attualmente vigente è previsto che il regime della scissione dei pagamenti sia applicato soltanto dalle amministrazioni e dagli enti pubblici che erano destinatari delle norme in materia di IVA a esigibilità differita di cui all’articolo 6, quinto comma, secondo periodo, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972: lo Stato, gli organi dello Stato, ancorché dotati di personalità giuridica, gli enti pubblici territoriali e i consorzi tra essi costituiti ai sensi dell’articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, gli istituti universitari, le aziende sanitarie locali, gli enti ospedalieri, gli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, gli enti pubblici di assistenza e beneficenza e quelli di previdenza.
Con la disposizione del presente articolo, nella parte in cui si sostituisce il comma 1 dell’articolo 17-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, si estende l’applicazione della scissione dei pagamenti a tutte le amministrazioni, gli enti e i soggetti inclusi nel conto consolidato della pubblica amministrazione, di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
Inoltre, con l’introduzione di un comma 1-bis nello stesso articolo 17-ter si attua l’allargamento dell’ambito della scissione dei pagamenti anche alle operazioni effettuate nei confronti di soggetti ad elevata affidabilità fiscale che non fanno parte della pubblica amministrazione. Si tratta delle seguenti tipologie di soggetti:
a) società controllate direttamente dallo Stato, di diritto o di fatto, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile;
b) società controllate di diritto, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile, direttamente dagli enti pubblici territoriali;
c) società controllate di diritto, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile, direttamente o indirettamente, dai soggetti precedentemente indicati alle lettere a) e b), ancorché questi ultimi siano compresi tra le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196;
d) società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana, che sono società di primaria importanza e a liquidità elevata operanti nei diversi settori dell’economia e rappresentano circa l’80 per cento della capitalizzazione di mercato interna; viene previsto, al riguardo, che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze possa essere individuato un indice alternativo di riferimento per il mercato azionario.
L’inserimento del nuovo comma 1-ter nell’articolo 17-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 risponde alla finalità di specificare che le disposizioni recate dal medesimo articolo si applicano fino al termine di scadenza della misura speciale di deroga assentita dal Consiglio dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/ CE.
Infine, con l’abrogazione del comma 2 dell’articolo 17-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 si ricompone l’ambito applicativo della scissione dei pagamenti, comprendendovi anche le operazioni effettuate da fornitori che subiscono l’applicazione delle ritenute alla fonte sui compensi percepiti (essenzialmente liberi professionisti).
Con la modifica dell’articolo 1, comma 633, della legge n. 190 del 2014 si chiarisce l’applicabilità delle sanzioni previste dallo stesso comma, per il caso di mancato o ritardato versamento dell’imposta, a carico degli acquirenti di beni o servizi indipendentemente dalla forma giuridica che i medesimi rivestono.
In considerazione dell’allargamento dell’ambito applicativo dell’istituto anche a soggetti privati non appartenenti alla pubblica amministrazione, si rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze per l’emanazione delle disposizioni di attuazione della norma introdotta. In detto decreto si provvederà anche all’individuazione dei soggetti di cui al nuovo comma 1-bis dell’articolo 17-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 tenuti all’applicazione del regime della scissione dei pagamenti.
L’applicazione delle nuove disposizioni è prevista per le fatture emesse a partire dal 1° luglio 2017.
L’ARTICOLO 8. – (Disposizioni in materia di pignoramenti immobiliari) – interviene sulle disposizioni afferenti la riscossione delle entrate dello stato e degli enti pubblici disciplinate dal d.p.r. 602/1973. Per effetto della modifica introdotta dal presente articolo, ferma restando naturalmente l’impignorabilità dell’unico immobile di proprietà (adibito ad uso abitativo e in cui il debitore risieda anagraficamente), tutti gli altri immobili dello stesso debitore, a prescindere dal loro valore individuale, divengono pignorabili se il valore complessivo degli stessi è superiore a 120.000 euro e il credito per cui si procede è superiore al predetto limite come previsto dall’articolo 76, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973.
