La Suprema Corte di cassazione, con la sentenza numero 6636 depositata il 6 aprile 2016, ha stabilito che è affetto da nullità l’avviso di accertamento che fa riferimento ad altri documenti, qualora gli stessi non siano stati precisati nè allegati all’avviso stesso.
La ragione, spiegano i Supremi Giudici nella motivazione dell’atto, si basa sul fatto che le ragioni della pretesa devono sempre essere chiare nel provvedimento al fine di garantire il corretto esercizio del diritto di difesa.
La vicenda trae origine da diversi avvisi di accertamento Ici a mezzo dei quali il Comune recuperava una maggiore imposta in capo al contribuente poiché, ad avviso dell’Ente, era cambiata la destinazione d’uso del bene, variazione che poteva desumersi dalla consultazione di atti presenti negli archivi anagrafici; i relativi documenti non venivano però allegati e proprio tale mancata allegazione costituiva uno dei motivi (vizio di motivazione appunto) del ricorso di parte avverso lo stesso avviso di accertamento.
L’eccezione veniva accolta dal giudice di appello, che quindi dichiarava la nullità degli avvisi di accertamento ed il Comune provvedeva così a ricorrere in Cassazione: la tesi dell’Ente Impositore si basava sul fatto che il documento non allegato altro non era che un elemento probatorio a corredo di quanto già indicato nel provvedimento.
La Suprema corte, confermando la decisione di merito, in primis ha rilevato che il documento di cui si lamentava la mancata allegazione era una denuncia, ai fini della Tarsu, presentata dall’inquilino dell’abitazione, in ragione di ciò, lo stesso non poteva essere ricompreso tra quegli atti cui è necessaria l’allegazione a pena di nullità, poiché non era stato fatto espresso rinvio nel provvedimento impositivo. La motivazione dell’avviso si limitava a richiamare l’atto ma, in questa maniera, impediva adeguata difesa, poiché non forniva alcun elemento identificativo, né riportava il contenuto dello stesso.
L’occasione è servita poi ai giudici di legittimità per confermare che la motivazione dell’avviso di accertamento assolve ad una pluralità di funzioni e tra queste quella di garanzia del diritto di difesa del contribuente, quella cioè di delimitare l’ambito della pretesa al fine di consentire al destinatario dell’atto di enunciare motivi di ricorso specifici a pena di inammissibilità nel primo grado di giudizio.
La Cassazione ha così concluso rammentando che, così facendo, si rispetta l’art. 97 della Costituzione, che assicura il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione.
Il principio, del resto, aveva mosso un’altra importante pronuncia dei giudici di legittimità sul tema (ordinanza n. 9605 del 5 maggio 2014) con cui la Corte aveva precisato che detto obbligo, alla luce del nuovo regime introdotto dallo Statuto del Contribuente (Legge n. 212/2000), non può ritenersi adempiuto tramite la generica indicazione degli atti o documenti posti a fondamento del provvedimento: affinché possa dirsi adempiuto, anche per relationem, l’obbligo prescritto dall’art. 7 dello Statuto, che impone all’amministrazione finanziaria di allegare al provvedimento gli atti in esso richiamati, è necessario, in assenza di allegazione degli atti, che il provvedimento notificato ne riproduca il contenuto essenziale, in modo da consentire al contribuente di individuare i punti specifici dell’atto richiamato in cui risiedono gli elementi di motivazione del provvedimento.