L’obiettivo è ambizioso: mobilitare risorse per 160 miliardi nei prossimi 5 anni, destinati a diventare 265 con il contributo di altri investitori. Un orizzonte in linea con la nuova mission che Matteo Renzi ha immaginato da molto tempo per la Cassa Depositi e Prestiti: un soggetto ancora più presente nella promozione dell’attività delle imprese italiane, con un profilo più simile alla tedesca KfW e alla francese Cdc. È questo il profilo della Cdp che si delinea nel piano industriale 2016-2020 presentato oggi da Pier Carlo Padoan con il presidente Claudio Costamagna e l’amministratore delegato Fabio Gallia.
Non sarà un nuovo Iri. Il ministro Padoan si è affrettato a scansare fin da subito i fantasmi che l’input di una maggiore presenza dello Stato nell’economia può evocare. “L’Italia sta entrando in una nuova fase, che io ritengo fortemente positiva: lo stato con strumenti di mercato interviene per far crescere l’economia”, ha spiegato il ministro. “Il paragone con l’Iri è una curiosità storica, ma con Cdp si aggiungono strumenti che servono allo sviluppo del Paese”.
Il premier si accontenterebbe di molto meno. Oggi l’investimento di Cdp in aziende di piccole e medie e dimensioni è quasi irrilevante se confrontato con quanto fatto dalla Kfw tedesca. Quasi il 75% degli investimenti della Banca della ricostruzione di Berlino è rivolto ad aziende private, principalmente Pmi, in Italia soltanto il 15%. In Francia il 66%. Con un maggiore sostegno alle piccole e medie imprese la nuova Cassa Depositi e Prestiti si avvicinerebbe al ruolo caldeggiato dal governo.
Con la nuova Cdp targata Gallia-Costamagna – ha assicurato Padoan -“entriamo in una nuova fase”. A fare da spartiacque, oltre al ricambio dei vertici fortemente voluto da Palazzo Chigi, il nuovo status che la banca ha acquisito con l’ultima legge di stabilità, quello di “Istituto Nazionale di Promozione”, che permetterà alla Cassa di attrarre almeno 100 miliardi, oltre ai 160 che ci si attende di mettere in campo, tra fondi nazionali ed esteri, pubblici e privati.
Queste risorse, hanno spiegato i vertici, arriveranno principalmente da tre fonti: l’accesso alle risorse messe a disposizione da Unione Europea e Banca Europea degli Investimenti, anche nel quadro del piano Juncker, i cofinanziamenti con altri intermediari finanziari e l’attrazione di capitali di investitori istituzionali privati internazionali e italiani sotto forma d’interventi stabili. Grazie a questa nuova veste Cdp spera così di guadagnarsi un ruolo di regia nella gestione dei fondi pubblici, fondi strutturali compresi.
Il piano presentato in via XX settembre ha un orizzonte insolitamente lungo – “di solito nel mondo bancario i piani si fanno a tre anni e non a cinque”, ha sottolineato Costamagna – perché il profilo della Cassa è quello di un “investitore a medio-termine”.
Quattro gli assi principali di sviluppo del piano: La pubblica amministrazione, le infrastrutture, le imprese e gli immobili. A catalizzare le attenzioni, soprattutto il secondo e il terzo punto. Dentro il capitolo infrastrutture resta aperto infatti il dossier banda larga, surriscaldato dall’ipotesi – anticipata oggi da Sole 24 Ore – di un possibile conferimento di Metroweb in Telecom. Costamagna, a domanda diretta, ha spiegato che le due società “stanno lavorando a un piano industriale per vedere se ha senso lavorare insieme su un’infrastruttura per coprire 250 comuni italiani”. Nessun riferimento a riassetti societari. “Al termine, se i risultati saranno buoni, ci siederemo al tavolo con Telecom per decidere come collaborare insieme: potrebbero esserci interventi sulla struttura azionaria o anche no”.
Nel capitolo imprese una delle novità più rilevante riguarda la riorganizzazione degli asset posseduti dal Fondo Strategico Italiano. Il Fondo – ha spiegato l’ad Fabio Gallia sarà diviso “in due ambiti: da un lato quello delle partecipazioni di rilevanza sistemica per il paese come Metroweb, Saipem, sia in cui terremo una quota e Ansaldo Energia”. Dall’altro “le altre ottime aziende alcune quotate e altre da mettere sul mercato da gestire in un’ottica di valorizzazione”. Il futuro del fondo “è la creazione di Fsi Sgr nella quale Cassa spa avrà meno del 50% del capitale per catalizzare e per andare a prendere aziende e portarle sul mercato dei capitali”.
Sul fronte del “rilancio delle imprese” Costamagna ha spiegato che dovrebbe vedere la luce alla “fine di gennaio” la società di turnaround in cui la Cassa si prepara ad avere un ruolo di “anchor investor” e che potrebbe diventare un veicolo importante per il rilancio-salvataggio dell’Ilva di Taranto.