Cominciano a profilarsi e a chiarirsi i contenuti della manovra del Governo, dopo tante polemiche e indiscrezioni, così come emergono dal Documento programmatico di bilancio inviato questa notte a Bruxelles. Analizzando rapidamente le principali “voci” del documento si evince che dalle dismissioni degli immobili pubblici lo Stato incasserà 640 milioni di euro nel 2019 e 600 milioni nel 2020. Per il 2018, invece, “i proventi derivanti dalle vendite degli immobili pubblici dovrebbero ammontare a 600 milioni, di cui 50 milioni per le vendite degli immobili delle Amministrazioni centrali, 380 milioni per le vendite effettuate dalle Amministrazioni locali e 170 milioni per le vendite degli Enti di previdenza”.
Quanto alla spending review, apprendiamo che gli introiti derivanti ammonteranno a circa 2,43 miliardi di euro nel 2019 (0,14% del Pil) e 1 miliardo nel 2020 e 2021. In particolare, la razionalizzazione della spesa per i ministeri verrà realizzata attraverso la revisione delle procedure amministrative o organizzative; il definanziamento di progetti in relazione alla loro efficacia o priorità; la revisione dei meccanismi o parametri che determinano le esigenze di spesa. In arrivo anche una riprogrammazione dei trasferimenti a vari enti, rivedendo la tempistica in base alle effettive esigenze dello stato di avanzamento dei lavori e mantenendo comunque invariato il totale nel tempo.
Venendo poi a una delle misure più delicate e controverse, il Dpb spiega che per il reddito e la pensione di cittadinanza è previsto un maggiore costo per lo Stato di circa 6,47 miliardi di euro nel 2019, quantificato in un onere dello 0,37% del Pil per l’anno prossimo, dell0 0,36% per il 2020 e dello 0,35% per il 2021.”Il reddito di cittadinanza – recita il documento – garantisce il raggiungimento, anche tramite integrazione, di un reddito annuo calcolato in base dell’indicatore di povertà relativa dell’UE. Ne beneficeranno maggiorenni residenti in Italia da almeno 5 anni disoccupati o inoccupati (inclusi pensionati). La misura supererà dal 1° gennaio 2019 il reddito di inclusione ed è accompagnata da una riforma dei centri per l’impiego”.
L’accesso alla pensione con “quota 100” – prosegue il Dpb – avverrà con quattro finestre annuali e costerà lo 0,37% del Pil (circa 6,5 miliardi) nel 2019 e 2020 e lo 0,36% del Pil nel 2021. La soglia minima per il pensionamento anticipato è di 62 anni di età e 38 anni di contributi.