Ogni anno oltre un migliaio di frane colpiscono il territorio nazionale causando vittime e ingenti danni a centri abitati e a infrastrutture di comunicazione. I comuni con aree ad alta criticità idrogeologica sono 6.633, pari all’81,9% delle realtà italiane. Per quanto riguarda Roma l’ultima voragine, in ordine di tempo, si è aperta a marzo tra due auto in sosta, in circonvallazione Appia. Occorre a questo punto una riflessione attenta sul fatto che la capitale nel giro di dodici mesi sia passata da 21 a 43 sprofondamenti. E negli ultimi 8 anni il numero medio degli eventi in città è cresciuto considerevolmente: da 128 voragini (16 eventi ogni anno) a più di 720 (oltre 90 all’anno).
Da un calcolo fatto dall’Ispra, a Roma per sanare le otto aree più a rischio sono necessari 8 milioni di euro. Dati e cifre sono stati espressi in occasione della presentazione del I Rapporto su rischio alluvioni, frane e cavità sotterranee di Roma, nato dalla collaborazione tra l’Autorità di Distretto idrografico dell’Italia centrale, Italia Sicura e lo stesso Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Diverse le aree considerate vulnerabili, ma quelle maggiormente interessate dalla formazione di grandi voragini si concentrano nella porzione orientale della città. In particolare il Municipio V, il Municipio VII, il Municipio II (quartieri Tuscolano, Prenestino , Tiburtino), insieme al centro storico e le aree dell’Aventino del Palatino e dell’Esquilino rappresentano gli spazi più colpiti. Nella porzione occidentale di Roma, invece, il Municipio che conta più voragini è il XI, seguito dal Municipio XII (quartieri Portuense e Gianicolense).
La causa principale della formazione delle voragini capitoline è rappresentata dalla presenza di moltissime cavità sotterranee, che si concentrano per lo più nella porzione orientale della città, di origine antropica scavate a vario titolo, principalmente per l’estrazione dei materiali da costruzione. Questi vuoti costituiscono in molti casi una intricata rete di gallerie. Fino a oggi l’Ispra ha censito e mappato 32 chilometri quadrati di tunnel sotterranei che giacciono sotto il tessuto urbano, ma molte aree sono ancora sconosciute: manca all’appello, ad esempio, la grande Catacomba scomparsa di San Felice, sulla Via Portuense, che costituiva uno dei principali cimiteri della Roma cristiana del IV-V sec.
Per quanto riguarda i costi l’Ispra ha stimato che agli 8 milioni di euro necessari per la progettazione e la bonifica degli otto siti più a rischio vanno aggiunti 3 milioni (un milione di euro l’anno per almeno un triennio) al fine di completare il censimento e la mappatura delle zone con presenza di cavità sotterrane. Per la sicurezza sul tema il costo complessivo per la capitale ammonterebbe, quindi, a 11 milioni di euro.