L’art. 1, comma 10, della legge n. 208 del 2015 ha inserito, nel comma 3 dell’art. 13 del D. L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, la lett. 0a) che prevede un ulteriore caso di riduzione della base imponibile dell’IMU del 50 per cento per le unità immobiliari, fatta eccezione per quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, concesse in comodato dal soggetto passivo (comodante) ai parenti in linea retta entro il primo grado, vale a dire genitori e figli (comodatari), che le utilizzano come abitazione principale, laddove, per ciò che qui rileva, il comodante possieda un solo immobile in Italia o anche nel caso in cui il comodante, oltre all’immobile concesso in comodato, possieda nello stesso comune un altro immobile adibito a propria abitazione principale, ad eccezione sempre delle unità abitative classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.
Alla luce del dato normativo, ci si chiede se il possesso di altre unità immobiliari (o di quota di esse) comporti per il contribuente l’impossibilità del ricorso al beneficio fiscale in discussione.
Fin dall’entrata in vigore della disposizione di cui all’art. 1, comma 10, della legge n. 208 del 2015 sono sorti dubbi interpretativi in merito alla portata della norma di favore laddove si richiede che il comodante possieda “un solo immobile” in Italia e cioè se con tale locuzione il Legislatore abbia inteso riferirsi all’immobile in senso lato con la conseguenza che il possesso, ad esempio, di un terreno agricolo o di un negozio, impedisce il riconoscimento dell’agevolazione oppure al solo immobile a uso abitativo.
A chiarimento è intervenuta la Risoluzione n. 1/DF del 17 febbraio 2016 con cui il Ministero ha precisato che la disposizione di cui alla citata lett. 0a) si colloca nell’ambito del regime delle agevolazioni riconosciute per gli immobili ad uso abitativo e, dunque, laddove la norma richiama in maniera generica il concetto di immobile, la stessa deve intendersi riferita all’immobile ad uso abitativo. Pertanto, il possesso di un altro immobile che non sia destinato a uso abitativo non impedisce il riconoscimento dell’agevolazione in trattazione. Quindi il possesso di altra tipologia di immobile come un terreno agricolo, un’area edificabile o un capannone non esclude la possibilità di usufruire della riduzione del 50%, purché gli immobili ad uso abitativo siano massimo 2, entrambi situati nel comune di residenza del proprietario ed uno dei risulti essere abitazione principale del proprietario. La conclusione cui perviene il Ministero sembra fondarsi, per quanto è dato comprendere, su una interpretazione di natura logico-sistematica, definendo il termine ‘immobile’ in forza della sua collocazione in una norma disciplinante, appunto, il regime delle agevolazioni per gli immobili ad uso abitativo.
Nella RISOLUZIONE N. 1/DF del MEF del 17 febbraio 2016 prima citata, il Ministero disciplina distintamente il caso “…in cui un soggetto possiede oltre alla sola unità immobiliare ad uso abitativo che deve essere concessa in comodato, un immobile ad uso abitativo che però è definito come rurali ad uso strumentale, ai sensi dell’art. 9, comma 3-bis, del D. L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133. Infatti, la lett. f) di tale norma definisce come strumentale anche l’immobile destinato “ad abitazione dei dipendenti esercenti attività agricole nell’azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento, assunti in conformità alla normativa vigente in materia di collocamento”. A tale proposito si ritiene che il possesso di detto immobile sebbene abitativo non preclude l’accesso all’agevolazione, poiché è stato lo stesso Legislatore che, al verificarsi delle suddette condizioni, lo ha considerato strumentale all’esercizio dell’agricoltura e non abitativo”.
Nel caso di immobili rientranti nella categoria A4, in considerazione del fatto che ad oggi l’ordinamento sembra prescrivere la necessità che la ruralità sia riscontrata anche catastalmente (si richiama la sentenza della Corte di Cassazione n.18565 del 21 agosto 2009, che ancora fortemente gli effetti fiscali della ruralità alla posizione catastale del cespite immobiliare, che la Corte ritiene pregiudiziale e vincolante per le parti del rapporto tributario e per il giudice investito della causa fiscale), circostanza che può avvenire attraverso l’attribuzione della categoria A 6 per le abitazioni di tipo rurale e D/10 per i fabbricati per funzioni produttive connesse all’attività agricola, qualora gli immobili non possano essere qualificati come rurali (e strumentali), il possesso della quota di detti immobili parrebbe precludere l’applicazione del beneficio fiscale in discussione.
Nell’eventualità poi di limitatezza della quota di proprietà degli immobili stessi, si veda la risposta alle FAQ dell’IFEL del 24/02/16 che sembrerebbe escludere l’applicazione del beneficio in una circostanza quale quella in esame, confortando l’interpretazione qui proposta:
“17) – La piena proprietà di una quota del 4,105% di un villaggio turistico composto da D1 e D8, ma nel quale c’è anche un A3 (alloggio del custode) permette di usufruire del comodato in favore del figlio? La normativa nello stabilire il limite del possesso di due abitazioni nello stesso Comune non pone limiti alla percentuale di possesso. Pertanto nel caso prospettato l’agevolazione non spetterà”.