La burocrazia italiana è una delle peggiori d’Europa. A dirlo con tanto di rilevazioni e tabelle è la Cgia di Mestre che ha elaborato i dati del 2017 della Commissione europea. Duplicazione degli sportelli pubblici, scadenze fiscali, gestione paghe e contabilità, richiesta di dati già in possesso della pubblica amministrazione, call center inefficienti, procedure di sicurezza troppo complicate, caselle di posta elettronica certificata che non funzionano, sono solo alcuni dei tanti nodi. Basti pensare che gli adempimenti burocratici per le micro e piccole imprese (da 1 a 19 addetti) si traducono, tra costi diretti e tempo perso, in un onere annuo che mediamente riduce del 39% il profitto lordo, con un costo vicino agli 8.000 euro l’anno, variamente articolato sul territorio nazionale. Da uno sguardo d’insieme vediamo che nell’eurozona è solo la Grecia a star peggio di noi. L’Ufficio studi della Cgia si riferisce al risultato emerso dalla stesura dell’indice europeo sulla qualità dei servizi offerti dagli uffici pubblici dei 19 Paesi che utilizzano la moneta unica. E se la Finlandia, i Paesi Bassi e il Lussemburgo occupano i tre gradini del podio, Slovacchia, Italia e Grecia si collocano, per contro, nelle parte più bassa della graduatoria.
“Sarebbe comunque sbagliato generalizzare, non tutta la nostra amministrazione pubblica è di bassa qualità. La sanità al Nord, molti settori delle forze dell’ordine, diversi centri di ricerca e istituti universitari – ha detto il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo – assicurano delle performance che non temono confronti con il resto d’Europa. Ciò nonostante, il livello medio complessivo è preoccupante. L’incomunicabilità, la mancanza di trasparenza, l’incertezza giuridica e gli adempimenti troppo onerosi hanno generato una profonda incrinatura, soprattutto nei rapporti tra le imprese e i pubblici uffici, cha ha provocato l’allontanamento di molti operatori stranieri che, purtroppo, non vogliono più investire in Italia anche per l’eccessiva ridondanza del nostro sistema burocratico”.
E ad avvalorare la posizione di coloro che sostengono che per il sistema paese è imprescindibile avere una macchina statale che funziona bene, sono particolarmente interessanti anche i dati elaborati dall’Ocse. Secondo questa organizzazione internazionale, infatti, la produttività media del lavoro delle imprese italiane è più elevata nelle zone con una più efficiente amministrazione pubblica.
“Purtroppo, i tempi e i costi della burocrazia – ha aggiunto il segretario della Cgia, Renato Mason – sono diventati una patologia che caratterizza negativamente una larga parte del nostro paese. In particolar modo le imprese italiane, essendo prevalentemente di piccolissima dimensione, hanno bisogno di un servizio pubblico efficiente ed economicamente vantaggioso, in cui le decisioni vengano prese senza ritardi e il destinatario sia in grado di valutare con certezza la durata delle procedure”.
Altrettanto preoccupanti sono i risultati che emergono dalla periodica indagine campionaria condotta da Eurobarometro (Commissione europea) sulla complessità delle procedure amministrative che incontrano gli imprenditori dei 28 Paesi dell’Unione. L’Italia si trova al 4° posto di questa graduatoria, con l’84 per cento degli intervistati che dichiara che la cattiva burocrazia è un grosso problema. Solo la Grecia, la Romania e la Francia presentano una situazione peggiore della nostra, mentre il dato medio dell’Unione europea si attesta al 60 per cento.
Se, invece, ritorniamo all’elaborazione della Cgia su dati della Commissione europea, sono ugualmente impietosi i risultati che emergono dalla comparazione sulla qualità della Pubblica amministrazione a livello regionale. Rispetto ai 192 territori interessati dall’analisi realizzata nel 2017, infatti, le principali regioni del Centro-sud d’Italia compaiono per 8 volte nell’ambito dei peggiori 20. Come per il confronto a livello nazionale, il risultato finale è un indicatore che varia tra 100, ottenuto dalla regione finlandese Aland (1° posto), e zero che ha attribuito la maglia nera alla regione bulgara dello Severozapaden. Sebbene sia relegato al 118° posto a livello europeo, il Trentino Alto Adige (indice pari a 41,4) è la realtà territoriale più virtuosa d’Italia, seguono, a pari merito, altre due regioni del Nord-est: l’Emilia Romagna e il Veneto (indice pari a 39,4) che si collocano rispettivamente al 127° e al 128° posto della classifica generale. Subito sotto troviamo la Lombardia (38,9) che è al 131° posto e il Friuli Venezia Giulia (38,7) che si attesta al 133° gradino della classifica stilata dalla Commissione europea.