Tema complesso nella riscossione pubblica afferisce alle spese da porre in capo al debitore per la formazione dell’ingiunzione, sullo sfondo di un periodo storico caratterizzato dall’automatismo di applicazione dell’aggio del sistema di riscossione a mezzo ruolo anche all’ingiunzione fiscale. Il costo della riscossione mediante cartella poggia sull’articolo 17 del D.Lgs. 112/99, oggetto di importanti modifiche negli ultimi anni, tra cui quella che non lo inquadra più come aggio bensì come voce di costo.
La norma individua tre voci: il costo in misura percentuale, le spese di notifica e le spese per le singole azioni cautelari ed esecutive, oggi contenute nella tabella ministeriale 21 novembre 2000 “Fissazione della misura del rimborso delle spese relative alle procedure esecutive spettante ai concessionari del servizio nazionale della riscossione mediante ruolo, e relative modalità di erogazione ai sensi dell’art. 17, comma 6, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112”. La tabella consta di due allegati A e B; l’allegato A indica le spese delle singole procedure mentre l’allegato B riguarda le spese vive necessariamente compiute da soggetti esterni, affidate a terzi, da riconoscere nella misura risultante da tabelle ufficiali (es. assistenza legale, stima dei beni pignorati, assistenza forza pubblica, pubblicità a mezzo stampa).
Il decreto sulla riscossione 159/2015 modifica l’articolo in discorso prevedendo la riduzione della percentuale di costo dall’8 al 6, che sarà interamente a carico del debitore se il pagamento del dovuto avverrà oltre i sessanta giorni dalla scadenza della cartella, o diviso con l’ente impositore se paga prima. Affida inoltre a un nuovo decreto la rideterminazione delle spese di notifica e della tabella ministeriale. In caso di mancata inesigibilità l’ente impositore dovrà pagare sia le spese di notifica (prima non previste) sia le voci della tabella ministeriale per le attività compiute con il meccanismo che ne prevede il pagamento entro giugno dell’anno successivo sulle somme presentate entro il mese di marzo. Proprio in questi giorni i comuni stanno ricevendo le istanze di rimborso spese, carenti tra l’altro di ogni indicazione sulla partita cui afferiscono e al codice entrata necessario per imputare contabilmente i costi, e che per effetto dell’articolo 17 comma 6 bis, saranno in ogni caso trattenute da Equitalia.
La modalità di applicazione rafforzata fondata sull’equiparazione cartella/ingiunzione sembrava ragionevolmente dare spazio all’applicazione delle medesime regole di misura e ripartizione dell’aggio della cartella di pagamento. Un elemento che diventava importante anche nella qualificazione del rapporto giuridico tra ente impositore e concessionario, in quanto l’applicazione di una tariffa a carico del debitore per la remunerazione del servizio garantiva la formula concessoria quando accompagnata dalla traslazione nell’esercizio di poteri di accertamento e riscossione. Ma proprio su questo aspetto la sentenza del Consiglio di Stato n. 3413/2012 intervenne dichiarando l’inapplicabilità all’ingiunzione fiscale del meccanismo scritto per la cartella di pagamento. La decisione porta alla luce una lacuna da tempo segnalata da attenta dottrina in merito al vuoto normativo che caratterizza lo strumento ingiunzionale e che riguarda l’intera parte del compenso, sia esso inteso come remunerazione del servizio che come rimborso delle spese di procedura. Pur rinvenendosi nell’ordinamento giuridico la regola generale che pone a carico dell’esecutato l’obbligo di rimborso delle spese, mancano le regole di determinazione del quantum per l’attività di riscossione a mezzo ingiunzione.
Un passaggio normativo importante in tal senso, che di fatto supera la sentenza del Consiglio di Stato, si trova nella legge delega fiscale 23/2014 che, all’articolo 10 comma 1 lettera c), riferendosi sia alla cartella sia all’ingiunzione, fissa il principio dell’allineamento degli oneri e dei costi in una misura massima stabilita con riferimento all’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e successive modificazioni, o con riferimento ad altro congruo parametro. La norma, benchè non abbia poi trovato collocazione nei decreti attuativi, resta una disposizione di principio che già indica dei parametri per la quantificazione della voce oneri e spese. Non è una prestazione patrimoniale imposta, ma un recupero delle spese originate da un inadempimento del debitore che non ha pagato secondo le modalità bonarie. Sostanzialmente, l’ente pubblico garantisce la riscossione bonaria ma non può far gravare sulla collettività i costi di attività originate da inadempimento del debitore.
E’ la stessa regola di principio che si legge nelle sentenze in materia di aggio. La situazione che si presenta oggi nel mondo degli enti locali è la sempre più diffusa applicazione di costi della riscossione, a volte fondati sull’articolo 17 del D.Lgs. 112/99, altre volte sulla base di un atto che quantifica le spese dell’attività svolta. In ogni caso, è consigliabile adottare un percorso che comporti la previsione della voce di costo (costo di riscossione, notifica e misure cautelari ed esecutive) ricorrendo a una disposizione di carattere generale nel regolamento e rinvio ad apposito atto tecnico di giunta. Benché definita per il sistema esattoriale, anche la tabella 21 novembre 2000 può ragionevolmente costituire un limite massimo di riferimento da applicare anche in sede di ingiunzione fiscale.