Sono 43 milioni gli autoveicoli circolanti in Italia e la trasformazione digitale delle infrastrutture di trasporto rappresenta l’opportunità per migliorare la qualità della mobilità nelle nostre città. A tale riguardo il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti guarda all’innovazione digitale come ad un volano per il raggiungimento degli obiettivi infrastrutturali del Paese previsti dal Def 2016 e dal Piano Nazionale Its. Così sta per partire un percorso rivolto alla corretta evoluzione del processo di digitalizzazione a livello nazionale, con l’obiettivo di guidare l’Italia verso una stagione innovativa per i cittadini con fruibilità efficace di beni e servizi, una visione condivisa per rendere smart le strade italiane. Un programma nazionale che è stato esposto punto per punto nell’incontro della scorsa settimana presso il Mit dal ministro Graziano Delrio e introdotto dal coordinatore della Struttura Tecnica di Missione, Ennio Cascetta. Oltre alla sensibilizzazione sul tema e allo scambio di esperienze, questa fase intende arrivare, entro la fine di luglio 2016, all’individuazione degli standard minimi da applicare per la digitalizzazione delle nostre infrastrutture stradali, attraverso un processo di stakeholders engagement. “Abbiamo dato priorità alle opere utili – ha sottolineato il ministro Delrio – ora diciamo che queste opere debbono essere intelligenti. La digitalizzazione rappresenta vantaggi in primo luogo per il monitoraggio e la sicurezza delle opere e per la sicurezza delle persone. Stiamo passando quindi da infrastrutture che sono solo materiali a opere che si mettono in dialogo con gli utenti, attraverso strumenti che possono facilmente essere introdotti nei lavori di manutenzione o di realizzazione”. Nel nostro Paese, che ha un’estensione della rete stradale di circa 180.000 chilometri, di cui 5.872 di autostrade affidate a 24 concessionarie ed altri 25.566 chilometri, di cui 937 date ad Anas, le infrastrutture stradali rappresentano una risorsa significativa e strategica per l’intera Penisola. Parlando poi di grandi numeri si pensi che sono più di 43 milioni gli autoveicoli circolanti in Italia (al 31 gennaio di quest’anno) e che naturalmente aumenteranno ancora. Pensiamo poi ai dati relativi agli strumenti di comunicazione come telefoni cellulari e smartphone che, stando alle statistiche nel 2020 apparterranno ad oltre il 90% della popolazione. Da tutto questo deriva l’esigenza di valorizzare il patrimonio infrastrutturale esistente attraverso l’adeguamento tecnologico. In considerazione degli investimenti nel settore l’Ue ha stanziato circa 30 miliardi di euro per i prossimi quattro anni, in relazione alle infrastrutture, di cui 6,5 miliardi di euro per l’Italia. Ora il Mit sta considerando di vincolare l’erogazione dei finanziamenti all’adozione, da parte dei gestori dell’infrastruttura, di standard tecnologici minimi. Il documento presentato la scorsa settimana a Roma è il primo passo in questa direzione ed inquadra le smart road, come un insieme di infrastrutture stradali che possano di fatto integrare l’innovazione in quelli che sono gli strumenti tradizionali. Sensori, misure e metodi di elaborazione per rendere più estesi, fruibili ed efficienti i sistemi di gestione della circolazione. Questo programma insomma comprenderà un sistema di acquisizione di informazioni basato su una rete di sensori road-side o altre fonti, capaci di raccogliere notifiche per poi scambiarle e condividerle. La tecnologia può essere impiegata in tutte le fasi di vita dell’infrastruttura e dell’esperienza di guida: sistemi d’infomobilità, sensori, strumenti di rilevamento dello stato di ponti, viadotti e gallerie, nonché tecnologie di connessione veicoli-infrastrutture in vista della guida automatica. I nuovi strumenti consentiranno, infine, di migliorare l’analisi dei fabbisogni e la valutazione delle opere, rendendo più valida la pianificazione e la programmazione degli interventi di manutenzione e degli investimenti in nuove infrastrutture, garantendo a costì più bassi realizzazioni di maggiore qualità.