Con la possibilità di agire in via esecutiva su più immobili di valore complessivo superiore a tale importo, dovrebbe determinarsi, ai fini della riscossione, un interessante effetto deterrente nei confronti dei contribuenti sottoposti a procedura ipotecaria (preavviso di ipoteca e iscrizione di ipoteca).
Non si ritiene, nell’ipotesi della modifica normativa in esame, di poter apprezzare un significativo aumento delle procedure immobiliari che potrebbero seguire la misura cautelare, in ragione della sostanziale equivalenza della platea di debitori sui quali poter agire.
Occorre in ogni caso tener presente che le esecuzioni immobiliari scontano procedure che richiedono un elevato assorbimento di risorse: una volta identificati gli immobili per i quali ricorrono i presupposti di pignorabilità, particolarmente oneroso è il recupero delle certificazioni ventennali da parte del pubblici registri immobiliari, sottoscritte dal competente conservatore, alle quali seguono le ulteriori attività amministrative (redazione degli avvisi di vendita, con suddivisione dei lotti, trascrizione nei registri immobiliari e notifiche a tutti i soggetti coinvolti – debitore, comproprietari, creditori iscritti –, adempimento degli obblighi di pubblicità prescritti, gestione delle cauzioni e dei relativi incanti, nonché, qualora vada deserto anche il terzo incanto, richiesta di devoluzione dei beni o conseguimento dell’autorizzazione ad un quarto incanto).
All’ARTICOLO 10. – (Reclamo e mediazione) sono previste disposizioni afferenti il processo tributario – In considerazione della necessità di deflazionare il contenzioso tributario presso le commissioni tributarie e presso la Corte di cassazione, l’ambito di applicazione della mediazione di cui all’articolo 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992 viene esteso alle controversie tributarie di valore superiore all’attuale limite di 20.000 euro e fino a 50.000 euro.
Tale necessità, anche tenuto conto dei necessari adeguamenti organizzativi degli uffici impositori e dei soggetti della riscossione, impone che l’estensione si applichi con riferimento agli atti notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018. Detta decorrenza consente, altresì, di rendere edotto il contribuente in ordine a tale modifica normativa, in attuazione dell’articolo 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente).
Per la determinazione dell’efficacia della norma si fa riferimento alla data di notifica degli atti notificati, analogamente a quanto previsto dall’articolo 1, comma 611, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che ha apportato alcune modifiche al citato articolo 17-bis.
Infine, la disposizione contenuta nel comma 3 è finalizzata ad estendere ai rappresentanti dell’agente della riscossione le stesse limitazioni della responsabilità per il procedimento di reclamo e di mediazione già previste per i rappresentanti degli enti creditori.
L’ARTICOLO 14. – (Riparto del Fondo di solidarietà comunale) – prevede la modifica al comma 450 dell’articolo 1 della legge n. 232 del 2016 che riduce dall’8 per cento al 4 per cento le soglie di variazione in aumento o diminuzione rispetto all’ammontare delle risorse storiche, in corrispondenza delle quali si può applicare un correttivo finalizzato a ridurre le variazioni medesime. Il nuovo comma 450-bis prevede inoltre che la quota di cui alla lettera b) del comma 449 (quota di 80 milioni di euro volta a garantire a ciascun comune l’equivalente del gettito della TASI sulle abitazioni principali stimato ad aliquota base) non distribuita, nel limite di 14 milioni di euro, nonché il contributo di cui al comma 24 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, destinato ai comuni a titolo di compensazione del minor gettito per l’anno 2017, nel limite di 11 milioni di euro, sono accantonati per essere attribuiti a favore dei comuni quale correttivo statistico del meccanismo di perequazione. Questo correttivo statistico è limitato al solo anno 2017 e mira ad attenuare gli scostamenti negativi più ampi derivanti dall’applicazione della nuova metodologia di calcolo dei fabbisogni standard e delle variazioni introdotte al vettore delle capacità fiscali.
