L’inquinamento atmosferico è una delle principali cause di morte in tutto il mondo, con effetti avversi legati a esposizioni sia a breve, sia a lungo termine. Recentemente, è stato anche accostato alla pandemia di COVID-19. Pertanto, uno studio coordinato dal Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio, ASL Roma 1, per analizzare il fenomeno ha sviluppato modelli spazio-temporali che utilizzano molteplici fonti informative (dati satellitari, variabili di uso del territorio, meteorologia) e producono stime di concentrazioni giornaliere di materiale particolato (PM10 e PM2.5), biossido di azoto (NO2) e ozono (O3) per ogni km2 del territorio italiano, e ogni giorno nel periodo 2016-2019, le quali consentiranno di caratterizzare l’esposizione acuta e cronica della popolazione italiana e di valutare eventuali effetti avversi dell’inquinamento atmosferico sulla diffusione e la gravità dell’epidemia COVID-19.
Il modello spazio-temporale , ritengono gli esperti, si conferma capace di catturare la variabilità del particolato e fornisce stime attendibili anche per l’ozono, mentre per l’NO2 le performance del modello sono inferiori. Le stime modellistiche sono state utilizzate per calcolare la PWE (population weighted exposure) come media annua pesata sulla popolazione residente in ogni singola cella, che rappresenta la stima dell’esposizione cronica all’inquinamento atmosferico della popolazione italiana. Queste stime sono pronte per essere utilizzate negli studi sull’associazione tra esposizione cronica all’inquinamento atmosferico e patologia da COVID-19, così come per indagini sul ruolo dell’inquinamento dell’aria sulla salute della popolazione italiana.
Fonte: Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente