Il settore dei servizi di pubblica utilità si confronta e mostra una crescita nei risultati economici finanziari e una tenuta degli investimenti nonostante il calo del fatturato dovuto al crollo dei prezzi e della domanda di energia. Il volume d’affari delle prime 100 utility italiane, pubbliche e private, si attesta nel 2014 a 120 miliardi di euro, contribuendo per il 7,4% del Pil italiano e dando lavoro a oltre 131.000 addetti. La migliore azienda in assoluto è Marche Multiservizi, in finale con Acque, Hera, Publiacque e Smat. È quanto emerge dalla quarta edizione del rapporto Top Utility Analysis, che ha preso in esame le maggiori 100 utility pubbliche e private italiane attive nei settori gas, luce, acqua e rifiuti.
Oltre alla graduatoria assoluta, le valutazioni hanno portato ad assegnare anche altri riconoscimenti. La prima in sostenibilità è la lombarda Cap Holding. Per la comunicazione invece il riconoscimento è andato alla fiorentina Quadrifoglio. All’Acea di Roma il premio Rse ricerca e innovazione mentre Enel primeggia nella sezione Wartsila efficienza energetica. Infine il premio Idrotherm 2000 Formazione e risorse umane è stato assegnato a Hera di Bologna .
Analizzando in generale il settore l’economista Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys e coordinatore del gruppo di ricerca Top Utility spiega che “nonostante un contesto congiunturale e settoriale ancora difficile, non solo si registra una tenuta dei risultati economico-finanziari, ma si affianca anche una crescente attenzione ai temi ambientali, alla trasparenza e alla comunicazione con gli stakeholder”.
In particolare, dal rapporto emerge che le prime 100 utility italiane rappresentano, nel complesso, il 56% dell’energia elettrica generata in Italia (Aeegsi), il 35% dei rifiuti urbani raccolti (Ispra) e il 63% dell’acqua distribuita (Istat). In attesa dei nuovi processi di aggregazione, si registra una presenza ancora prevalente di piccole e medie imprese, seppur in calo rispetto al 2013 (-3%). La metà ha, infatti, un fatturato inferiore a 100 milioni di euro. L’82% rimane sotto i 500 milioni di ricavi, mentre soltanto 18 operatori superano questa soglia.
Dallo studio emerge che i settori idrico e ambientale crescono rispetto agli energetici (gas ed elettricità): i ricavi delle aziende, anche a causa del calo dei ricavi del comparto energetico dovuto alla riduzione dei prezzi e dei volumi di gas ed elettricità, sono diminuiti complessivamente del 9%: dai 132 miliardi del 2013 si è passati a 120 miliardi del 2014.
Mentre le imprese che si occupano esclusivamente della gestione rifiuti e dell’acqua sono cresciute rispettivamente del 7,6% e 6,8%, per le multiutility e le aziende del comparto energetico, maggiormente esposte alle fluttuazioni dei prezzi di mercato, il calo è stato superiore: -9,8%. Le monoutility idriche, per esempio, si distinguono per una maggior incidenza dell’Ebitda sui ricavi rispetto alla media (28,5%). Le aziende di waste management nel 2014 hanno segnato un significativo aumento del Roi (8,8% vs. 6,7% dell’anno precedente) e del Roe (5,7% vs. 4,7%).
Gli investimenti, pur diminuendo in termini assoluti, sono rimasti pressoché costanti in proporzione sui ricavi (da 3,5% a 3,4%), scendono in termini assoluti, essendo passati a 4,1 miliardi di euro nel 2014 dai 4,6 del 2013. I maggiori investimenti sono stati fatti dalle imprese del comparto energetico per quasi 2,3 miliardi. Queste aziende sono le uniche ad averli aumentati rispetto all’anno precedente (sia in termini assoluti che relativi).
Gli interventi hanno riguardato prevalentemente la manutenzione, l’estensione e il potenziamento delle reti di distribuzione elettrica e gas, e in misura minore la realizzazione di nuova capacità di generazione elettrica da fonte rinnovabile, soprattutto di piccola taglia.Tutte le principali utility italiane hanno realizzato importanti progetti di ricerca, spesso in collaborazione con le università. Un’area che ha accomunato le attività di ricerca & sviluppo delle utility in tutti i comparti analizzati è il risparmio e il recupero energetico dai processi.
Nel settore elettrico, la ricerca e l’innovazione hanno riguardato lo sviluppo delle smartgrid, della generazione distribuita e dei sistemi di accumulo. Nella gestione rifiuti si è puntato all’incremento dei livelli di raccolta e recupero di quelle frazioni di rifiuti che non riescono ad essere pienamente intercettate dai sistemi tradizionali. Nel settore idrico la ricerca si è concentrata, tra gli altri, sulla potabilizzazione dell’acqua e sui sistemi di monitoraggio degli inquinanti.
Cresce la consapevolezza sui temi ambientali e sociali delle utility: il 33% delle aziende pubblica il bilancio di sostenibilità e l’82% di queste lo fa seguendo le linee guida del Gri. In aumento anche le certificazioni di qualità, tra le quali crescono soprattutto l’Iso 18001 e la Sa 8000 (+3%). L’attenzione alla Corporate Social Responsibility (Csr) traspare anche dall’alta diffusione del codice etico, adottato dall’89% delle Top 100.
Migliorano le performance in materia di economia circolare con la raccolta differenziata cresciuta del 6% rispetto al 2013 e con il 27% dei player che supera il 65%. Le aziende idriche nelle Top 100 presentano perdite medie inferiori al dato nazionale (34% contro il 36%), anche se il settore nel suo complesso evidenzia ancora la necessità di ingenti investimenti, soprattutto nella fase di depurazione e collettamento.
Infine, le utility si mostrano sempre di più a portata di click. Aumenta, infatti, l’uso di social network e delle applicazioni per smartphone e tablet, mentre l’utilizzo dello sportello on-line è il principale mezzo di interazione col cliente per più di 7 utility su 10. Pur permanendo ancora ampi margini di miglioramento, si registra una maggiore trasparenza da parte delle aziende pubbliche: in aumento la quantità e la qualità delle informazioni fornite e il livello di adesione ai requisiti di legge. A questo trend positivo si accompagna, inoltre, un sensibile incremento degli investimenti in comunicazione e marketing, più che raddoppiati.