L’ARTICOLO 16. – (Riparto del concorso alla finanza pubblica da parte di province e città metropolitane) – è finalizzato a ripartire l’ulteriore incremento del concorso alla finanza pubblica, previsto dal comma 418 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014 per gli anni 2017 e successivi nella misura di 900 milioni di euro, tra le province e le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario. A decorrere dall’anno 2017, tale concorso alla finanza pubblica è complessivamente fissato in 1.945.906.117,63 euro per le province delle regioni a statuto ordinario, in 754.093.882,37 euro per le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, in 197.457.946,68 euro per gli enti della Regione siciliana e in 102.542.053,32 euro per gli enti della regione Sardegna. Con il comma 2 si provvede a specificare l’ammontare complessivo del concorso alla finanza pubblica a carico di ciascuna provincia e città metropolitana per ciascuno degli anni 2017 e successivi.
Inoltre, la disposizione in esame è volta a ripartire tra ciascuna provincia e città metropolitana il concorso alla finanza pubblica di cui all’articolo 47, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014, per gli anni 2017 e 2018, in misura pari a complessivi 516,7 milioni di euro annui. Per ciascuno degli anni 2017 e 2018, tale concorso alla finanza pubblica è complessivamente fissato in 302.269.734,73 euro per le province delle regioni a statuto ordinario, in 159.861.801,61 euro per le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, in 32.830.508,44 euro per gli enti subentranti alle province della Regione siciliana e in 21.737.955,22 euro per gli enti subentranti alle province della regione Sardegna.
L’ARTICOLO 17. – (Riparto del contributo a favore delle Province e delle Città metropolitane delle regioni a statuto ordinario) – provvede ad attribuire a ciascuna provincia e città metropolitana delle regioni a statuto ordinario il contributo, per gli anni 2017 e seguenti, di cui al comma 754 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015, finalizzato al finanziamento delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilità e all’edilizia scolastica. In particolare, il contributo di cui al periodo precedente è complessivamente pari, per le province delle regioni a statuto ordinario, a 220 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e a 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e seguenti. Il contributo a favore delle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario ammonta invece a 250 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2017
L’ARTICOLO 18. – (Disposizioni sui bilanci di Province e Città metropolitane) – prevede che le province e le città metropolitane predispongono il bilancio di previsione per il solo anno 2017. Tale norma deroga alle disposizioni di contabilità vigenti, che prevedono un bilancio triennale, analogamente a quanto già operato per le annualità 2015 (articolo 1-ter del decreto- legge n. 78 del 2015) e 2016 (articolo 1, comma 756, della legge n. 208 del 2015). Si dispone inoltre che, ai fini del mantenimento degli equilibri finanziari, gli enti in questione possono applicare al bilancio di previsione l’avanzo libero e quello desti- nato (che costituiscono quote dell’avanzo di amministrazione annuale).
Al comma 2 viene modificato quanto previsto dal comma 3 del citato articolo 1-ter del decreto legge n. 78 del 2015, per cui, nel caso di esercizio provvisorio nel 2016 e 2017, le province e le città metropolitane applicano la disciplina dell’esercizio provvisorio (stabilita dall’articolo 163 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000) con riferimento al bilancio previsionale definitivo approvato per l’anno precedente, riclassificato secondo lo schema di cui all’allegato 9 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118.
In relazione al comma 3, si osserva che la precarietà degli equilibri finanziari del comparto «città metropolitane/province» necessita anche per il 2017 di sostegni di carattere straordinario sia in termini di risorse utilizzabili ai fini degli equilibri, sia per il raggiungimento del pareggio di bilancio introdotto nel 2016. Pertanto, la norma permette di ripetere anche per il 2017 il dispositivo di svincolo di quote di avanzi vincolati derivanti da trasferimenti regionali adottato per il 2016.
L’ARTICOLO 19. – (Sospensione termini certificazione enti locali dichiarazione di dissesto) – prevede la sospensione dei termini per l’invio della certificazione da parte degli enti locali per i quali, ai sensi dell’articolo 248, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, a seguito della dichiarazione di dissesto, sono sospesi i termini per la deliberazione del bilancio. La fina- lità della disposizione è volta ad assicurare la conformità della certificazione del saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate e le spese finali alle risultanze del rendiconto di gestione, al fine di applicare il regime sanzionatorio e premiale sulla base dello scostamento registrato. Viene specificato che la sospensione in parola opera anche per la certificazione del saldo 2016.
