Con la sentenza n. 7665/2016 pubblicata il 18 aprile 2016, le SS.UU. della Cassazione si sono pronunciate in sede di regolamento di giurisdizione cassando la decisione con cui il Consiglio di Stato, in relazione ad un giudizio avente ad oggetto la nuova classificazione catastale effettuata dall’Agenzia del Territorio (ora Agenzia delle Entrate) con la procedura dell’art. 1, comma 335 della L. n. 311/2004, aveva affermato la giurisdizione del giudice tributario in relazione agli atti amministrativi a portata generale inerenti la materia catastale (Cons. di Stato, Sez. IV, n. 1903 del 16.4.2014).
La sentenza, nell’affermare la giurisdizione del G.A. in relazione agli atti amministrativi a portata generale inerenti la materia catastale, ha altresì ribadito ancora una volta il principio secondo cui, nell’attribuzione di una nuova classe catastale, l’Agenzia competente deve specificare se il mutamento è dovuto ad una risistemazione dei parametri relativi alle microzone, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano, e, nel caso, indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, trattandosi di uno dei possibili presupposti del riclassamento in conformità alla pronuncia della Cassazione n. 9629/2012.
Sulla scorta di tali insegnamenti con la decisione n. 2387/41/16 pubblicata il 5.2.2016, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma adita, nell’accogliere il ricorso presentato dal contribuente, ha attentamente affrontato e ricostruito i presupposti storici sui quali si è basata la rettifica catastale operata dal Comune di Roma con l’avviso di accertamento catastale impugnato.
Sul presupposto pacifico che, nell’emettere l’avviso catastale opposto, l’amministrazione comunale di Roma ha inteso avvalersi del procedimento di revisione catastale di cui all’art. 1 comma 335 della L. n. 311 del 2004 nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui gli immobili sono situati “in ragione del significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto nell’insieme delle microzone comunali”, il Giudice tributario di primo grado, espressamente menzionando e facendo propria la recente giurisprudenza di legittimità espressasi sul punto (v. Corte di Cassazione n. 4717 del 9 marzo 2015), ha affermato che la procedura contemplata dal citato comma 335 non può sottrarsi all’applicazione della combinata valutazione dei parametri imposti dalla legge (ed in particolare dal DPR n. 138 del 1998) ai fini dell’attribuzione all’immobile della corretta classe di qualificazione, dovendosi al contrario considerare la sola indicazione nel corpo dell’avviso catastale – dello “… scostamento tra le medie dei valori riscontrati nella microzona di riferimento un mero presupposto integrante condizione per l’adozione della procedura di revisione” inidonea ad esplicitare gli elementi concreti sui quali il processo revisionale si sarebbe fondato.
Per quanto più specificamente concerne l’obbligatorietà della motivazione dell’atto di accertamento nell’attribuzione della nuova classe (e/ categoria) catastale, con la decisione n. 20847 pubblicata il 13.10.2015, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma adita, ha accolto il ricorso presentato dal contribuente ritenendo carente di motivazione l’avviso di accertamento catastale impugnato.
In particolare, con la decisione in esame, il Giudice tributario di primo grado, nel richiamare la recente giurisprudenza di legittimità espressasi sul punto, ha avuto modo di sottolineare che
“… il suddetto obbligo motivazionale non può ritenersi assolto mediante l’utilizzo di espressioni generiche e prive di riferimenti a specifiche caratteristiche strutturali della zona in cui sorge l’immobile e che, nel caso di specie, è mancata un’esauriente attività istruttoria da parte dell’Agenzia del Territorio, che non ha in nessun modo provato l’esistenza dei presupposti a giustificazione del classamento operato”.
Ed infatti, secondo un più consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (tra cui, cfr Cassazione 9629/2012, 19820/2012, 16643/2013, 23247/2014 e 3156/2015), la motivazione dell’atto di revisione del classamento catastale non può limitarsi a contenere l’indicazione della consistenza, della categoria e della classe attribuita dall’Agenzia del Territorio, ma deve specificare, a pena di nullità, sia le ragioni giuridiche sia i presupposti di fatto della modifica.
L’amministrazione finanziaria è tenuta, quindi, a precisare – dettagliatamente – se il mutamento è giustificato dal mancato aggiornamento catastale, dall’incongruenza del valore rispetto ai fabbricati similari (individuando detti edifici, il loro classamento e le caratteristiche che li rendono analoghi a quello in oggetto), dall’esecuzione di lavori particolari nell’immobile (da menzionare analiticamente) o, infine, da una risistemazione dei parametri della microzona di collocazione, da esplicitare in modo chiaro con l’indicazione del rapporto tra valore di mercato e valore catastale dell’area e delle altre comunali, così che emerga il significativo divario.
