Ci si è chiesti in dottrina se l’abitazione rurale, accatastata in categoria A/3, di proprietà di una società semplice agricola destinata ad uso abitativo del socio avente la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, possa o meno essere considerata abitazione principale ai fini dell’applicazione dell’esenzione IMU ex articolo 9 del d. lgs 18 maggio 2001 n. 228.
Il comma 3 bis dell’articolo 9 del decreto legge 557/1993, richiamato dall’articolo 13 del decreto legge 201/2011, stabilisce che per fruire anche dell’esenzione Imu il carattere di ruralità va riconosciuto alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola; la norma fornisce un elenco, non esaustivo, delle destinazioni degli immobili idonee a definire la ruralità dell’immobile.
Per quanto riguarda le abitazioni rurali, la norma non prevede invece alcuna causa di esenzione e sotto questo profilo il dato normativo è differente dall’articolo 1 del decreto legge 102/2013 che aveva previsto l’esclusione dalla prima rata Imu 2013 per tutti i fabbricati rurali e non solo per quelli strumentali. Ne consegue che, relativamente alle abitazioni, nelle corti agricole si potranno avere queste situazioni:
l’abitazione principale del/dei titolari dell’impresa agricola per cui si usufruisce dell’esenzione prevista per la prima casa (purché non di lusso) è esente da Imu;
per le abitazioni adibite a prima casa dai figli o genitori del l’imprenditore agricolo proprietario, se il Comune ha assunto la relativa delibera di assimilazione, scatta l’esclusione da Imu;
per le abitazioni dei dipendenti agricoli con più di 100 giornate lavorative annue si può fruire dell’esenzione in quanto considerati fabbricati rurali strumentali come previsto dal comma 3 bis dell’articolo 9 del decreto legge 557/93;
abitazioni che non rientrano nelle precedenti casistiche per cui si dovrà assolvere l’Imu con le modalità ordinarie poiché non rientranti in alcuna agevolazione.
Ai sensi dell’art. 9 del D. Lgs. 228/2001,
“Ai soci delle società di persone esercenti attività agricole, in possesso della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, continuano ad essere riconosciuti e si applicano i diritti e le agevolazioni tributarie e creditizie stabiliti dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso delle predette qualifiche. I predetti soggetti mantengono la qualifica previdenziale e, ai fini del raggiungimento, da parte del socio, del fabbisogno lavorativo prescritto, si computa anche l’apporto delle unità attive iscritte nel rispettivo nucleo familiare“.