Il giudice di pace di Palermo aveva accolto la opposizione alla ingiunzione per il mancato pagamento della sosta in relazione alla accertata scadenza della concessione per la gestione del servizio. Il Tribunale, sull’appello del Comune, aveva riformato la sentenza nella considerazione che una legge regionale aveva prorogato tutte le concessioni di servizi scadute, disattendendo anche gli altri motivi. Di conseguenza veniva proposto dall’automobilista ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte, con la sentenza n.9125/2017, con riferimento alla pretesa scadenza della concessione, ha affermato in primo luogo che non spetta al giudice di sindacare eventuali vizi di legittimità degli atti amministrativi in quanto la delibera di concessione per la gestione del servizio della sosta a pagamento non costituisce presupposto della violazione contestata al trasgressore, presupposto che va invece individuato nell’atto che istituisce la zona adibita al parcheggio, che fa sorgere la violazione del conseguente divieto.
Sempre secondo la Corte, la delibera di concessione della gestione del servizio non si pone in rapporto diretto con la violazione in quanto i due atti – concessione del servizio e istituzione dell’area con obbligo del ticket – sono inseriti in iter amministrativi differenti e rispondono a diverse finalità: con la prima viene selezionato il gestore del servizio, con la seconda si impone l’obbligo del pagamento della sosta in una determinata zona, obbligo la cui violazione comporta l’irrogazione della sanzione. L’illegittimità eventuale della delibera di concessione non può riverberarsi sulla seconda, né inficiare l’accertamento.
Viene , quindi, ribadito il contenuto della recente sentenza di Cassazione n. 13659/2016 che, nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa per violazione del Codice della Strada per mancato pagamento della sosta e mancata esposizione del tagliando, ha sostenuto che il controllo del giudice non può estendersi sino agli eventuali vizi di legittimità della delibera della giunta comunale sulla concessione del servizio ad una impresa privata, in quanto questa non fa parte della sequenza procedimentale che sfocia nell’ordinanza ingiunzione che ha formato oggetto dell’opposizione.
Sulla doglianza relativa alla mancata segnaletica dell’ordinanza di istituzione della sosta a pagamento, la Corte ha ritenuto di uniformarsi alla giurisprudenza della stessa, al principio secondo cui l’omessa indicazione della relativa ordinanza non determina l’illegittimità del segnale, né esime l’utente dall’obbligo di rispettarne la prescrizione e, di conseguenza, non comporta l’illegittimità del verbale di contestazione dell’infrazione.