L’indagine ha poi fatto il punto sull’impegno dell’Italia nei confronti dei casi principali di evasione e di elusione della normativa fiscale in materia di economia digitale.
Di conseguenza è stata rilevata la necessità, per la nostra amministrazione fiscale, di dotarsi di strumenti di analisi che consentano una valutazione quantitativa ed un monitoraggio puntuale dell’evasione fiscale nel settore specifico, da considerare oramai un fattore rilevante nell’ambito delle stime sull’ammontare delle entrate sottratte al bilancio pubblico.
Il documento ha messo in evidenza la riduttività della definizione stessa di commercio elettronico, quale tipologia di transazioni volte allo scambio di beni o servizi attraverso una rete elettronica, rispetto al complesso processo determinato dallo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che hanno modificato e migliorato i processi produttivi, innovando l’economia nei principali settori.
Dall’attività svolta dal Dipartimento delle finanze, dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza, sono emersi vari profili, di rilievo fiscale: la mobilità, correlata allo sviluppo tecnologico, che consente di esercitare l’attività d’impresa da remoto, ossia da luoghi diversi da quelli in cui consumatori e fornitori sono situati, senza ricorrere ad infrastrutture fisiche complesse; la mobilità comprende anche gli utenti, che possono accedere ad Internet attraverso dispositivi mobili indipendentemente dal luogo in cui si trovano; le nuove tecnologie hanno notevolmente aumentato la capacità delle imprese che operano sulla rete di raccogliere ed elaborare i dati forniti dagli utenti (direttamente o tracciando i comportamenti sul web) al fine di migliorare i prodotti e servizi offerti, valorizzando sul piano economico i dati ottenuti; – lo sviluppo di modelli di impresa multi-sided, caratterizzati da gruppi di consumatori che interfacciano con altri gruppi attraverso piattaforme online le cui decisioni hanno significativi effetti reciproci di rilievo economico; lo sviluppo di nuovi prodotti digitali e di nuovi mezzi per l’erogazione di servizi, crea incertezze sulla corretta classificazione delle attività svolte nell’ambito dei nuovi modelli imprenditoriali; il ricorso a strumenti di pagamento alternativi al contante, necessari per le conclusioni delle transazioni a distanza, non sempre consente la tracciabilità delle relative operazioni.
Si tratta di caratteristiche specifiche dell’economia digitale che pur favorendo gli scambi e le interazioni transfrontaliere, rendono più difficile collegare le attività che producono valore al mercato di consumo, incidendo sull’individuazione del luogo in cui i redditi vengono prodotti.
La ricerca ha confermato che le imprese digitali hanno la capacità di mantenere un certo livello di attività a prescindere dalla presenza di una stabile organizzazione in un Paese piuttosto che in un altro, intrattenendo relazioni con i consumatori e gli utenti attraverso siti web o vari strumenti digitali. Anche quando queste imprese stabiliscono una stabile organizzazione in una giurisdizione, le opportunità offerte dalla tecnologia facilitano l’adozione di strutture idonee a minimizzarne la presenza tassabile in un dato Paese, attraverso una allocazione delle funzioni, dei rischi e delle attività che non riflette la sostanza economica delle operazioni svolte.
Vista la globalità dei fenomeni oggetto di analisi, l’attività dell’amministrazione finanziaria in questo ambito è ora caratterizzata dalla partecipazione ad iniziative in ambito internazionale.