Correva l’anno 1997 quando venne adottato il Decreto Legislativo 22, di recepimento delle Direttive comunitarie in materia di gestione dei rifiuti e degli imballaggi.
Sono trascorsi quasi venti anni dall’abrogazione formale della vecchia Tassa Smaltimento Rifiuti (TARSU, che risaliva alla prima metà del secolo scorso) e l’adozione di nuove forme di prelievo finalizzate alla copertura dei costi riguardanti il Servizio Pubblico di raccolta e trattamento dei rifiuti urbani.
In particolare in questi anni “convulsi” abbiamo assistito a improvvisazioni legislative emergenziali e a interpretazioni le più svariate sulla natura di questi prelievi.
Abbiamo avuto, per un certo periodo, dal 2006 al 2013, addirittura fino a tre sistemi di prelievo contemporaneamente: la TARSU (sopravvivente per ultrattività e per effetto di un periodo transitorio mai realmente cessato), la Tariffa Ronchi (o Tariffa di Igiene Ambientale, così detta TIA 1) avente natura tributaria (ce ne ha dato certezza solo la Cassazione nel 2009 in quanto mera variante della TARSU) e la Tariffa Integrata Ambientale (così detta TIA 2) che secondo molti non avrebbe natura tributaria (ma su questo conserviamo molti dubbi e attendiamo pronunce delle Magistrature superiori per una parola, si spera, definitiva).
In questi procellosi frangenti però si è sempre registrata una costante, costituita dall’iniziativa di taluni Comuni e Gestori che hanno iniziato a tentare l’applicazione di una forma di prelievo legata non più a presunzioni (quantitativi “presunti”, frazioni merceologiche “presunte”, superfici “presunte” e, quel che sconcerta, costi “presunti”) ma alle quantità di rifiuti effettivamente conferite al Servizio Pubblico.
Questa tendenza si è, da ultimo, formalizzata (dopo diversi interventi non troppo organici) nella disposizione contenuta nel comma 668 dell’Articolo 1 della Legge 147/2013 (Legge di Stabilità 2014).
Nelle poche righe della Norma il Legislatore prende atto che taluni Comuni hanno realizzato negli anni sistemi di misurazione dei rifiuti conferiti dalle singole utenze, confermando che gli stessi Enti, esercitando la propria potestà regolamentare, possono adottare una tariffa avente natura corrispettiva, al posto dell’attuale Tributo TARI.
Tale tariffa corrispettiva sarà applicata e riscossa dal soggetto che esercita il servizio di gestione dei rifiuti.
Inoltre al precedente comma 667 è previsto che il Ministero dell’Ambiente debba, entro sei mesi dall’adozione della Legge, predisporre un regolamento che uniformi a livello nazionale i criteri di “costruzione” delle tariffe applicate (sia quella “corrispettiva” sia quella del tributo) in maniera da approssimare anche con il tributo un modello che ripartisca il prelievo con maggiore aderenza ai rifiuti effettivamente prodotti.
Naturalmente, come è consueto, tale regolamento non è stato ancora emanato, e sono passati oltre due anni dalla adozione della Finanziaria 2014.
Nel frattempo, i Comuni, sia quelli che conserveranno il tributo, sia quelli che vorranno applicare la “tariffa corrispettiva”, potranno, secondo il Legislatore, ispirarsi ai criteri recati dal DPR 158/1999.
Ora, il problema però sta’ nel fatto che il DPR 158/1999 è quasi tutto strutturato sulla base di “presunzioni”.
Viene presunta la “quantità” di rifiuti che ogni tipologia di utenza conferirà al servizio pubblico (ma questo potrebbe superarsi con la “pesatura” del rifiuto complessivo), è presunta la “qualità” dei rifiuti per ogni tipologia di utenza, anzi la stessa “qualità” viene, tutto sommato, uniformata per tutte le utenze, in quanto l’unico parametro preso in esame nelle tabelle contenute nel medesimo DPR è esclusivamente il parametro della quantità.
Anche dal lato “costi” del servizio, il DPR 158/1999 è infarcito di presunzioni ed astrazioni, ma queste sono tutto sommato accettabili, quanto meno in prima fase, almeno se parliamo del prelievo “tributo”, perché intervengono nella fase precedente alla redistribuzione dei costi tra le utenze.
Talmente “presuntivo” è il criterio che tutti sono costretti ad adottare che ci è capitato di leggere regolamenti che adottavano la “tariffa corrispettiva puntuale” persino prendendo in esame “riduzioni di superfici” sulle quali operare sconti di tariffa per determinate categorie di utenza.
Ora, questo è il contrario esatto di una “tariffa puntuale” per cui solo due parametri dovrebbero contare, la quantità (o meglio, il volume) dei rifiuti conferiti e la lorocomposizione merceologica, senza quindi alcuna parametrizzazione di superfici né, tanto meno, “esenzioni” che non dovrebbero avere più alcuna ragione di sussistenza.