L’ARTICOLO 20. – (Contributo a favore delle province delle regioni a statuto ordinario) – concede un contributo di 110 milioni di euro per l’anno 2017 e di 80 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2018, destinato al finanziamento delle funzioni fondamentali delle province delle regioni a statuto ordinario di cui alla legge n. 56 del 2014, da ripartire tenendo anche conto dell’esigenza di garantire il mantenimento della situazione finanziaria corrente. Il comma 3, invece, destina 100 milioni di euro direttamente alle province delle regioni a statuto ordinario per l’attività di manutenzione straordinaria della rete via- ria di loro competenza. Il comma 4 rimette a un decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato- città ed autonomie locali, la disciplina dei criteri di riparto delle risorse di cui al comma 3.
L’ARTICOLO 21. – (Contributo per fusioni di comuni) – incrementa di un milione di euro, per ciascuno degli anni 2017 e 2018, il contributo straordinario a favore dei comuni risultanti dalle fusioni di cui all’articolo 15, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o dalle fusioni per incorporazione di cui all’articolo 1, comma 130, della legge 7 aprile 2014, n. 56.
L’ARTICOLO 24. – (Fabbisogni standard e capacità fiscali per Regioni) – prevede che a decorrere dall’anno 2017 la Commissione tecnica per i fabbisogni standard, di cui all’articolo 1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 – sulla base delle elaborazioni e ricognizioni effettuate dalla Società Soluzioni per il sistema economico – Sose S.p.A, in collaborazione con l’ISTAT e avvalendosi della Struttura tecnica di supporto alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome presso il Centro interregionale di Studi e Documentazione (CINSEDO) delle regioni – provveda all’approvazione di metodologie per la determinazione di fabbisogni standard delle regioni a statuto ordinario, sulla base dei criteri stabiliti dall’articolo 13 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, e nelle materie diverse dalla sanità. Il comma 534-ter prevede che i fabbisogni standard determinati secondo la procedura di cui al comma 534-bis, insieme alle capacità fiscali standard elaborate dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze, avvalendosi della Struttura tecnica di supporto alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome presso il Centro interregionale di Studi e Documentazione (CINSEDO) delle regioni, siano utilizzati per il riparto del concorso alla finanza pubblica da parte delle Regioni a statuto ordinario, in caso di mancato raggiungi- mento dell’intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro il 15 gennaio di ciascun anno.
L’ARTICOLO 25. – (Attribuzione quota investimenti alle regioni, province e città metropolitane) – attribuisce alle regioni una quota pari a 400 milioni di euro a valere sul fondo di cui all’articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016, finalizzato ad assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese. Le regioni dovranno utilizzare tale quota per effettuare investi- menti nuovi e aggiuntivi nel 2017. La norma stabilisce le condizioni che le regioni devono rispettare (adozione entro il 31 luglio 2017 degli atti finalizzati all’impiego delle risorse, assicurando, l’esigibilità degli impegni nel medesimo anno 2017 per la quota di competenza di ciascuna regione). Gli investimenti sono da considerarsi aggiuntivi qualora sia rispettata una delle seguenti condizioni:
a) le regioni procedono a variare il bilancio di previsione 2017-2019 incrementando gli stanziamenti riguardanti gli investimenti diretti e indiretti per la quota di rispettiva competenza;
b) gli investimenti per l’anno 2017 devono essere superiori, per un importo pari ai valori indicati per ciascuna regione, rispetto agli impegni per investimenti di- retti e indiretti effettuati nell’esercizio 2016 a valere su risorse regionali, escluse le risorse del Fondo pluriennale vincolato.
Le regioni certificano l’avvenuta realizzazione dei predetti investimenti entro il 31 marzo 2018 mediante apposita comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. In caso di mancata o parziale realizzazione degli investimenti, rispetto agli obiettivi indicati per ciascuna regione, qualora la regione non abbia conseguito, per la differenza, un valore positivo del saldo del pareggio di bilancio, si applicano le relative sanzioni.
