La politica di coesione trae fondamento e legittimazione dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (art. 174) e dalla Costituzione italiana (art. 119, quinto comma): in ambedue i testi sono richiesti “interventi speciali”, rispettivamente, per promuovere uno “sviluppo armonico” dell’Unione e “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” all’esercizio compiuto dei diritti di cittadinanza delle persone, senza distinzioni di razza sesso o religione.
È una politica in cui l’Italia crede molto e su cui molto si è impegnata ormai da più di un ventennio con risultati apprezzabili[1], anche se non sempre all’altezza delle attese[2].
In un contesto nazionale in cui ancora forti sono i divari sociali economici e territoriali, la politica di coesione mette dunque a disposizione strumenti risorse e regole per fronteggiare i problemi della crescita sostenibile e per contribuire alla creazione di nuova occupazione.
Il pacchetto legislativo della politica di coesione 2014-2020 ha promosso rilevanti cambiamenti nella definizione del processo di programmazione e attuazione degli investimenti. In primo luogo, ha previsto un coordinamento rafforzato nella programmazione dei Fondi Strutturali e di Investimento Europei (SIE) collegati al Quadro Strategico Comune 2014-2020 in un unico documento strategico: l’Accordo di Partenariato[3]. Inoltre, ha previsto una stretta coerenza rispetto ai traguardi della Strategia Europa 2020 per la crescita intelligente, inclusiva e sostenibile dell’UE[4].
Sul versante finanziario, la dotazione complessiva di risorse da bilancio UE dell’Accordo di Partenariato ammonta a poco più di 42 miliardi di euro, di cui 31,1 di dotazione FESR e FSE, a cui si aggiungono oltre 10 miliardi di Fondo Europeo per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale (FEASR) e poco più di 500 milioni di euro relativi al Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP). A queste somme si devono computare le risorse del co-finanziamento nazionale obbligatorio, di cui alla Delibera CIPE n°10 del 28 gennaio 2015[5], e quelle del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) stanziate dalle leggi di stabilità[6], per un totale complessivo per il settennio che supera i 130 miliardi di euro[7]
La dimensione territoriale della politica di coesione, riconosciuta esplicitamente dall’art.174 del Trattato di Lisbona, presuppone che i Comuni siano coinvolti nella programmazione ed attuazione degli interventi cofinanziati da fondi strutturali e costituisce la naturale prosecuzione di un percorso che negli ultimi due cicli di programmazione comunitaria ha visto la sperimentazione di numerosi strumenti attuativi “basati sui luoghi” (place-based). [9]
Suddetti strumenti presentano le seguenti caratteristiche[10]:
a) sono guidati da obiettivi di sviluppo locale, ben definiti, misurabili e collocati in un’adeguata traiettoria strategica;
b) si fondano sul coinvolgimento ed il protagonismo delle istituzioni locali e del partenariato territoriale;
c) si reggono sui principi dell’integrazione su scala territoriale/per settori e della concentrazione delle risorse finanziarie a disposizione.
L’Agenda Urbana (AU), attraverso la declinazione di un programma operativo nazionale “città metropolitane” (PON Metro)[11] con il concorso degli Assi urbani dei programmi regionali[12] nonché la Strategia nazionale Aree Interne (SNAI)[13], sono le due principali linee di intervento in cui l’Italia ha declinato la dimensione territoriale della politica di coesione per il ciclo 2014-2020.
Attraverso la prima, si realizzano azioni di sviluppo urbano sostenibile[14], mentre con la seconda si punta a invertire la tendenza allo spopolamento in gran parte del territorio nazionale non urbanizzato, definito come “area interna”[15].
Le suddette linee di intervento prefigurano un ruolo centrale dei Comuni nelle strategie di intervento.
Sul primo versante, con la valorizzazione delle “città metropolitane”[16] e delle città medie; sull’altro, mettendo al centro le associazioni di piccoli comuni organizzati in “sistemi territoriali permanenti”.
Le amministrazioni locali sono coinvolte con diversi compiti e gradi di responsabilità, sia nella fase di programmazione sia in quella di attuazione. I Comuni sono di fatto designati come beneficiari diretti delle operazioni ovvero indicati come soggetti destinatari di specifiche sub-deleghe gestionali, nella veste di organismi intermedi.
La “dimensione territoriale” è così declinata in modo differenziato, in funzione delle caratteristiche delle “aree bersaglio”, specializzando le modalità di intervento in relazione alle caratteristiche e ai fabbisogni peculiari dei diversi territori e della capacità amministrativa delle unità istituzionali in cui esso è articolato.
[1] Le valutazioni espresse in questo articolo non impegnano in alcun modo l’istituzione di appartenenza dell’autore, il quale esprime qui solo opinioni a titolo personale.
[2] http://www.eyesreg.it/2017/limpatto-delle-politiche-di-coesione-sullo-sviluppo-delle-regioni-italiane/
[3] http://www.svimez.info/images/RAPPORTO/materiali2016/2016_11_10_linee_testo.pdf
[4] http://www.agenziacoesione.gov.it/it/politiche_e_attivita/programmazione_2014-2020/
[5] Il risultato complessivo è stato conseguito grazie al “Regolamento recante disposizioni comuni sui Fondi strutturali e di investimento europei” (Reg. UE n. 1303/2013), che ha introdotto norme che si applicano a tutti gli altri fondi che interessano l’Italia: il FESR, per lo sviluppo regionale (Reg. UE n. 1301/2013), il fondo sociale, FSE (Reg. UE n. 1304/2013); il FEASR (Reg. UE n. 1305/2013) ed il FEAMP (Reg. UE n. 508/2014).
[6] http://www.regioni.it/news/2015/05/18/delibera-cipe-1028-01-2015-definizione-dei-criteri-di-cofinanziamento-pubblico-nazionale-dei-programmi-europei-per-il-periodo-di-programmazione-2014-2020-e-relativo-monitoraggio-404261/
[7] http://www.agenziacoesione.gov.it/it/politiche_e_attivita/Fondo_per_lo_Sviluppo_e_la_Coesione/
[8] http://www.opencoesione.gov.it/risorse_2014_2020/
[9] Sulla falsariga, anche se fortemente innovando su metodo e contenuti dell’intervento, di quanto già facevano Patti Territoriali, Progetti Integrati Territoriali del QCS 2000-2006, Gruppi di Azione Locale del programma LEADER, progetti urbani e territoriali dei POR 2007-2013
[10] Attraverso due modalità di intervento integrate previste dal regolamento comune ai fondi strutturali europei Reg. (CE) n°1303\2015: a) gli Investimenti Integrati Territoriali (ITI) e b) il Community-led local development (CLLD).
[11] http://www.ponmetro.it/
[12] Per una panoramica completa consulta l’ampio dossier predisposto dalla Fondazione IFEL
[13] http://www.agenziacoesione.gov.it/it/arint/
[14] In attuazione dell’art.7 del Reg. (CE) n°1301\2013
[15] Vedi nota 12
[16] Legge 7 aprile 2014, 56 in http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/4/7/14G00069/sg