Il Rapporto Ital Communications-Censis sulle Agenzie di comunicazione in Italia giunto al 3° anno, monitora il mondo della comunicazione, offrendo agli addetti ai lavori il punto di vista degli italiani sugli aspetti su cui lavorare per generare una comunicazione più affidabile e di qualità.
Negli anni è cresciuta la consapevolezza che la disinformazione esiste e può avere degli effetti devastanti sulla vita delle persone, inoltre è sempre più difficile distinguere la buona dalla cattiva informazione ed è necessario avvicinarsi al web con prudenza, resta alta la fiducia nei professionisti della comunicazione riconosciuti come fonti autorevoli, garanti dell’affidabilità e della qualità delle notizie.
Di fronte alle insidie che possono venire dal web e dall’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, emerge un bisogno di rassicurazione sulla fondatezza e qualità delle notizie che circolano, con una richiesta di conoscenze e competenze sull’utilizzo e le potenzialità delle nuove tecnologie, di regolamentazioni e professionisti che si impegnino per arginare la disinformazione.
Le Agenzie di comunicazione, in questi anni, si sono trasformate per adeguarsi ai cambiamenti con l’introduzione di nuove figure che si occupano di immettere qualità sul web.
Gli italiani, di fronte al passaggio tecnologico che si prospetta all’orizzonte, chiedono uno sforzo nel creare un’alleanza tra gli stakeholder per promuovere, con ogni mezzo e su ogni canale informativo, attività di comunicazione e sensibilizzazione rivolte agli utenti per metterli in grado di riconoscere la cattiva informazione e di tutelarsi dai pericoli che ne possono derivare.
Molte le informazioni online, 47 mln. di italiani, il 93% si informa abitualmente su almeno 1 delle fonti disponibili, l’83% sul web e il 74% sui media tradizionali. Sul versante opposto, sono 3 mln. e 300 mila, pari al 6,7% gli individui che hanno rinunciato ad avere un’informazione puntuale su ciò che accade, mentre 700.000 italiani non si informano affatto.
Al palinsesto uguale per tutti, si è sostituito il palinsesto personalizzato, con un primato dello schermo e del linguaggio audiovisivo, il risultato è che solo il 13,8% degli italiani si rivolge a un’unica fonte di informazione: si tratta di over 64enni che si limitano alla fruizione dei media tradizionali. Il 79,5% della popolazione consulta più di 2 fonti informative e il 62,9% ne consulta almeno 3, si tratta di dati correlati con l’età e il titolo di studio posseduto: più si è giovani e scolarizzati e maggiore è il numero delle fonti da cui si attingono notizie, la combinazione di più fonti informative si riflette anche in un bilanciamento di fonti on e offline, tradizionali e no. Il 64% degli italiani dichiara di utilizzare un mix di fonti informative, tradizionali e online; c’è poi un 9,9% che attinge solo ai media tradizionali e un 19% che si affida esclusivamente alle fonti online, ne deriva che i giovani, sono i più esposti a disinformazione e fake news.
Se un tempo le fake news erano considerate il prezzo da pagare alla democratizzazione dell’informazione e gli italiani si dicevano certi di essere in grado di controllare le notizie e distinguere il vero dal falso, di fronte alla proliferazione delle notizie generata dalla pandemia cominciano emergono timori che si traducono in una richiesta di interventi di regolazione, di sensibilizzazione e formazione della popolazione. Il 76% degli italiani ritiene che le fake news sono più sofisticate e difficili da scoprire, il 20% crede di non avere le competenze per riconoscerle e il 61% pensa di averle solo in parte, solo un 18% ritiene di essere in grado di riconoscere una fake.
La quota di chi pensa di non avere le competenze necessarie per riconoscerle sale al 29,5% tra chi vive nei Comuni che hanno meno di 10.000 abitanti, al 39,5% tra gli over 64enni, al 51% tra chi ha bassi titoli di studio, delineando l’identikit di chi rischia di vivere in un mondo surreale.
Molta comunicazione e molta confusione: il caso riscaldamento globale è un caso esemplare di comunicazione eccessiva e poco chiara, che alimenta cattiva informazione, catastrofismo e persino negazionismo, rischiando di provocare effetti non desiderati sui modi di pensare e sui comportamenti della popolazione; il 34,7% degli italiani è convinto che ci sia un allarmismo sul cambiamento climatico e il 25,5% ritiene che l’alluvione di quest’anno sia la risposta più efficace a chi sostiene che si sta andando verso la desertificazione. I negazionisti convinti che il cambiamento climatico non esista, sono il 16% della popolazione; mentre gli individui più fragili, vale a dire i più anziani e i meno scolarizzati, sono quelli che appaiono confusi e meno in grado di comprendere il problema. Emerge, poi, una preoccupazione per la sostenibilità economica della transizione ecologica, che secondo il 33% richiederebbe sforzi e investimenti economici che non ci possiamo permettere e ci costringerebbero a fare un passo indietro negli standard di benessere e qualità di vita, un’opinione che arriva al 51% tra chi ha la licenza media, al 37,8% fra le donne e al 36% tra gli over 64. In realtà, questa convinzione è confutata dalle più accreditate analisi previsionali, che rivelano che la transizione ecologica creerà moltissimi posti di lavoro, e ci condurrà verso uno scenario di sviluppo economico.
Rischi e potenzialità dell’Intelligenza Artificiale per il mondo dell’informazione, non abbiamo fatto in tempo ad assorbire l’irruzione del digitale che l’arrivo delle nuove tecnologie dell’Intelligenza Artificiale ci costringe a fare un altro passo in avanti, che segnerà le esistenze e il rapporto con le tecnologie, portando rischi e vantaggi, nonché il pericolo di creare altre disparità sociali tra chi sarà dentro e fuori dal nuovo mondo. Il 75% della popolazione ritiene che sarà sempre più difficile controllare la qualità dell’informazione, mentre il 58,9% ritiene che l’Intelligenza Artificiale possa diventare uno strumento a supporto dei giornalisti e dei professionisti della comunicazione.
In questi anni le imprese di comunicazione si sono attrezzate per rispondere alla proliferazione disordinata di notizie e opinioni sul web, mantenendo alta la qualità e l’attendibilità dei flussi di comunicazione che veicolano. Le Agenzie di comunicazione si sono adattate ai cambiamenti ampliando le competenze di chi lavora e creando nuove figure a presidio del web, il risultato è che i professionisti della comunicazione sono aumentati dell’11% e le agenzie dell’1,5%.
In una recente indagine del Censis, il 60% degli italiani si dichiara favorevole a risolvere il problema della disinformazione online, introducendo una forma di censura per fermare la diffusione di notizie palesemente false (29,4%) o le affermazioni manipolatorie o propagandistiche (15,7%) o le opinioni espresse da persone che non hanno competenze sull’argomento (15%). In realtà, le piattaforme digitali sono da tempo impegnate in attività di fact-checking finalizzate a individuare ed eliminare bufale che circolano nel web e sui siti che le promuovono, ma la sensazione è che si sia di fronte a un fiume in piena che occorre arginare diffondendo consapevolezza e alfabetizzazione mediatica tra la popolazione. L’89% degli italiani pensa che sia necessario creare un’alleanza stabile tra coloro che hanno interesse a far circolare un’informazione attendibile e di qualità, e diffondere una maggiore consapevolezza sui pericoli della cattiva informazione innalzando le competenze della popolazione.
Fonte: Censis – Italcommunications