La quantità è un parametro intuitivo ma anche la composizione merceologica ha un’importanza determinante, in quanto per ciascuna tipologia di rifiuto esistono tecnologie differenti per il loro trattamento finale, con costi (alle volte ricavi) differenti.
Senza approfondire ulteriormente la “pars destruens” giova, dato lo spazio a disposizione, passare alla parte costruttiva di questo intervento.
Al fine di dare consistenza alla esperienza dei Comuni che hanno già adottato i sistemi di misurazione, nonché per consentirne l’esportazione alla realtà nazionale, occorreranno, a parere di chi scrive, interventi mirati sul lato normativo.
Occorrono poche modifiche significative alla Norma di Legge tese ai seguenti obiettivi:
chiarire la natura corrispettivo pubblico della tariffa (analogamente ai “precios publicos” spagnoli) in quanto il servizio viene fornito, sia anche attraverso un eventuale gestore di diritto privato, in un quadro regolamentato e non in regime di libero mercato; esiste già un chiaro esempio di questo genere nell’Ordinamento italiano ed è costituito dal Canone per le occupazioni di suolo pubblico, alternativo alla Tassa e con un marcato accento corrispettivo;
chiarire che le rilevazioni delle pesature, quale che sia il parametro di commisurazione prescelto, godono della fede privilegiata dell’atto amministrativo. L’alternativa, ove si volesse concludere per la natura privatistica di tali rilevazioni, sarebbe di rivolgersi al Giudice per il riconoscimento del debito dell’utente, in quanto è noto che le scritture unilateralmente formate possono costituire indizi, ma non prove. Con ciò si estenderebbe la possibilità di ricorrere alla procedura privilegiata dell’Ingiunzione Fiscale che è possibile percorrere solo se questa si basa su una attività amministrativa sia pure non fiscale;
dare efficacia ai controlli sugli smaltimenti abusivi di rifiuti per prevenire il ricorso a pratiche da “free-rider” (letteralmente “scroccone” – es.: abbandono stradale) cui taluno potrebbe ricorrere al fine di sottrarsi alla contribuzione corrispettiva; certezza delle sanzioni, anche accessorie;
sistematizzare, nell’ambito della fiscalità generale, il problema della raccolta dei rifiuti sulle strade, in quanto tali rifiuti non possono gravare sulle utenze che pagano i propri rifiuti un tanto al Kg. ed essere del tutto indifferenti per coloro che non producono rifiuti urbani o ne producano pochi.
Un lavoro di gran lunga più approfondito dovrà essere fatto dal punto di vista regolamentare, al fine di costruire un sistema che tenga conto di … fattori fondamentali dell’equazione:
costi, superando la divisione tra parte variabile e parte fissa della tariffa; se parliamo di “tariffa con misurazione puntuale” questo significa, inequivocabilmente, che tanti rifiuti conferisci, tanto dovrai pagare, a prescindere dall’estensione delle superfici su cui i rifiuti si producano; potrà, quindi, avvenire che una piccola famiglia bi-componente, che abita in una casa molto grande, pagherà meno di una nucleo familiare numeroso che abita in un piccolo appartamento (semmai il disagio sociale, in cui verserà presumibilmente quest’ultimo nucleo dovrà essere superato ricorrendo a fondi di bilancio diversi dalla tariffa);
composizione merceologica dei rifiuti, anche attraverso il ricorso ad uno studio campionario che, finalmente, prenda il posto dei coefficienti presuntivi, e accorpi le categorie di utenza non più sulla presunzione di quantità di rifiuti prodotti per unità di superficie, ma per tipologia dei rifiuti, in quanto è intuitivamente diverso raccogliere e trattare i rifiuti di una famiglia, di un negozio di abbigliamento e di un negozio di frutta e verdura;
definizione di una “misura” quantitativa univoca e non presuntiva, correlata anche alla composizione merceologica del rifiuto, tale misura potrebbe essere legata al peso del rifiuto, e questo imporrebbe sistemi di pesatura vera e propria, con individuazione dell’utente e del peso; oppure, alternativamente, misurare il volume del contenitore di raccolta, e questa sarebbe la soluzione anche più agevole da implementare con la struttura tipica di un servizio di raccolta domiciliare differenziata, salva la necessità di adottare soluzioni tecnologiche, già disponibili, ma che hanno un costo; tra l’altro con la misurazione del contenitore si otterrebbe, automaticamente, un adeguamento del parametro “composizione merceologica” in quanto, essendo la raccolta differenziata, le varie categorie di utenza utilizzeranno i contenitori differenziati in maniera, con tempi e quantità differenti; resterà il problema di chi esporrà il contenitore quando ancora non è completamente pieno, ma questo è un problema dell’utente, che preferisce pagare per non conservare per pochi giorni la sua “immondizia” in casa.
Se (verrebbe da dire solo se) tali aspetti verranno esaminati dal Legislatore e dal Ministero che dovrà emanare il Regolamento, la Tariffa corrispettiva puntuale potrà avere qualche possibilità di uscire dalla nicchia in cui è stata, finora, relegata.