La sezione seconda del Consiglio di Stato con la Decisione n.2120/2016 resa nell’adunanza del 18 gennaio 2017 corregge il tiro della quinta Sezione del supremo Collegio che, in alcune recenti pronunce, pur confermando la applicabilità del canone, aveva inteso dare delle interpretazioni restrittive sulle superfici assoggettabili ad esso in ragione della tipologia di occupazione.
La decisione che ci occupa, invece, ha respinto tutte le eccezioni avanzate da una società di erogazione dei servizi a rete, confermando la piena legittimità del Regolamento introduttivo del canone in questione.
La decisione in primo luogo ha confermato il parziale difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo per quanto riguarda l’impugnativa degli inviti di pagamento. Tale impugnativa, come ormai risulta da consolidata giurisprudenza, deve considerarsi di competenza del Giudice Ordinario in quanto la stessa è qui riferita ai presupposti afferenti alla determinazione del quantum, mentre le questioni relative alla legittimità del regolamento sono e restano del Giudice Amministrativo. Per quanto riguarda il merito la decisione in questione ha confermato che il comune può disciplinare il Canone ex art. 27 del codice della strada con regolamento, senza la necessità che tale canone sia disciplinato ed introdotto da rapporti concessori, in ossequio alla potestà che discende ai Comuni dall’art. 52 del d.lgs. 446/1997; l’art. 27 del codice della strada lascia poi ampio spazio ai comuni per la determinazione delle aliquote senza che le stesse siano soggette alle limitazioni previste per i tributi essendo il canone una entrata patrimoniale. La potestà derivante dal citato articolo 52 consente poi ai comuni di intervenire legittimamente in detta materia senza avere la necessità di aspettare la adozione del decreto ministeriale del Ministero dei lavori pubblici (oggi Infrastrutture) per la determinazione dei parametri di applicazione del canone e delle sue misure.
Egualmente non possono ritenersi condivisibili le eccezioni che considerano i Regolamenti in questione qualora gli stessi siano adottati nei termini di cui all’art. 2 della legge 23/12/2000 n.188, lesivi del principio di retroattività non dimenticando, inoltre, la natura del regolamento che pur essendo un atto normativo mantiene, ai fini della retroattività, valenza di atto amministrativo. Riguardo a ciò la decisione in questione, conferma come non debba essere data agli interessati titolari delle occupazioni alcuna comunicazione dell’avvio del procedimento di formazione del Regolamento e che gli studi di fattibilità relativi alle aree di occupazione e alla loro incidenza economica possono ampiamente soddisfare i requisiti motivazionali del procedimento.
La decisione entra poi nel dettaglio della determinazione delle superfici oggetto di occupazione precisando che, qualora si contesti che le stesse siano effettuate al di fuori della sede stradale bisogna necessariamente dare la prova di questo e quindi anche avanzando le determinate ed opportune richieste istruttorie.
È poi altresì confermato come come la natura di entrata patrimoniale del canone in questione consente che lo stesso possa essere applicato su occupazioni già gravate dalla TOSAP o dal COSAP in ragione della natura tributaria della prima e sostitutiva di quest’ultimo.
Va ricordato, infine, che la giurisprudenza del Consiglio di Stato non ha mai negato la legittima introduzione del canone in questione in aggiunta al Canone occupazione Spazi ed aree pubbliche introdotto in sostituzione della TOSAP e alla Tassa occupazione spazi ed aree pubbliche anche nelle decisioni in cui aveva voluto limitare la applicazione alle sole occupazioni del soprassuolo. Va precisato che tale interpretazione,non essendovi una specifica determinazione normativa doveva considerarsi particolarmente ed estremamente restrittiva in quanto la limitazione dell’utilizzo del suolo vale anche per il sottosuolo poiché la presenza di occupazioni di superficie (es. tombini) pertinenti alle occupazioni del sottosuolo comprimono senza dubbio l’utilizzo del suolo per occupazioni di altro genere che avrebbero un diverso utilizzo e una diversa redditività.