L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza della CTR Lazio che aveva annullato la cartella esattoriale a seguito del passaggio in giudicato della sentenza che aveva rigettato il ricorso in primo grado nella considerazione che doveva applicarsi il termine prescrizionale di cinque anni.
La Cassazione, con la sentenza n. 16730/2016, ha richiamato il principio giurisprudenziale affermato dalle SS.UU. n.25790/2009, costantemente ribadito dalle sezioni semplici, secondo il quale, nel caso in cui un atto impositivo venga impugnato in sede giurisdizionale, il credito accertato nella sentenza che definisce l’impugnazione dell’atto impositivo soggiace al termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2953 c.c. anche nel caso in cui l’accertamento riguardi sanzioni per violazioni tributarie.
Le Sezioni Unite hanno osservato nella citata sentenza n. 25790/2009 che, se pure pronunciata in materia di irrogazione delle sanzioni, contiene un principio chiaramente estensibile a tutti i casi di riscossione a mezzo di cartelle di pagamento conseguenti ad atto impositivo confermato con sentenza passata in giudicato.
A giudizio del Supremo Collegio, il provvedimento del giudice che definisce la lite sull’accertamento, anche quando si limiti a riconoscere la legittimità dell’atto impositivo contestato, conferisce a questo il crisma della verifica giurisdizionale e gli effetti del giudicato non possono essere assimilati a quelli della mera acquiescenza amministrativa che si esaurisce nell’ambito del rapporto bilaterale amministrativo d’imposta.
Perciò:
“in presenza del giudicato, non sono applicabili i termini di decadenza e/o di prescrizione dell’azione amministrativa tributaria, ma soltanto il termine di prescrizione decennale dell’articolo 2953 c.c. perché il titolo della pretesa cessa di essere l’atto e diventa la sentenza che ne ha confermato la legittimità”.