La CTR Emilia Romagna ha accolto l’appello di una contribuente relativo ad un AVVISO DI ACCERTAMENTO TARSU per gli anni 2002/2006 riguardante i locali adibiti a magazzino, la cui produzione di rifiuti consisteva solo in IMBALLAGGI TERZIARI recuperati e smaltiti dal contribuente stesso.
Il Comune di Bologna ha proposto ricorso per Cassazione sostenendo che la contribuente fosse tenuta a pagare la tassa in relazione alla produzione di rifiuti solidi urbani anche trattandosi di rifiuti da imballaggi, ed inoltre per non avere la contribuente presentato la denuncia di cessazione dell’occupazione ed essendo la tassa dovuta anche se l’immobile non era stato di fatto utilizzato.
Il Supremo Collegio ha svolto una analitica disamina del quadro normativo vigente, con particolare riguardo al Capo III del D.Lgs. n. 507/1993 ed al D.Lgs. n.22/1997 (c.d. decreto Ronchi). Quest’ultimo, emanato in attuazione delle Direttive n.91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e n. 94/62<7ce sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggi, nel TITOLO II ha distinto gli imballaggi in tre categorie: PRIMARI (quelli costituiti da una unità di vendita per l’utente finale o per il consumatore) SECONDARI O MULTIPLI (quelli costituiti dal raggruppamento di un certo numero di unità di vendita) e TERZIARI (quelli concepiti in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli (art. 35, comma 1). L’articolo 49 di detto decreto ha istituito la TIA (TARIFFA DI IGIENE AMBIENTALE) in sostituzione della TARSU, prevedendo agevolazioni per la tariffa della RACCOLTA DIFFERENZIATA, ad eccezione della raccolta differenziata per rifiuti di imballaggio, che resta a carico del produttori e degli utilizzatori, disponendo altresì che sulla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti che il produttore dimostri di avere avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua detta attività di recupero. Infine, il D.Lgs. n. 152/2006 ha soppresso tale tariffa, sostituendola con una nuova (LA TIA 2) e l’art. 264 del d.L. n.208 del 2008 ha abrogato l’intero D.Lgs. n.22/1997.
Nel caso di specie, secondo quanto rilevato dalla Corte, risulta incontroverso che la contribuente ha prodotto rifiuti da IMBALLAGGI TERZIARI e che ha provveduto in proprio al loro smaltimento, ma ciò non comporta che tali categorie siano, di per sé, esenti dalla TARSU, ma che ad esse si applica la disciplina stabilita per i rifiuti speciali, dettata dall’art. 62, comma 3, del D.Lgs. n. 507/1993, il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo l’esclusione della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali. La norma citata prevede che
“Ai fini della determinazione della predetta superficie non tassabile il comune può individuare nel regolamento, categorie di attività produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi, alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto alla intera superficie su cui l’attività viene svolta”.
ed il Comune, nel proprio Regolamento, ha calcolato la tariffa TARSU applicando coefficienti che tengono conto della potenziale produzione di rifiuti urbani ed assimilati delle varie attività raggruppate in classi omogenee senza che su di esse si ripercuota la gestione degli imballaggi terziari.
La CTR, ad avviso della Cassazione, è incorsa in violazione di legge nell’affermare che la contribuente andava esente dalla tassa a norma dell’art. 62, c. 3, del D.Lgs. n.507/1993 in quanto le aree non erano produttive di rifiuti per la loro natura e destinazione. In realtà, avrebbe potuto beneficiare di una riduzione parametrata all’intera superficie su cui l’attività veniva svolta e la CTR non ha operato i necessari accertamenti. Da ciò consegue la necessità del rinvio dell’impugnata sentenza, per un nuovo esame.
Per quanto riguarda il motivo opposto dal ricorrente circa la debenza della tassa indipendentemente dal fatto che l’utente utilizzi il servizio, purchè questo sia istituito e sussista la possibilità dell’utilizzo, la Suprema Corte ha ritenuto di uniformarsi al principio ripetutamente espresso dallo stesso Organo, secondo cui la norma di cui all’art. 64, c. 4, del D.Lgs. n. 507/1993, deve essere intesa nel senso che, pur in caso di omessa presentazione della denuncia di cessazione nell’anno in cui questa è avvenuta, la tassa non è comunque dovuta per gli anni successivi a quello in cui tale evento si è verificato, qualora l’utente produca denuncia tardiva di cessazione non oltre il termine di sei mesi dalla notifica del ruolo, oppure, anche a prescindere dalla produzione della denuncia tardiva, risulti che la tassa è stata assolta dal soggetto che è subentrato nella detenzione od occupazione dell’immobile.
Il ricorso è stato, quindi, accolto e rinviato ala CTR in diversa composizione per adeguarsi ai principi esposti.