Al contrario, con la recente sentenza n. 21176/16, ha invece fornito una differente interpretazione sulla motivazione degli atti, in controtendenza all’orientamento sopra riportato in tema di motivazione.
Con tale decisione infatti la sezione tributaria della suprema Corte ha precisato che, per assolvere l’obbligo di motivazione dell’atto di classamento, è sufficiente indicare il presupposto della rettifica ovvero l’indicazione della norma di riferimento sul cui presupposto viene operata la revisione.
Con la medesima decisione la Cassazione si è spinta ad aggiungere che, proprio per l’assenza di variazioni edilizie, l’atto di classamento ex art. 1 c. 335 L. 311/04 non richiede il previo sopralluogo dell’ufficio né è condizionato ad alcun contraddittorio endoprocedimentale.
Ha infine suscitato particolare interesse la recente ordinanza n. 1471/16 con cui la Commissione Tributaria Regionale di Roma, sezione 11, depositata il 16.12.2016, ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3, 53 e 97 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 335, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 in materia di classamento catastale delle unità immobiliari.
Con tale ordinanza il Giudice tributario di secondo grado, esaminato il quadro generale della legislazione vigente e delle norme esistenti programmatorie di una generale revisione del catasto ha affermato che il classamento:
“era e resta un’operazione che interessa necessariamente una singola unità immobiliare e non sii comprende come possa adattarsi al sistema la previsione di una revisione parziale del classamento di intere microzone a causa di scostamenti tra valori di mercato e valori catastali”.
Il medesimo giudice d’appello ha altresì osservato che, a fronte di oggettivi scostamenti tra valori catastali e valori di mercato (presupposto, questo, invocato dall’Agenzia del territorio a giustificazione dell’intervenuto riclassamento operato ai sensi del comma 335 cit. all’interno delle c.d. microzone comunali) non può un eventuale aumento di valore mutare l’identità stessa dell’unità immobiliare venutasi a rivalutare nel tempo, per cui:
“… resta la strada maestra definita dalla legislazione vigente, in particolare dal DPR n. 1149 del 1949, il quale, con l’articolo 14, definisce il ruolo della tariffa per esprimere la rendita catastale per unità da computarsi secondo le norme contenute nel regolamento determinate con riferimento ai prezzi medi correnti e ciò per ciascuna classe cui appartengono le singole unità immobiliari”.
Mentre, per altro verso, la previsione di legge utile per superare tutte quelle sperequazioni createsi con gli interventi edilizi succedutisi nel tempo sui singoli immobili (tramite opere di risanamento e/o ristrutturazione) è quella appositamente prevista dal comma 336 della stessa legge n. 311 del 2004.
Ciò premesso, la Commissione Tributaria Regionale ha posto in dubbio la legittimità costituzionale del citato comma 335 in relazione all’art. 53 della Costituzione
“poiché un accatastamento di una serie di edifici collegato ai soli valori di mercato di zona e senza modificazioni nella realtà si porrebbe inevitabilmente in contrasto con la capacità contributiva dei singoli”, in relazione all’articolo 3 della Costituzione “perché il singolo contribuente si troverebbe irrazionalmente esposto a rivalutazione del proprio bene in relazione alla significativa rivalutazione di ben altrui sol perché situato in una microzona oggetto di attenzione da parte del Comune, con disparità di trattamento rispetto ad altre microzone pur significativamente da rivalutare ma non oggetto di richiesta da parte del Comune medesimo all’Agenzia del territorio” ed in relazione all’art. 97 della Costituzione “in quanto la rivalutazione “massiva” non assicura né il buon andamento né l’imparzialità dell’amministrazione colpendo indiscriminatamente tutte le unità immobiliari di una determinata zona senza alcuna verifica concreta del singolo bene (non essendo necessario il sopralluogo) (v. cit. Cass. 21176 del 2016).
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Questo in estrema sintesi è il quadro che emerge, al momento attuale, in materia di revisione di classamento catastale ex art. 1, comma 335, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 dall’esame della recente elaborazione giurisprudenziale a vari livelli, con elementi a volte contraddittori caratterizzati da elevata criticità di insieme.