Una fragile sostenibilità per le città metropolitane. Nelle città metropolitane si gioca una partita fondamentale per la sostenibilità dell’intero Paese. Nei 1.268 comuni che costituiscono le 14 città metropolitane italiane vivono, infatti, poco meno di 21,3 milioni di italiani, il 36,2% del totale, occupando il 15,4% della superficie nazionale. La densità del verde è uno dei punti deboli. Nelle città metropolitane di Torino (7,4 mq ogni 100 mq di superficie), Venezia (6,5 mq), Firenze (3,7 mq) e Palermo (2 mq) la densità del verde è superiore a quanto si registra in media nelle province italiane (1,7 mq di verde ogni 100 mq di superficie). In media viene sprecato il 42,2% di tutta l’acqua immessa nelle reti idriche locali con effetti sempre più negativi soprattutto in momenti di forte siccità prolungata. Molto critica è la situazione nel Sud, dove si arriva al 55,4% di spreco nel caso di Catania. Bologna e Firenze presentano una quota di popolazione esposta al rischio di alluvioni pari rispettivamente al 56,1% e al 36,9% del totale. Superiore alla media nazionale anche la quota a Genova (15,9%) e Reggio Calabria (14,3%). Un cittadino di Venezia su cinque convive con il rischio di alluvione.
Le città, la gestione dei flussi di mobilità e la domanda abitativa. Il canone annuo di affitto delle abitazioni concesse in nuova locazione nel primo trimestre del 2023 ammonta complessivamente a 1,4 miliardi di euro, in aumento del 9,1% rispetto al 2022. Quelle nei comuni ad alta tensione abitativa sono state 149.639, con un incremento del canone dell’8,5% dall’ultimo anno. Una ricerca condotta dal Censis su Bologna nel 2023 ha messo in evidenza come la questione del caro-affitti sia una delle problematiche maggiori per la popolazione residente. La difficoltà di trovare una casa in affitto o in proprietà a prezzi accessibili è una criticità del territorio. Alla base di questa problematica vi è anche l’aumento dei flussi turistici. Il cui impatto nelle città italiane non sembra possa attenuarsi nei prossimi anni. Tra il 2021 e il 2022 nelle grandi città le presenze turistiche sono più che raddoppiate (+104,4%), sebbene il numero dei clienti degli esercizi ricettivi resti ancora sotto la soglia del 2019.
L’ingorgo normativo per una Europa verde. Tra il 1990 e il 2021 le emissioni nette di gas serra espresse in tonnellate pro capite all’interno dell’Unione europea sono diminuite del 34,5%, sebbene nel 2021 si sia registrato un aumento rispetto all’anno precedente dovuto alla ripresa dell’attività economica dopo la pandemia. I cinque maggiori Paesi membri evidenziano tutti una riduzione delle emissioni, che in Germania supera il 40%. L’Italia non riesce a mantenere il passo, raggiungendo un calo del 27,2%, inferiore al dato medio europeo, a quello francese e tedesco. Per essere fedeli agli impegni assunti in sede comunitaria, il Pnrr ha destinato poco meno di 60 miliardi, pari al 31% dell’importo totale, alla transizione ecologica, per l’efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati, e per lo sviluppo di mezzi di trasporto a emissioni zero. La diffusione delle auto elettriche ha avuto un forte incremento in Francia e Germania, dove la percentuale di autovetture a zero emissioni immatricolate nel 2020 è stata superiore al 6%. In Italia è stata solo del 2,3%.
Un altro tentativo per fare sviluppo nel Mezzogiorno: la Zona economica speciale unica. Il Pnrr ha previsto il rafforzamento delle Zone economiche speciali (Zes) nel Mezzogiorno, destinando 630 milioni di euro per interventi infrastrutturali in quelle zone (Campania e Calabria sono le regioni che hanno ricevuto il maggiore volume di risorse). Il cronoprogramma prevede che entro il 31 dicembre 2023 abbiano inizio i lavori per 41 interventi infrastrutturali (di cui 4 per aumentare la capacità dei porti), da completare entro il 30 giugno 2026. L’esperienza delle Zes regionali sembra avere avuto effetti positivi. Tra il 2017 (l’anno precedente l’istituzione delle Zes) e il 2021 le merci imbarcate e sbarcate nei porti delle regioni Zes mostrano variazioni positive, in particolare in Sicilia con un incremento che sfiora l’11%.
La nuova normalità degli eventi estremi e la vulnerabilità dei territori. Il 28,6% degli italiani ritiene che l’azione prioritaria per superare le fragilità nei territori sia lavorare immediatamente per ridurre il rischio idrogeologico. Alluvioni e frane sono ogni anno più numerose e gli eventi sono sempre più estremi con costi economici e umani molto elevati. L’altra via per la tutela del territorio consiste nell’evitare di consumare ulteriormente suolo attraverso la rifunzionalizzazione delle aree abbandonate (lo pensa il 20,2%) o mediante regole restrittive (11,8%). Il 17,8% ritiene che l’azione più importante da intraprendere consista invece nel diminuire le emissioni di gas clima-alteranti, causa del riscaldamento del pianeta. Ma il 72,9% si dichiara contrario alle azioni di sensibilizzazione sui temi ambientali dei gruppi organizzati come l’imbrattamento di monumenti e palazzi storici. Per l’83,7% degli ultrasessantacinquenni queste azioni dimostrative sono sbagliate, ma la quota si riduce tra ha tra 35 e 64 anni (72,2%).
Fonte: CENSIS