Una città resiliente è quel sistema urbano che non si limita ad adeguarsi ai cambiamenti in atto, ma si modifica attraverso progetti sociali, economici e ambientali innovativi che permettano di rispondere al meglio alle sollecitazioni dell’ambiente e del trascorrere del tempo nel lungo periodo. Una novità nell’ambito dell’edilizia sostenibile che a livello internazionale sta suscitando grande interesse viene da un progetto sperimentale elaborato presso l’Università di Newcastle nel Regno Unito. Una ricerca finanziata dal programma Horizon 2020, portata avanti in collaborazione con l’Università di Trento, l’Università di Bristol, lo Spanish National Research Council, il Liquifer Systems Group di Vienna ed Explora. Un piano di lavoro interdisciplinare di bioarchitettura, informatica e tecniche ingegneristiche, che ha prodotto alcuni prototipi di mattone capaci di generare energia elettrica, depurare le acque reflue e produrre fosfato.
La scoperta scientifica si riferisce a un particolare biofilm di cui i mattoni stessi sono rivestiti, all’interno del quale vengono inserite celle e combustibile microbico con microrganismi sintetici sviluppati dai ricercatori della UWE Bristol. L’elemento in questione si “nutre” di luce solare, aria e acqua piovana, creando un sistema simile a un bireattore. Ma vediamo più approfonditamente di cosa si tratta: i mattoni contengono diverse camere, ognuna delle quali processa rifiuti organici per scopi diversi, ma collegati come si trattasse di una sorta di sistema digestivo. Mattoni che potrebbero diventare “mura smart” controllate a livello digitale. Le cellule che compongono le pareti sono infatti in grado di percepire l’ambiente esterno e quello interno, comprese le abitudini degli occupanti dell’ipotetico edificio, reagendo così di conseguenza. A seconda di come sono programmate, le pareti composte di bireattori hanno la capacità di riconoscere diversi input come, ad esempio, la presenza di acque reflue, anidride carbonica, luce solare, alghe e batteri, producendo conseguentemente energia, ossigeno, acqua filtrata e così via. “Le tecnologie che stiamo sviluppando sono rivolte a sviluppare i luoghi in cui viviamo e lavoriamo in un sistema vivente in grado di rispondere alle condizioni interne ed esterne degli edifici – ha spiegato il responsabile della ricerca dell’Università di Bristol, Andrei Adamatzky – Ogni mattone intelligente è di fatto un piccolo computer”.