NOTA DI REDAZIONE
Un Funzionario comunale addetto all’Ufficio Tributi ha segnalato a questa Redazione di non condividere le conclusioni dell’articolo a firma di G.Montaccini e R.Del Fiacco pubblicato in data 25 maggio u.s. con il titolo: ”Il Decreto del Ministero Ambiente sui criteri per la realizzazione dei sistemi di misurazione puntuale….”, sostenendo che la competenza ad adottare il Regolamento di applicazione della “tariffa puntuale” spetti all’ATO, organismo che ai sensi dell’art. 200 del D.Lgs. n.152/2006, in cooperazione con i Comuni, svolge le funzioni relative alla gestione dei rifiuti. Tra queste funzioni, anche l’APPROVAZIONE DELLE TARIFFE E DEL REGOLAMENTO. A sostegno ha segnalato l’esistenza dell’ATERSIR, che per la Regione Emilia Romagna esercita le suddette funzioni.
L’Avv. G. Montaccini, a nome pure del coautore R. Del Fiacco, con l’articolo che pubblichiamo di seguito, anche in risposta alle osservazioni del Funzionario citato, ha fornito ulteriori elementi di studio sul tema in questione.
Le riflessioni che seguono traggono spunto dalle osservazioni che un Funzionario Comunale ha espresso in merito al nostro precedente scritto, del 25 maggio scorso, pubblicato su questa Rivista in occasione della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.M. 20 aprile 2017, sui sistemi di misurazione dei rifiuti conferiti da utilizzare per la realizzazione di un sistema di “tariffa puntuale”.
Il lettore, che ringrazio unitamente al mio coautore per l’attenzione riservata allo scritto, esprime il proprio convincimento circa la competenza delle Autorità di Ambito Territoriale Ottimale (AATO) e non del Comune ad approvare le tariffe ed il Regolamento di applicazione, rinviando alla Legge Regionale che regola dette Autorità.
Noi, dal canto nostro (pur occupandoci, entrambi, di tributi locali e rifiuti da più decenni di quanti ci piace rammentare) abbiamo qualche incertezza in più, che cerchiamo però di compensare con una lettura scrupolosa della Norma, inquadrata nell’Ordinamento.
Ora, vorrei richiamare l’attenzione di chi mi legge su alcuni presupposti che dovrebbero essere patrimonio comune.
In primo luogo, per ciò che riguarda la Legislazione Regionale, è impossibile per gli esegeti conoscere tutte le normative regionali che, semmai, vengono affrontate all’evenienza.
Il ruolo dell’interprete “scientifico” però non può dimenticare il quadro in cui queste Leggi Regionali debbono incasellarsi.
In particolare il Titolo V della Costituzione (Art. 117) determina che spetta esclusivamente allo Stato la legislazione in materia di tutela dell’ambiente.
La Corte Costituzionale, con diverse pronunce (la più completa e significativa è, a mia conoscenza, la n. 37/2004) ha, con una argomentata analisi del Titolo V, sempre ritenuto fortemente limitata la potestà legislativa delle Regioni in materia di Finanza Pubblica, da esercitarsi comunque nel rispetto dei principi fondamentali dell’Ordinamento.
Ciò posto, in materia di entrate a fronte di servizi resi da Enti Pubblici in esclusiva (ed è indubbio che il Servizio Rifiuti Urbani e Assimilati sia comunque un Servizio Pubblico, cui il cittadino non può sottrarsi), anche se gestiti indirettamente o attraverso forme di collaborazione tra diversi Enti, è certo che ci troviamo in un ambito di Finanza Pubblica (anzi, osservo, di prestazione patrimoniale imposta).
Essendo poi questo servizio posto a presidio dell’ambiente, la funzione legislativa è esclusivamente riservata allo Stato, salvo le materie e i poteri espressamente delegati alle Regioni dal Legislatore nazionale (e questi poteri sono espressamente elencati nell’Art. 196 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152).
Ora, francamente, non trovo, in nessuna Norma, la previsione che lo Stato abbia attribuito alle AATO una potestà regolamentare in materia di Tassa Rifiuti o Tariffa Puntuale, ne che tale “delega” possa derivare da una Legge Regionale.
Anzi, aggiungo una piccola precisazione, l’Art. 200 del D.Lgs. 152/2006, non disciplina le Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale, (AATO) ma la costituzione dell’Ambito stesso, cioè l’individuazione “territoriale” degli ambiti in cui il servizio deve essere svolto con modalità uniformi, al fine di garantire gli obiettivi elencati nel medesimo Art. 200.
Le Autorità di ambito sono state abolite, a livello nazionale, con l’Art. 186-bis L. 191/2009, con il quale si attribuiva (espressamente) alle Leggi Regionali l’individuazione di nuovi soggetti giuridici, chiamati a svolgere i medesimi compiti già svolti dalla vecchie Autorità (quindi, sostanzialmente, quelli previsti dal D.Lgs. 152/2006).
Ci sia consentito affermare che è una bizzarria tutta italiana che i nuovi organismi abbiano lo stesso nome di quelli sostituiti.
