La legge n. 3 del 2012, modificata con il D.L. 18 Ottobre 2012, n.179 (decreto Sviluppo Bis, convertito nella L. 221 del 17 dicembre 2012) ha, per la prima volta, introdotto nel nostro ordinamento una procedura di esdebitazione destinata a tutti quei soggetti che non possono accedere alle procedure concorsuali previste dalla Legge Fallimentare.
Prima dell’innovazione legislativa tali soggetti restavano esposti, salvo cercare un accordo stragiudiziale con i creditori, alle azioni esecutive promosse individualmente dagli stessi di assai difficile raggiungimento in assenza delle tutele per i creditori aderenti previste dalle procedure ora richiamate ed era impossibile, per gli enti pubblici creditori, partecipare a eventuali situazioni transattive.
Il procedimento previsto dalla legge n. 3/12 si svolge sotto il controllo dell’autorità giudiziaria e con esso si realizza l’effetto della cancellazione dei debiti pregressi (discharge) del debitore (persona fisica o ente collettivo ovvero consumatore), fino ad oggi possibile appunto solo per determinate categorie di imprenditori, vale a dire quelli soggetti alle ordinarie procedure concorsuali.
Si tratta di un nuovo istituto che ricalca gli accordi di ristrutturazione dei debiti, previsti dall’art. 182-bis legge fallimentare, e i piani di risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa, ex art. 67, terzo comma, lett. d) della stessa legge.
La ragione di una tale disciplina la si rinviene oltre che come strumento di prevenzione del ricorso al mercato dell’usura soprattutto, in tempi di forte crisi economica e finanziaria, nella necessità di attribuire alle situazioni di insolvenza (sovraindebitamento) del debitore non fallibile (piccole imprese o società artigiane, ad esempio) ovvero del consumatore, la possibilità della cancellazione dei debiti al fine di ripartire da zero (da qui l’espressione fresh start utilizzata in tali ipotesi) riacquistando un ruolo attivo nell’economia, senza restare schiacciati dal carico dell’indebitamento preesistente.
Per “sovraindebitamento” la legge intende una situazione perdurante di squilibrio tra le obbligazioni assunte ed il proprio patrimonio prontamente liquidabile, nonché la definitiva incapacità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni. Una definizione piuttosto ampia che potrebbe includere la gran parte dei casi in cui il consumatore ha difficoltà nel pagare, ad esempio rate di un finanziamento o di un mutuo, e l’incapacità di far fronte alle richieste dei creditori e dei fornitori in genere.
Nel caso tra i creditori vi siano anche pubbliche amministrazioni (Agenzia delle Entrate, comuni, etc.) o agenti per la riscossione (es. Equitalia) o i soggetti iscritti all’Albo di cui all’art. 53 del D.Lgs. 446/1997 legittimati a riscuotere le entrate locali, il piano di rientro dovrà anche contenere la ricostruzione della posizione fiscale del consumatore e l’indicazione di eventuali contenziosi pendenti. Inoltre, entro tre giorni dal deposito del piano in tribunale, il professionista dovrà presentare il piano sia alle pubbliche amministrazioni creditrici che agli agenti di riscossione coinvolti.
Il procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento consiste nel rivolgersi ad un organismo apposito o a un professionista abilitato (commercialisti, avvocati, notai) e poi al tribunale con un piano di rientro che, se accolto, diventerà vincolante per i creditori, anche se non tutti i debiti saranno onorati. Ove il piano non fosse possibile o fosse respinto dal giudice il consumatore potrà comunque accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio. Durante l’esecuzione della procedura il giudice sospende ogni azione esecutiva (pignoramento etc.) dei creditori nei confronti dei beni del debitore. Una volta terminata con successo la procedura, il debitore sarà esdebitato ovvero sarà libero da ogni debito ancora non onorato. Avrà così, come detto, una “fresh start”, o nuovo inizio.
Il consumatore ha a disposizione tre diverse tipologie di procedure:
A) Accordo con i creditori
Questa procedura prevede che la proposta sia sottoscritta dai creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti. Tale soluzione non è consigliabile per i consumatori per i quali il “piano del consumatore”, che non richiede il consenso di alcun creditore, è una procedura ben più vantaggiosa.
B) Piano del consumatore
Questa la procedura consigliata per i consumatori ovvero le persone fisiche che hanno contratto debiti esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Come detto questa procedura non richiede l’accordo dei creditori ma dovrà comunque assicurare ai creditori una soddisfazione maggiore di quella che avrebbero attraverso la liquidazione di tutti i beni del consumatore.
Il “piano del consumatore” prevede il possesso dei seguenti requisiti:
– deve sussistere la situazione di sovraindebitamento;
– possono richiederlo solo soggetti esclusi dalle procedure concorsuali previste nella Legge Fallimentare (ovvero esclusivamente consumatori, artigiani, professionisti, etc.);
– non si deve aver fatto ricorso alla stessa procedura nei cinque anni precedenti;
– non si deve aver subito la risoluzione, revoca o cessazione degli effetti del piano del consumatore;
– si deve fornire documentazione che consenta di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale del richiedente.
ll Tribunale di Busto Arsizio con decreto del 15 aprile 2014 ha stabilito che il procedimento può essere attivato dal singolo cittadino e che si può usufruire del piano del consumatore anche se il creditore è solo uno e corrisponde all’Agente di riscossione. Chiunque abbia dunque delle cartelle esattoriali che non è in grado di pagare, a causa dei debiti accumulati con lo Stato o nei confronti degli enti locali, può proporre un pagamento commisurato alle proprie finanze. La richiesta deve essere presentata al Tribunale con il deposito di un piano di gestione dell’uscita dalla crisi. Una volta approvato dal giudice il programma sarà vincolante anche per l’Agente della riscossione che, oltre a potersi vedere ridotta l’entità dell’importo del credito iscritto a ruolo, dovrà cancellare le ipoteche, rinunciare al pignoramento etc.