È altresì previsto che una quota del Fondo di cui al comma 140, per un importo pari a 64 milioni di euro per l’anno 2017, a 118 milioni di euro per l’anno 2018, a 80 milioni di euro per l’anno 2019 e a 44,1 milioni di euro per l’anno 2020, è attribuita dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca alle province e alle città metropolitane per il finanziamento degli interventi in materia di edilizia scolastica coerenti con la programmazione triennale. Tali risorse possono essere destinate anche all’attuazione degli interventi di adegua- mento alla normativa in materia di sicurezza antincendio. È corrispondentemente ridotta l’autorizzazione di spesa di cui al predetto comma 140. Le province e le città metropolitane certificano l’avvenuta realizzazione degli investimenti di cui al presente comma entro il 31 marzo successivo al- l’anno di riferimento, mediante apposita comunicazione al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e al Ministero dell’economia e delle finanze – Diparti- mento della Ragioneria generale dello Stato. In caso di mancata o parziale realizzazione degli investimenti, le corrispondenti risorse assegnate alle singole province o città metropolitane sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al fondo di cui al comma 140.
L’ARTICOLO 26. – (Iscrizione dell’avanzo in bilancio e prospetto di verifica del rispetto del pareggio) – inserisce due nuove voci nell’elenco delle variazioni di bilancio cui è necessario allegare il prospetto di verifica del rispetto del pareggio. La disposizione è diretta a garantire che la verifica del rispetto del pareggio a preventivo, prevista dall’articolo 9, comma 1, della legge n. 243 del 2012, sia effettuata per tutte le possibili variazioni di bilancio che determinano modifiche del saldo di cui all’articolo 1, comma 466, della legge n. 232 del 2016. La norma di cui alla lettera b) risponde all’esigenza di rendere più flessibile la gestione degli stanziamenti di bilancio finanziati dall’avanzo di amministrazione, salvaguardando il rispetto dei vincoli di finanza pubblica. A tal fine, le regioni possono applicare l’avanzo di amministrazione al bilancio di previsione, accantonandolo in appositi fondi, che non rilevano ai fini delle verifiche del rispetto del pareggio di bilancio. L’utilizzo effettivo di tali risorse è disposto con successive variazioni di bilancio di competenza della Giunta regionale, previa verifica del rispetto del vincolo del pareggio. L’applicazione dell’avanzo al bilancio di previsione è consentita nel rispetto delle norme generali riguardanti l’utilizzo dell’avanzo medesimo.
L’ARTICOLO 28. – (Diverse modalità di conseguimento degli obiettivi regionali di finanza pubblica) – abroga la previsione di cui al comma 680 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015 che prevede, tra le modalità di conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, il versamento da parte delle regioni delle somme dovute all’entrata del bilancio statale.
L’ARTICOLO 35. – (Misure urgenti in tema di riscossione) – allinea il contenuto delle disposizioni del decreto legge n. 193 del 2016, che regolano le attività che possono essere svolte per conto degli enti locali dal nuovo ente pubblico economico, con l’obiettivo di specializzare quest’ultimo nella sola attività di riscossione spontanea e coattiva delle entrate di tutte le amministrazioni locali, quali individuate nel cosiddetto « consolidato ISTAT » ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009 (con l’esclusione, naturalmente, delle società di riscossione), e delle società da esse partecipate.
In particolare, la prima modifica interviene sul comma 3 dell’articolo 1 del decreto legge n. 193 del 2016 per riconoscere al nuovo ente la possibilità di svolgere l’attività di riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali per conto di tutti i predetti soggetti, ferma restando la specifica disciplina dettata dall’articolo 17, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo n. 46 del 1999 relativamente ai crediti delle società a partecipazione pubblica.
La seconda modifica, invece, interviene sull’articolo 2, comma 2, dello stesso decreto legge n. 193 del 2016 per stabilire che le predette «amministrazioni locali» possono affidare al nuovo ente esclusivamente l’attività di riscossione, con esclusione, quindi, delle attività di liquidazione e accertamento.
