È illegittima la sentenza di condanna per guida in stato di ebbrezza se, al momento della prova dell’alcol (con il cosiddetto alcoltest), la polizia non ha avvisato il conducente della possibilità di farsi assistere dal proprio avvocato di fiducia. Inoltre, per eccepire tale nullità c’è tempo fino alla deliberazione della sentenza di primo grado.
Lo dice una recente sentenza della Cassazione (n. 12244/2016) che segue un indirizzo ormai consolidato negli ultimi anni.
I giudici di legittimità sottolineano che, se all’imputato non è stato concesso di farsi assistere dal proprio avvocato durante l’accertamento alcolemico, non si può applicare la sanzione penale, anche se c’è l’aggravante dell’aver provocato un incidente.
In questa occasione un automobilista multato duramente per aver bevuto troppo e aver così causato un sinistro stradale ha vinto il ricorso: il test era stato effettuato contro la sua volontà e senza che egli fosse mai stato avvisato dell’opportunità di far presenziare un avvocato alle operazioni.
Sulla prima eccezione (mancanza del consenso all’etilometro), l’uomo non ha avuto la meglio. Come infatti già ricordato dalla stessa Cassazione in precedenza è pienamente legittima la norma del codice della strada che, nell’indicare le modalità di accertamento per rilevare l’ebbrezza, non prevede alcun preventivo consenso dell’interessato al prelievo.
Risultato opposto per la seconda difesa del conducente, quella relativa alla violazione del diritto di difesa. Come già aveva detto la Cassazione a Sezioni Unite, il codice di procedura penale offre massima garanzia a chi si sottopone a una “prova irripetibile” come è appunto l’alcoltest: essa va fatta previo avviso della possibilità di far presenziare il difensore di fiducia. L’omesso avviso, da parte della polizia, comporta la nullità della prova stessa, nullità che può essere dedotta fino alla deliberazione della sentenza di primo grado.