C) Liquidazione del patrimonio
In alternativa al piano del consumatore i soggetti sopraindicati possono chiedere la liquidazione di tutti i propri beni. Qualora quindi non fosse possibile agire attraverso il piano del consumatore, che permette un certo margine di scelta su quali beni cedere, al fine di ottenere l’esdebitazione si rinuncerebbe a tutti i propri beni (ad eccezione di alcuni impignorabili). A questa procedura è possibile accedere anche nel caso in cui si sia già fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, al piano del consumatore o all’accordo con i creditori, condizioni che, come abbiamo detto in precedenza, non consentono di accedere alle altre due tipologie di procedure.
Lo scorso 28 gennaio, a ben tre anni di ritardo dall’emanazione della legge, è stato pubblicato il Regolamento – D.M. 202/2014, G.U. n.21 del 27 gennaio 2015 – che fissa i requisiti degli organismi deputati a gestire la procedura (Registro degli Organismi di Composizione della Crisi (OCC) e Gestore della crisi).
Il suddetto decreto definisce quali siano i requisiti di cui gli enti autorizzati a gestire la crisi di sovraindebitamento devono essere in possesso. Ricordiamo che, previa domanda, tra questi enti compaiono:
commercialisti, avvocati, notai, studi associati, altri soggetti a condizione che possiedano i requisiti formativi e di esperienza indicati all’interno del decreto ministeriale, pubbliche amministrazioni, ovvero organi costituiti dai comuni, dalle province, dalle regioni, dalle università e dagli organismi di conciliazione costituiti presso le camere di commercio.
Il soggetto interessato dovrà individuare il professionista o l’organismo che dovrà assisterlo nello svolgimento, nell’elaborazione degli atti idonei, nelle procedure necessarie ad ottenere l’esdebitazione e tale nomina dovrà essere ratificata dal Tribunale. Il professionista o l’organismo dovrà stipulare una polizza assicurativa con massimale non inferiore a un milione di euro per le conseguenze patrimoniali comunque derivanti dallo svolgimento del servizio di gestione della crisi.
I compensi di questi organi saranno stabiliti in proporzione all’ammontare dell’attivo realizzato o del passivo risultante dall’accordo proposto dal consumatore insolvente.
É evidente l’impatto che la concreta attuazione della presente normativa avrà nei confronti degli enti locali: gli uffici finanziari dei comuni saranno nella condizione di vedere i loro crediti assoggettati a tale procedura con la possibilità per un verso di ottenere maggiori incassi e per l’altro di vedere le quote inesigibili certificate da un provvedimento giurisdizionale. Si dovranno poi creare organi, costituti dagli stessi enti, autorizzati a gestire le posizioni di sovraindebitamento al fine di favorire l’accesso della cittadinanza a tali istituti. Tale normativa inciderà notevolmente sulle attività inerenti ai servizi sociali dei comuni. L’assessorato ai servizi sociali deve svolgere, com’è noto, funzioni di promozione, programmazione e coordinamento nel sistema integrato di interventi e servizi sociali e sociosanitari. Gli interventi di natura socio-assistenziale sono rivolti a quella fascia di utenza che non è in grado di far fronte alle proprie esigenze primarie, sia di tipo economico, sia di carattere psico-fisico. Nello specifico al servizio spettano la promozione dell’integrazione delle politiche sociali con le altre politiche settoriali (politiche del lavoro, della casa, della formazione professionale, dell’istruzione, dell’educazione e della pianificazione territoriale). L’Assessorato svolge anche funzioni di progettazione, coordinamento e promozione di attività in favore di famiglie e fasce deboli di popolazione, con particolare riferimento ai temi, per quanto qui d’interesse, delle nuove povertà; promuove ed attua attività di studio, ricerca e valutazione nel campo socio-assistenziale, prende in carico situazioni di bisogno personale e familiare ed alloggiativo oltre a promuovere azioni di contrasto alla povertà e assistenza economica. L’Amministrazione Comunale, attraverso questi interventi, intende perseguire una politica incisiva per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini mediante una costante attività di prevenzione sociale: contributi integrativi, canoni di affitto per i meno abbienti, ammortizzatori sociali, etc.
È auspicabile quindi che, a tale scopo, l’ente locale continui ad accrescere le strutture e i servizi capaci di favorire l’attuazione della suddetta procedura evitando da un lato che si creino particolari situazioni di disagio sociale (non a caso tale norma era stata definita “salva suicidi”) e favorendo dall’altro il pagamento e la riscossione delle proprie entrate e di quelle dello stato, oltreché dei privati, con le conseguenti benefiche ricadute su tutto il territorio.