Quindi le Leggi Regionali non possono attribuire ai nuovi organismi poteri che non siano previsti dalla Legge nazionale (rammentiamo la riserva costituzionale) né poteri che già non svolgessero le AATO e tra questi poteri, per le considerazioni appena svolte, non rientrano quelli riguardanti la disciplina regolamentare sulle entrate.
Tornando al tema fondamentale, le decise affermazioni del nostro lettore secondo cui “Tra le funzioni dell’Autorità d’Ambito c’è la approvazione delle tariffe e anche del regolamento…” e “La competenza ad adottare il regolamento applicativo della tariffa puntuale alla luce di quanto emerge dal decreto ministeriale del 20 aprile 2017 è dell’ATO”, mi/ci lasciano un po’ perplessi.
Ci sembra che i testi, sia della Legge sia del DM, che abbiamo commentato, dispongano esplicitamente che:
1) sia il Comune (con Regolamento adottato ai sensi dell’Art. 52, D.Lgs. 446/1997) a scegliere se sostituire la Ta.Ri. con la Tariffa puntuale (c. 668, Art. 1, L. 147/2013);
2) il Comune realizzi i sistemi di misurazione puntuale dei rifiuti conferiti (c. 667, Art. 1, L. 147/2013);
3) il Comune stabilisca alcuni coefficienti e correttivi (Art. 6, 8 e 9 del DM in commento) ai sistemi di pesatura e commisurazione.
Di contro, in nessuna delle Norme, da me attentamente rilette, si fa riferimento alla possibilità di far svolgere questi compiti ad altri organi amministrativi, men che meno, per quanto si dirà in seguito, le funzioni in materia di Normazione secondaria espressamente riservate ai soli Consigli Comunali.
L’Art. 52, D.Lgs. 446/1997, riserva ai Comuni ed alle Provincie la potestà regolamentare sulle proprie entrate e tributi (non entriamo qui nella disquisizione sulla natura “reale” della tariffa puntuale, altrimenti non ne usciamo più).
Il Testo Unico sugli Enti Locali, D.Lgs. 267/2000, riserva al solo Consiglio Comunale (Art. 42) l’esercizio della potestà regolamentare e l’istituzione dei tributi e la disciplina generale delle tariffe (sappiamo, visto il compito istituzionale, che i lettori conoscono a menadito entrambe le disposizioni ma la citazione ci serve per costruire l’iter logico) ed è vietata qualsiasi forma di surroga (a parte per le variazioni di bilancio). Addirittura il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in sede di controllo dei Regolamenti, può solo limitarsi ad impugnare il Regolamento illegittimo innanzi al TAR, ma non gode di alcun potere sostitutivo.
È evidente che il Legislatore (con l’espresso riferimento contenuto nel comma 668, L. 147/2013) ha inteso riservare in esclusiva al singolo Consiglio Comunale l’istituzione e la disciplina della tariffa puntuale. Il medesimo Consiglio ha il solo vincolo della copertura integrale del costo del servizio attribuibile al territorio comunale (anche se il servizio è coordinato in forma sovra comunale).
In nessun caso la funzione di Normazione secondaria, in questo campo, ci appare possa essere svolta (de jure condito) da Organi diversi, tanto meno da organismi di mera “collaborazione” tra Enti Locali che, prescindendo da ogni altra considerazione, sono Organismi amministrativi di rappresentanza estremamente vaga e sicuramente molto indiretta.
Il principio anglosassone “no taxation without representation” ha trovato, con alterne vicende, qualche ingresso nella Giurisprudenza italiana, anche perché è conforme allo spirito dell’Art. 23 della Costituzione (ci sembra indubbio che, specie con la struttura disegnata dal DM in commento, anche la Tariffa puntuale sia da considerare una “prestazione patrimoniale imposta”, in tal senso si veda anche l’articolo della Dott.sa Carpenedo del 1 giugno scorso sul sito, a commento del medesimo DM) e, soprattutto, è accolto nel sistema delineato dal Legislatore con le Norme appena richiamate.
Questa analisi mi porta a confermare, per parte autoriale, le conclusioni dell’articoletto già pubblicato.
Alla luce di tanti anni di pratica professionale, per parte mia, ove dovessi incontrare sul mio cammino pratico una Normazione secondaria (in materia di Tariffa puntuale, Ta.Ri. e compagnia cantando) adottata da un Organo diverso dal Consiglio Comunale (salve le eccezioni espressamente previste dalla Norma) non esiterei a chiederne la disapplicazione per vizio assoluto di attribuzione (sollevabile in qualsiasi stato e grado del giudizio) e, ove necessario, a promuovere una eccezione di incostituzionalità per le eventuali Leggi Regionali che prevedessero la deroga.
Mi si consenta una considerazione finale, pienamente condivisa dal coautore: non mi è comprensibile la tendenza con cui, molto spesso, tendiamo ad ansiosamente desautorare gli organi di rappresentanza del cittadino, moltiplicando “di fatto” gli Enti decisionali (con buona pace di quanto raccomanda Occam) ma ottenendo l’esatto contrario della certezza del diritto, incertezza di cui tanto ci lamentiamo come cittadini.
Non mancherà occasione, nei prossimi scritti che siamo intenzionati a dedicare al complesso sistema delineato dal DM, di tornare sul tema.