Il servizio idrico integrato è regolamentato sia dall’art. 9, comma 2, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (la cosiddetta “legge Galli”) che dell’art. 150 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (il supposto “Codice dell’ambiente”) che hanno chiarito che gli aspetti organizzativi e gestionali ad esso relativi debbano trovare regolamentazione nella normativa di carattere generale contenuta nell’art. 113 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico Enti Locali), recentemente integrata nell’applicazione dall’art. 23-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella Legge 6 agosto 2008, n. 133.
Inoltre, la norma di cui all’art. 23-bis è riferibile al servizio idrico integrato in quanto pertinente a tutti i servizi pubblici locali, prevalendo sulle relative disposizioni di settore con essa incompatibili (comma 1 dell’art. 23-bis), con conseguente abrogazione, nelle parti contrastanti, dello stesso art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000 (in terminis, il comma 11 dell’art. 23-bis citato).
La nozione di «servizio idrico integrato», inteso quale «insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue», dapprima prevista dall’art. 4, comma 1, lett. f), della “legge Galli” e, poi, ripresa dall’art. 141, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006 ha rappresentato il presupposto normativo su cui è stato imperniato il concetto di “unitarietà” tanto in relazione al modello organizzativo di gestione del servizio idrico quanto, conseguenzialmente, alla “essenza” della quota tariffaria ad esso afferente.
La natura di corrispettivo della tariffa del servizio idrico è stata riconosciuta dalla Corte Costituzionale che, con sentenza n.335 del 10 ottobre 2008, ha ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario sul presupposto che, nel passaggio dalla disciplina previgente a quella della Legge Galli, i canoni di depurazione delle acque reflue si sono trasformati da tributo in “corrispettivo privato”.
Con la sentenza citata, la Corte Costituzionale ha sancito l’illegittimità dell’art. 14, comma 1, legge 5 gennaio 1994, n.36 (recante disposizioni in materia di norme idriche, Legge Galli) e dell’art. 155, comma 1, primo periodo, del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (recante norme in materia ambientale) nella parte in cui prevedevano l’obbligo, per il contribuente, di versare la relativa quota della tariffa, anche quando gli impianti di depurazione fossero mancanti o temporaneamente inattivi.
La tariffa del servizio idrico integrato è corrisposta a fronte dell’attività diretta alla generale gestione delle acque (da parte del gestore e per conto dei Comuni) e cumula in sé tre distinti elementi: servizio acque potabili, servizio fognatura e servizio trattamento reflui. Rientrando quindi tra le entrate patrimoniali, essendo da considerarsi un corrispettivo privatistico di natura corrispettiva periodica, lo stesso sarà soggetto alle previsioni di cui all’art. 2948 comma 4 c.c. secondo cui si prescrivono in cinque anni “gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”.
La Legge n. 13/2009 art. 8-sexies (recante disposizioni in materia di servizio idrico integrato) attuativa della sentenza della Corte costituzionale di cui sopra ha previsto espressamente che i gestori del servizio idrico integrato provvedano, anche in forma rateizzata ed entro il termine massimo di cinque anni, alla restituzione della quota di tariffa non dovuta riferita all’esercizio del servizio di depurazione.
Infine, a supporto della tesi secondo cui il termine per il diritto al rimborso di quanto pagato per il servizio idrico è di cinque anni, viene in rilievo la considerazione della questione dal punto di vista del diritto privato (trattasi infatti di contratto di somministrazione dei servizi idrici ai sensi dell’art. 1559 c.c secondo cui “La somministrazione è il contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose”) che conferma l’applicabilità alla fattispecie in esame dell’art. 2948 comma 4 c.c. .