La Cassazione ha esaminato la questione della tassabilità ai fini della relativa imposta comunale disciplinata dal d.lgs n.507/1993 dei cartelli pubblicitari esposti all’interno di una struttura commerciale, per i quali il Comune aveva emesso AVVISI DI ACCERTAMENTO per le annualità 2006/2010.
La CTR della Puglia aveva ritenuto non sussistere il requisito impositivo di cui all’art. 5 del d.lgs n.507/1993 in quanto il Centro Commerciale non poteva considerarsi LUOGO APERTO AL PUBBLICO dal momento che esisteva un cancello di accesso presidiato per il controllo di chi entrava e l’ingresso era consentito solo ai soggetti abilitati alle operazioni che si potevano effettuare all’interno.
Sul ricorso proposto dalla società concessionaria per conto del Comune delle attività di ACCERTAMENTO E RISCOSSIONE del tributo, la Cassazione, con l’Ordinanza n. 6714/2017 della Sez. V Civile, ha ritenuto in primo luogo di uniformarsi al principio più volte affermato dallo stesso Organo secondo cui LUOGO APERTO AL PUBBLICO deve essere considerato quello comunque accessibile a chiunque si adegui al regolamento che disciplina l’ingresso, richiamando ad esempio le pronunce riguardanti la pubblicità effettuata negli spazi interni alle stazioni ferroviarie, il cui accesso è consentito solo ai possessori del biglietto di viaggio o della targa indicativa di uno studio professionale, esposta in un cortile che, pure se privato, era aperto al pubblico.
Per tale motivo la Corte ha ritenuto soggetti all’imposta di pubblicità i messaggi pubblicitari posti all’interno della struttura commerciale in questione, riguardanti servizi quali poste, banche, ristoranti ecc. utilizzabili da ogni avventore e non in via esclusiva dagli operatori e commercianti del centro commerciale.
Sul secondo motivo opposto dalla società concessionaria circa l’assoggettamento ad imposta anche per il biennio precedente all’annualità in cui è stato effettuato l’accertamento, la Suprema Corte ha ritenuto che il contenuto del comma 4 dell’art, 8 del d.lgs n. 507/1993, che fissa in un biennio il termine di decadenza per l’applicazione dell’imposta, non costituisce una presunzione semplice idonea a provare che il mezzo pubblicitario è stato utilizzato anche per gli anni precedenti, per cui nella ipotesi di omessa dichiarazione la pubblicità di si presume effettuata in ogni caso “dal primo gennaio dell’anno in cui è stata accertata”. Il legislatore, ad avviso della Corte, con la norma in questione “ha inteso stabilire che la misura del tributo cui è tenuto il contribuente va calcolata con decorrenza dal primo gennaio dell’anno in cui è stata accertata l’omessa presentazione della dichiarazione, per il che è esclusa la debenza del tributo per i periodi pregressi”.