Per determinare la base imponibile dei fabbricati ai fini dell’IMU si deve considerare la rendita catastale al 1° gennaio di ciascun anno, a condizione che l’immobile non abbia subito variazioni nel corso dell’anno; dal 1° gennaio 2000, in base al comma 1, art. 74 della legge 21/11/2000, n. 342,
“gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell’ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari della partita”.
Sul punto la Circolare del 13 marzo 2001, n.4/FL del Ministero delle Finanze – Direzione Centrale per la Fiscalità locale avente ad oggetto chiarimenti in ordine alle disposizioni relative all’imposta comunale sugli immobili (ICI) introdotte dalla legge 21 novembre 2000, n. 342 afferma:
“La disposizione in esame stabilisce, in sostanza, l’inefficacia giuridica degli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali sino a quando queste ultime non siano ritualmente notificate. Dalla data di notificazione decorre il termine di 60 giorni per la proposizione del ricorso avverso l’attribuzione della rendita catastale, ai sensi dell’art. 2, comma 3, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Al riguardo va osservato che la procedura della notificazione imposta dall’art. 74 non è senza rilievo ai fini processuali, in quanto può legittimamente proporre ricorso avanti alle commissioni tributarie solamente il possessore degli immobili e non l’intestatario della partita catastale che può essere un soggetto diverso dal primo.
I problemi derivanti dalla non coincidenza tra questi due soggetti possono essere risolti dall’art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante “Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente”, che prevede l’obbligo da parte dell’amministrazione di assicurare al contribuente l’effettiva conoscenza degli atti a lui destinati. Pertanto, al fine di garantire al contribuente il diritto alla difesa, occorre che la notificazione venga effettuata anche a colui che ha il possesso del bene, in quanto risulta essere il soggetto direttamente interessato ad impugnare gli atti in questione. Secondo quanto stabilito dall’art. 74 in esame, poiché gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali acquistano rilevanza giuridica solo dal momento in cui queste ultime siano ritualmente notificate, ne consegue che il comune, a decorrere dal 1 gennaio 2000, fino alla data dell’avvenuta notificazione della rendita, non può legittimamente richiedere al soggetto passivo dell’ICI:
– l’imposta relativa alle annualità precedenti alla notificazione, risultante dalla differenza tra quanto versato dal contribuente e quanto dovuto in base alla rendita attribuita; ciò perché questa, avendo valore solo dalla data della notificazione, risulta essere un dato giuridicamente inesistente fino a quando non legalmente resa nota all’interessato;
– le sanzioni, poiché nessuna violazione può essere imputata al contribuente che abbia versato il tributo in base a quanto dichiarato;
– gli interessi, in quanto non vi é alcun recupero di imposta sulla quale poterli calcolare”.
Ai sensi dell’art. 13 c. 2. DL 6 dicembre 2011, n. 201 convertito in L. 22 dicembre 2011, n. 214, l’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili; pertanto i soggetti tenuti al pagamento dell’imposta sono (articolo 9 comma 1 del D.Lgs. n. 23/2011)
“il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi… omissis…”.
Il nudo proprietario diventerà soggetto passivo dell’imposta solo nel momento in cui, in capo allo stesso, si consoliderà l’usufrutto, divenendo, di fatto, proprietario a pieno titolo dell’immobile; l’usufruttuario, pertanto, possiede, ai fini IMU l’immobile oggetto di usufrutto.
In relazione all’ICI, similmente, il chiaro disposto dell’art. 3, comma 1 del d. l. n. 504 del 1992 individua il soggetto passivo in colui il quale abbia il “possesso di fabbricati” esclusivamente quale “proprietario” ovvero “titolare del diritto di usufrutto, uso o abitazione”.
Le variazioni catastali in tal senso vanno comunicate con la procedura della notificazione imposta dall’art. 74 L. 21/11/2000, n. 342, con le conseguenze indicate dalla circolare sopra riportata.
Relativamente alla possibilità di agire in autotutela, il DL 564/94 convertito nella L 656/94 all’art. 2 quater rinvia la specifica disciplina circa l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio o di revoca, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, degli atti illegittimi o infondati a successivi decreti, rammentando che siano, per ciò che qui rileva, i comuni ad indicare, secondo i rispettivi ordinamenti, gli organi competenti per l’esercizio dei poteri di autotutela relativamente agli atti concernenti i tributi di loro competenza.
Il successivo decreto ministeriale – 11/02/1997, n. 37 ha disciplinato all’art. 2 le ipotesi di annullamento d’ufficio o di rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento stabilendo che l‘Amministrazione finanziaria può procedere, in tutto o in parte, all’annullamento o alla rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, nei casi in cui sussista illegittimità dell’atto o dell’imposizione, quali tra l’altro:
a) errore di persona;
b) evidente errore logico o di calcolo;
c) errore sul presupposto dell’imposta;
d) doppia imposizione;
e) mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti;
f) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza;
g) sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;
h) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione.
Non si procede all’annullamento d’ufficio, o alla rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria.
Ancora, sempre in termini generali, si rammenta che l’art. 4 del DM citato prevede che, nell’ipotesi in cui l’importo dell’imposta, sanzioni ed accessori oggetto di annullamento o di rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento o agevolazione superi euro 516.456,90, l’annullamento sia sottoposto al preventivo parere della direzione regionale o compartimentale da cui l’ufficio dipende.