È da poco scaduto il termine, meramente ordinatorio, previsto dall’ultima disciplina normativa del prelievo sui rifiuti (legge 147/2013) per l’emanazione di una regolamentazione governativa specifica per la tariffa rifiuti puntuale, ossia del corrispettivo di questo importante servizio pubblico locale avente natura patrimoniale (Ta.Ri.C o Ta.Ri.P) ed alternativo rispetto al tradizionale tributo (Ta.Ri). Più precisamente, al Ministero dell’Ambiente, di concerto col Ministro delle Finanze e sentita Conferenza Stato-città ed autonomie locali, è demandato il compito di stabilire
“i criteri per la realizzazione da parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati” (art. 1, co. 667, legge 147/2013).
E proprio in questi giorni è cominciata a circolare la bozza più aggiornata di questo decreto ministeriale che, rispetto a quella dell’estate 2016 di cui comunque è stata mantenuta inalterata la struttura e gran parte dei contenuti operativi, registra poche ma rilevanti novità.
La prima: l’eliminazione, richiesta da Anci/Ifel, di qualsiasi riferimento agli «enti di governo» del servizio rifiuti. L’originaria versione del decreto, invero, correttamente definiva ed utilizzava tale locuzione per riferire le competenze in materia di tariffa rifiuti ai soggetti pubblici cui la normativa di settore (art. 3-bis, co. 1-bis, decreto legge 138/2011) riserva in via esclusiva le funzioni di regolazione e governo di questo servizio. Per contro, Anci/Ifel ha mostrato in più occasioni di sostenere, in piena analogia a quanto avviene per le tariffe della tassa sui rifiuti (Ta.Ri.), la competenza del singolo comune anche in ordine all’approvazione delle tariffe corrispettive. Tale posizione, tuttavia, si scontra sia col dato testuale del già citato art. 3-bis sia (e ancor di più) col principio ispiratore e distintivo del prelievo corrispettivo («chi inquina paga»), per cui chi più produce rifiuti più deve contribuire a ripagarne la gestione. Corollario naturale di questo principio è infatti quello per cui, a parità di rifiuti e/o di servizio, le tariffe devono essere uguali, mentre devono diversificarsi se i rifiuti prodotti e/o il servizio sono in concreto diversi. In altre parole, a differenza del tributo la tariffa corrispettiva non può seguire, pena rinnegare se stessa, altra logica che quella della commisurazione ai rifiuti prodotti ed al servizio reso: per tale ragione, se il servizio è, come deve essere, organizzato a livello di bacino o ambito ottimale (ossia su una dimensione sovracomunale) non può più essere il singolo comune che approva, diversificandole, le tariffe. Nella logica corrispettiva le tariffe seguono necessariamente il servizio: ne consegue che chi decide il servizio deve necessariamente decidere anche le tariffe.
Nell’accogliere la richiesta di Anci/Ifel, pertanto, il Governo ha cura di precisare che lo stralcio della locuzione «ente di governo» non modifica l’originaria impostazione del decreto
“in considerazione del fatto che il comune, titolare del servizio di gestione dei rifiuti, dovrà in ogni caso delegarne l’esercizio all’ente di governo (..) e che quindi l’espressa previsione del decreto in oggetto non appare determinante ai fini del successivo assetto delle competenze” (nota protocollo 0028160 GAB del 28/12/2016).
Il che significa che, sia pure nel decreto troviamo ora scritto «comune», laddove ci sono ed operano gli enti di governo, dobbiamo intendere «ente di governo».
La seconda novità è contenuta nella rubrica dell’articolo 9: i criteri correttivi perdono la loro autonomia, diventando integrativi della misurazione puntuale. Risolvendo un ormai risalente dubbio interpretativo che trovava ragione nel dato testuale del citato co. 667 (dove i sistemi di misurazione puntuale ed i sistemi caratterizzati da correttivi sono uniti da una “o”), il Governo sceglie di aderire ad un’impostazione unitaria della tariffa rifiuti di natura patrimoniale: l’elemento caratterizzante di questo prelievo è la commisurazione trasversale al servizio reso, lo strumento imprescindibile e minimo per renderlo possibile è la misurazione diretta (peso) o indiretta (volume) del rifiuto urbano residuo (art. 4, co. 1). A questo possono aggiungersi:
– la misurazione matematica (art. 4, co. 2) o con sistemi semplificati (art. 4, co. 3) della quantità di frazioni o flussi (es. verde, ingombranti) diversi dal rifiuto urbano residuo, purché raccolti in modo differenziato, ed i conferimenti ai centri comunali di raccolta;
– l’introduzione di criteri di ripartizione dei costi commisurati alla qualità del servizio reso alla singola utenza, nonché al numero dei servizi messi a disposizione della medesima, anche quando questa non li utilizzi (art. 9, co. 1), specificandosi poi che le frazioni avviate a riciclaggio devono (non più “possono” come nella versione precedente) dare luogo a correttivi ai criteri di ripartizione dei costi (art. 9, co. 2). Vale la pena osservare che il riferimento alla qualità del servizio reso alla singola utenza, ancorché in concreto non usufruito, sembra legittimare (per la prima volta a livello normativo) la ratio sottesa ai cc.dd. svuotamenti minimi: la messa a disposizione di un servizio, la garanzia della sua fruibilità al bisogno di ciascuno (che può essere diverso da quello del vicino di casa o semplicemente variare, per una stessa utenza, nel corso del tempo) costituiscono un valore del servizio reso, un indice concreto e reale della sua qualità ed è quindi corretto ripagarla.
La terza novità attiene al tempo concesso ai comuni (ed agli enti di governo ove costituiti ed operativi) che già hanno istituito e regolamentato la tariffa corrispettiva per adeguare le proprie disposizioni regolamentari alla nuova disciplina governativa: non più 12, ma 24 mesi.
L’essenzialità, come da qualcuno rilevato, dei criteri ministeriali non inficia né diminuisce in alcun modo la correttezza dell’impostazione data da questo decreto al prelievo sui rifiuti di natura corrispettiva: la misurazione reale del secco residuo, cui possono aggiungersi ulteriori parametri re-distributivi dei costi basati su elementi concreti della qualità e/o quantità del servizio (i correttivi, appunto), consentono di correggere l’assoluta astrattezza delle tradizionali (legittime) presunzioni del dpr 158/99, re-distribuendo i costi in ragione del servizio in concreto reso a ciascuna utenza. Ciò significa, ad esempio, che due utenze domestiche di analoga superficie e con lo stesso numero di componenti, ubicate nella stessa zona comunale (dunque con identico servizio), vedranno comunque diversificata la propria tariffa a seconda dei rifiuti da ciascuna prodotti e/o dei servizi da ciascuna attivati.