Cosa respiriamo aria pura o smog? Questo il dilemma che assilla la Penisola da tempo, in particolare le città che sovente devono chiudere le vie al traffico per alcune ore o giornate a causa del superamento dei limiti di emissioni nocive consentite. A rassicurare in parte i cittadini arriva ora uno studio condotto dall’Università Statale di Milano e dal Consiglio Nazionale delle ricerche (Cnr), che ha analizzato la visibilità orizzontale dell’atmosfera. Scopriamo, così, con sorpresa che nelle zone più inquinate del Paese, la frequenza dei giorni con visibilità sopra i 10 o i 20 chilometri è più che raddoppiata, grazie soprattutto alle norme anti-inquinamento. I dati, pubblicati sulla rivista Atmospheric Environment, sono relativi al periodo 1951-2017 e focalizzano una variabile meteorologica mai studiata in modo esaustivo in Italia: la visibilità orizzontale in atmosfera, appunto, molto condizionata dall’inquinamento atmosferico e cruciale in diversi ambiti come il traffico aereo.
I numeri indicano, in particolare, che la frequenza delle giornate con atmosfera limpida è cambiata fortemente in tutte le aree del territorio considerate, e risulta più che raddoppiata nelle aree più inquinate come il bacino padano. Un altro risultato importante emerso dall’indagine riguarda la funzione del particolato atmosferico che riflette la radiazione solare verso lo spazio, causando un raffreddamento della superficie terrestre. In altre parole, per decenni l’inquinamento ha mascherato l’effetto dei gas serra. Tra gli anni ’50 e la fine degli anni ’70, infatti, la temperatura nel nostro Paese è rimasta pressoché costante, mentre dagli anni ’80, con le politiche di contenimento delle emissioni, la progressiva riduzione degli aerosol ha determinato un aumento della radiazione solare che giunge a terra portando a un aumento della temperatura pari a quasi mezzo grado ogni decennio.