Sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 bis, c. 2, del d.lgs. n.546/1992 sul CONTENZIOSO TRIBUTARIO, che disciplina il reclamo e la mediazione, la Corte Costituzionale, con la ORDINANZA n. 38/2017, ne ha dichiarato la inammissibilità perché sollevata con riferimento alla formulazione originaria dell’articolo, già dichiarato illegittimo con la sentenza n. 98/2014.
Il rinvio all’esame della Corte è stato disposto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano che, dopo aver premesso il contenuto della disposizione censurata, afferma la natura amministrativa del reclamo che viene indicato, e nel limite di ventimila euro, quale condizione di ammissibilità dell’azione, con la trasformazione in atto introduttivo del giudizio nel caso di mancata conclusione del procedimento entro novanta giorni-
La disposizione impugnata violerebbe, tra gli altri, l’art. 3 della Costituzione sotto il profilo della disparità di trattamento dal momento che essa si riferisce, senza giustificato motivo, solo ai tributi di competenza dell’Agenzia delle Entrate e nel limite dei ventimila euro.
La Consulta ha richiamato quanto deciso con la propria sentenza n. 98/2014 che ha dichiarato la illegittimità dell’art. 17 bis, c. 2, del d.lgs. n.546/1992 nel testo originario, anteriormente alla sostituzione dello stesso per effetto dell’art. 1, comma 611, della Legge Finanziaria 2014 (L. n.147/2013).
Di conseguenza, la questione sollevata con riferimento alla disposizione, nella formulazione applicabile, ratione temporis, al giudizio a quo, instaurato successivamente al primo aprile 2012, va dichiarata manifestamente inammissibile, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale.
Così come, a giudizio della Corte, irrilevante deve ritenersi la questione relativa alla preclusione della tutela cautelare giurisdizionale, dal momento che il ricorrente nel giudizio a quo non ha presentato il reclamo previsto dal censurato art. 17 bis, ma ha proposto direttamente ricorso alla CTP, per cui è mancata del tutto la fase amministrativa che solo la presentazione del reclamo avrebbe potuto introdurre e, pertanto, il giudice a quo non deve fare applicazione della norma censurata, che, in assunto, precluderebbe l’accesso alla tutela cautelare giurisdizionale in una fase, quella amministrativa introdotta dal reclamo, che nella specie non si è svolta.