L’ARTICOLO 36. – (Procedura di riequilibrio finanziario, di dissesto e piano di rientro) – riformula il comma 1-ter dell’articolo 259 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, facendo chiarezza sull’ambito soggettivo di applicazione della disposizione, a seguito della situazione di incertezza creatasi dopo le recenti modifiche apportate alla norma, che consentono agli enti locali, indiscriminatamente, di raggiungere l’equilibrio entro i cinque anni dalla dichiarazione di dissesto.
La norma, come riformulata, estende a tutti gli enti locali che soddisfino le condizioni di cui al comma 1-ter dell’articolo 259 (riequilibrio significativamente condizionato dall’esito delle misure di riduzione di almeno il 20 per cento dei costi dei servizi e dalla razionalizzazione di tutti gli organismi partecipati) la facoltà di presentare un’ipotesi di bilancio che garantisca il raggiungimento dell’equilibrio, in deroga ai commi 1 e 1-bis dell’articolo 259 del testo unico, entro l’esercizio in cui si completano la riorganizzazione dei servizi comunali e la razionalizzazione degli organismi partecipati e, comunque, entro un massimo di cinque anni compreso l’anno in cui viene dichiarato il dissesto.
Commi da 2 a 4. La disposizione è finalizzata a superare difficoltà applicative derivanti dall’articolo 1, comma 457, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, riguardante l’amministrazione dei residui attivi e passivi da parte dell’organo straordinario di liquidazione per i comuni in stato di dissesto. La modifica consente, tra l’altro, di risolvere analoghe criticità discendenti dall’articolo 2-bis del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, che prevede disposizioni similari per le amministrazioni provinciali in stato di dissesto. La proposta, nel confermare l’obiettivo di semplificazione perseguito dalle due citate disposizioni, individua l’ambito soggettivo di applicazione della norma e delinea in maniera chiara le modalità contabili della gestione separata di tali residui da parte degli organismi straordinari di liquidazione. Viene infine introdotta una disposizione transitoria. Pertanto con tale restrittiva interpretazione si rende vano l’intervento del legislatore che ha invece inteso consentire agli enti locali la rivisitazione del piano di riequilibrio in ragione di nuovi e ulteriori disavanzi e debiti fuori bilancio indipendentemente dalla data della loro insorgenza.
Il richiamo dal comma 7 dell’articolo 243-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, previsto dal comma 714-bis dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, come riformulato dall’articolo 15 del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, va sì inteso nel senso dell’obbligo della ricognizione dei debiti fuori bilancio finalizzato alla rimodulazione o riformulazione del piano di riequilibrio finanziario plurien- nale, ricomprendendo tuttavia anche i debiti fuori bilancio emersi negli anni successivi e inseriti nel piano, ancorché riferiti ad esercizi antecedenti la data di approvazione del piano di riequilibrio originario. La locuzione «debiti fuori bilancio», quindi, riguarda i debiti esistenti alla data della rimodulazione o riformulazione ancorché provenienti da periodi antecedenti l’approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale originario
Sembrerebbe consolidarsi un’interpretazione restrittiva dell’ambito relativo alla riformulazione o rimodulazione dei piani di riequilibrio finanziario pluriennale, che intenderebbe consentire l’ammissione dei debiti fuori bilancio costituitisi successivamente all’approvazione del piano originario. Tale interpretazione tenderebbe a escludere i debiti fuori bilancio che, ancorché insorti successivamente all’approvazione del piano, sono emersi nella loro riconoscibilità, ai sensi dell’articolo 194 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, provenendo tuttavia da fatti gestionali antecedenti alla formulazione del piano originario.
Particolare interesse hanno poi le norme tributarie relative alle zone colpite dagli eventi sismici .
