La L. 24 aprile 1998, n. 128, art. 17, comma 3, ha fatto venir meno l’assimilazione automatica ai rifiuti urbani di quelli provenienti dalle attività artigianali, commerciali e di servizi, purchè aventi una composizione merceologica analoga a quella urbana, con la conseguenza che è divenuto pienamente operante il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 21, comma 2, lett. g), che ha attribuito ai Comuni la facoltà di assimilare o meno ai rifiuti urbani quelli derivanti dalle attività economiche; alla luce di ciò, dal 1997 in poi, assumono decisivo rilievo le indicazioni proprie dai regolamenti comunali circa l’assimilazione dei rifiuti provenienti dalle attività economiche ai rifiuti urbani ordinari.
Il D.P.R. n. 158 del 1999, art. 7 prevede poi non già l’esenzione dall’imposta, ma soltanto una sua riduzione nel caso in cui i rifiuti speciali siano assimilati a quelli urbani.
L’art. 49, compreso nel Titolo 3, del cd. Decreto Ronchi ha istituito la TIA, in sostituzione della soppressa TARSU, prevedendo, in particolare, nella modulazione della tariffa, agevolazioni per la raccolta differenziata.
Dal Titolo 2 del decreto Ronchi si ricava, inoltre, che i rifiuti di imballaggio costituiscono oggetto di un regime speciale rispetto a quello dei rifiuti in genere, regime caratterizzato essenzialmente dalla attribuzione ai produttori ed agli utilizzatori della loro “gestione” (termine che comprende tutte le fasi, dalla raccolta allo smaltimento) (art. 38 cit.).
Alla luce di ciò, i rifiuti degli imballaggi terziari, nonchè quelli degli imballaggi secondari, ove non sia attivata la raccolta differenziata, non possono essere assimilati dai comuni ai rifiuti urbani, nell’esercizio del potere ad essi restituito dall’art. 21 del decreto Ronchi e dalla successiva abrogazione della L. n. 146 del 1994, art. 39, e i regolamenti che una tale assimilazione abbiano previsto vanno perciò disapplicati in parte qua dal giudice tributario (Cass. n. 627 del 19.10.2011).
Ciò non comporta, però, che tali categorie di rifiuti siano, di per sè, esenti dalla TARSU; comporta invece che ad esse si applica la disciplina stabilita per i rifiuti speciali, che è quella dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo l’esclusione dalla tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali (Cass. n. 5377 del 30.11.2011).
Nel caso di imballaggi secondari, è previsto dall’art. 21, comma 7, del decreto Ronchi l’esonero dalla privativa comunale qualora sia provato l’avviamento al recupero; in tal caso l’operatore economico ha l’onere di dimostrare l’effettivo e corretto avviamento al recupero attraverso valida documentazione comprovante il conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati a detta attività in base alle norme del D.Lgs. n. 22 del 1997 e si determina, allora, non già la riduzione della superficie tassabile, prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, per il solo caso di produzione di rifiuti speciali (non assimilabili o non assimilati), bensì il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto, a consuntivo, in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero.
Ne deriva che ove non vi sia prova del Regolamento Comunale (ad eccezione degli imballaggi terziari), che assimila i rifiuti speciali non pericolosi agli urbani, non è dovuta la Tarsu, mentre ove tale assimilazione sia stata prevista dal regolamento comunale incombe all’impresa contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree che, per il detto motivo, non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile; infatti, pur operando anche nella materia in esame – per quanto riguarda il presupposto della occupazione di aree nel territorio comunale – il principio secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell’interessato (oltre all’obbligo della denuncia, D.Lgs. n. 507 del 1993, ex art. 70) un onere di informazione, al fine di ottenere l’esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass. nn. 4766 e 17703 del 2004, 13086 del 2006,17599 del 2009, 775 del 2011).
Va infine rilevato che l’esonero dalla privativa comunale, previsto appunto in caso di detto comprovato avviamento al recupero dall’art. 21, comma 7, del decreto Ronchi, determina non già la riduzione della superficie tassabile, prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, citato art. 62, comma 3, per il solo caso di produzione di rifiuti speciali (non assimilabili o non assimilati, quali quelli tossici, pericolosi o gli imballaggi terziari), bensì il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto – a consuntivo – in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero (in virtù di quanto previsto, in generale, già dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 67, comma 2, e poi, più specificamente, dall’art. 49, comma 14, del decreto Ronchi e dal D.P.R. n. 158 del 1999, art. 7, comma 2, il quale, nell’approvare il “metodo normalizzato per la determinazione della tariffa di riferimento per la gestione dei rifiuti urbani”, può, nella fase transitoria, essere applicato dai comuni anche ai fini della TARSU).