Brucia il Belpaese e il patrimonio verde se ne va in fumo. Nel 2020 +18,3% di territorio nazionale divorato dalle fiamme, +8,1% di reati accertati tra incendi dolosi e colposi rispetto al 2019. Questi i dati più eclatanti contenuti nel dossier elaborato da Legambiente insieme a SISEF (Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale), corredati dalle proposte per governare gli incendi estremi che anche in queste settimane stanno devastando ampie zone della Penisola. Estremi perché superano la capacità di controllo, con un’intensità superiore ai 10.000 kW/m e una velocità di propagazione oltre i 3 km/h.
A cosa si deve un simile disastro, forse a calamità naturali imprevedibili e dunque non prevenibili? Nient’affatto. Il dossier parla chiaro ed evidenzia lo stretto nesso fra ecomafie e roghi. Tra incendi dolosi, colposi e generici, infatti, lo scorso anno in Italia sono stati percorsi dalle fiamme 62.623 ettari di superficie boscata e non boscata (+18,3% rispetto al 2019): 4.233 i reati accertati (+8,1%), 552 le persone denunciate per incendio doloso e colposo (+25,2%), 18 quelle arrestate (+80%), 79 i sequestri effettuati (-29,5%). Ben l’82% della superficie bruciata e il 54,7% dei reati si concentrano tra Campania, Sicilia, Calabria e Puglia, seguite a poca distanza dal Lazio. Con la Campania, nello specifico, che primeggia per numero di illeciti (705, il 16,7% del totale nazionale) e la Sicilia per numero di ettari distrutti dalle fiamme (36.321, il 13,7%). La classifica provinciale degli incendi scoppiati nel 2020 vede invece ai primi cinque posti per numero di reati accertati Cosenza, Salerno, Palermo, Foggia e Potenza. Un numero di illeciti che nel complesso continua ad aumentare e che si somma agli 81.464 già accertati sul territorio nazionale tra il 2006 e il 2019.
Il rapporto di Legambiente e SISEF non si limita, tuttavia, a dimensionare l’entità e la distribuzione geografica del fenomeno. Fa qualcosa di più. Pur riconoscendone la complessità e la difficoltà di mettere in campo un efficace contrasto, fornisce/suggerisce alle istituzioni preposte anche indicazioni e proposte operative per governare con maggior successo questi eventi estremi in un contesto di cambiamento climatico generale. “Il primo passo – scrivono i ricercatori – è la completa ed effettiva attuazione della legge 353 del 2000, dedicata proprio agli incendi boschivi, che prevede, insieme al delitto di incendio boschivo doloso (423 bis del Codice penale), vincoli molto stringenti per le aree attraversate dal fuoco:
*15 anni senza cambiamenti nella classificazione dei terreni, boschivi o a pascolo; 10 anni di divieto di edificazione;
*5 anni in cui sono vietate anche le piantumazioni di nuovi alberi con risorse pubbliche, tranne eccezioni stabilite dal Ministero dell’Ambiente.
In altre parole, un sistema di vincoli che rispecchi alcune delle cause principali degli incendi dolosi e che, per essere efficace, richieda da parte di tutti i Comuni l’aggiornamento del Catasto delle aree incendiate, investendo tutta la filiera della prevenzione, in cui il governo del territorio e la gestione del patrimonio verde siano tenuti insieme coerentemente e armonicamente”.
Fonte: Legambiente