L’ ARTICOLO 43. – (Ulteriore proroga sospensione e rateizzazione tributi sospesi) – apporta modifiche all’articolo 48 del decreto-legge n. 189 del 2016. disponendo con la lettera a) la proroga della sospensione delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente, su quelli assimilati a quelli di lavoro dipendente e sui compensi ed altri redditi corrisposti dallo Stato (articoli 23, 24 e 29 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973) richiesta dai contribuenti residenti nei comuni interessati dal sisma (ai sensi del comma 1-bis del citato articolo 48) fino al 31 dicembre 2017; con la lettera b) si prevede la proroga del termine della sospensione dei versamenti tributari dal 30 novembre 2017 al 31 dicembre 2017, limitatamente ai soggetti diversi dai titolari di reddito di impresa e di reddito di lavoro autonomo, nonché dagli esercenti attività agricole, indicati all’articolo 11, comma 3, del decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2017, n. 45 ;con la lettera c) si prevede che gli adempimenti tributari sospesi, diversi dai versamenti, siano effettuati entro il mese di febbraio 2018; con la lettera d) si introducono due commi dopo il comma 12 con i quali si prevede che, al fine di assicurare ai comuni interessati, nell’anno 2017, i tributi non versati per effetto della sospensione di cui al comma 11, il Commissario delegato alla ricostruzione è autorizzato a concedere una anticipazione fino ad un massimo di 17 milioni di euro per l’anno 2017. Viene poi regolata la procedura di recupero della anticipazione nel caso di mancato riversamento da parte dei comuni beneficiari. Con il comma 2 si mira ad uniformare il termine della ripresa dell’attività degli uffici finanziari alla proroga del periodo di sospensione tributaria disposta dal presente decreto. Con il comma 3 si prevede la ripresa della riscossione dei tributi non versati per effetto delle sospensioni disposte dal decreto ministeriale 1° settembre 2016 e dai commi 1-bis, 10 e 10-bis del medesimo articolo 48, entro il 16 febbraio 2018, per i soggetti diversi dai titolari di reddito di impresa e di reddito di lavoro autonomo, nonché dagli esercenti attività agricole, indicati all’articolo 11, comma 3, del citato decreto-legge n. 8 del 2017, con la possibilità di rateizzazione in 9 rate mensili di pari importo a decorrere dal 16 febbraio 2018.
Le modifiche di cui al comma 4 sono intese a chiarire che ai titolari di reddito d’impresa e di reddito di lavoro autonomo, nonché agli esercenti attività agricole di cui all’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, per i quali è stato previsto dall’articolo 11, comma 3, del decreto-legge n. 8 del 2017 un regime di finanziamento assistito dalla garanzia dello Stato, non si applica la rateazione prevista dall’articolo 48 del decreto-legge n. 189 del 2016, così come modificato dal presente decreto, e che per gli stessi resta fermo il termine del 16 dicembre 2017 per il versamento delle somme oggetto di sospensione, così come previsto dalla normativa vigente.
In particolare, per la cosiddetta «busta pesante» si stima che, nell’ambito del complessivo importo di 104 milioni di euro, circa 5 milioni spettino agli enti locali. Per gli altri tributi locali (stimati in circa 12 milioni di euro) è stato osservato l’andamento dei versamenti effettuati nel 2016 a titolo di seconda rata IMU e TASI da sog- getti, residenti nell’area del cratere e non titolari di reddito d’impresa o lavoro auto- nomo. Nella stima del minor gettito atteso per l’anno 2017 si è tenuto conto, pur in assenza di dati definitivi, di quanto non sarà comunque versato dai contribuenti per effetto della esenzione per immobili inagibili, già oggetto di ristoro secondo quanto previsto dall’articolo 48, comma 16, del decreto-legge n. 189 del 2016.
L’ARTICOLO 45. – (Compensazione perdita gettito TARI) – prevede che al comma 16 dell’articolo 48 del decreto- legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, sono aggiunte in fine le seguenti parole: «Al fine di assicurare ai comuni di cui all’articolo 1 continuità nello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, il Commissario delegato alla ricostruzione è autorizzato a concedere, con propri provvedimenti, a valere sulle risorse della contabilità speciale di cui all’articolo 4, comma 3, un’apposita compensazione fino ad un massimo di 16 milioni di euro per l’anno 2016 e di 30 milioni di euro annui per il triennio 2017-2019, per sopperire ai maggiori costi affrontati o alle minori entrate registrate a titolo di TARI-tributo di cui all’articolo 1, comma 639, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, o di TARI-corrispettivo di cui allo stesso articolo 1, commi 667 e 668 ».