L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n.38 del 29 dicembre 2015, chiarisce una serie di dubbi che si presentavano agli operatori in merito alle modifiche del nuovo processo tributario.
Dal punto di vista temporale, la Circolare conferma che la riforma opera per i processi pendenti dal 1° gennaio 2016, intendendosi per processo pendente quello il cui ricorso sia stato notificato dal contribuente a partire dal 1° gennaio 2016; bisogna quindi fare riferimento non al giorno di notifica, ad opera dell’ente impositore, dell’atto che si intende reclamare ma al momento di notifica del ricorso stesso da parte del contribuente. Trattasi di chiarimento importante perché da più parti erano state avanzate soluzioni diverse ma che conferma il fatto che, essendosi ormai in fase contenziosa, il momento di notifica dell’atto non rileva più.
Lo stesso discrimine temporale – processo pendente al primo gennaio 2016 – vale per la conciliazione giudiziale nel senso che, se l’appello è stato notificato prima del 1 gennaio 2016, ma l’udienza viene fissata dopo, è possibile per le parti ancora tentare di addivenire alla conciliazione giudiziale; anche questo chiarimento va letto nell’ottica di invogliare l’utilizzo degli strumenti deflattivi del contenzioso.
Stesso dicasi per il dimezzamento, da un anno a sei mesi, del termine per la riassunzione in rinvio, che opera per le sentenze di cassazione con rinvio depositate dal 1° gennaio 2016: qui la ratio, evidente è quella di velocizzare i tempi del processo.
In merito al profilo sanzionatorio poi, la Circolare chiarisce che la riduzione delle sanzioni a seguito di mediazione o di conciliazione giudiziale (a seconda delle ipotesi, del 35%, del 40% o del 50%) sarà conteggiata non sull’irrogato ma sul minimo edittale, soluzione che in concreto può agevolare fortemente le finanze del contribuente e limitare la discrezionalità degli uffici sull’irrogazione delle sanzioni.
Nel caso di reclamo invece, qualora la pretesa venga ridimensionata ed il contribuente rinunci a depositare il ricorso/reclamo, è prevista per lo stesso la possibilità di definire l’atto con “acquiescenza processuale”, con conseguente riduzione delle sanzioni al terzo.
Interessante infine è il chiarimento relativo alla fase cautelare, che prima creava molti dubbi per i ricorrenti dopo il primo grado di giudizio perché è stato ufficialmente chiarito che la stessa vale ora anche per le fasi di gravame (in appello o in Cassazione, con ricorso, in quest’ultimo caso, presentato presso la Commissione Tributaria Regionale); anche in questi casi quindi, non vi è più alcun dubbio sul fatto che il contribuente possa chiedere la sospensione dell’atto impugnato – sempre che ne sussistano i presupposti di legge, cioè il danno grave ed irreparabile che può derivare dell’atto impugnato.
Relativamente al valore degli atti ai fini del reclamo/mediazione, viene confermata la soglia dei 20.000 euro, mentre sono soggetti interessati tutti gli enti impositori.