L’ordinanza emessa dalla Sezione Seconda del Tar del Lazio n. 14156 del 16 dicembre 2015 ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all’art.23 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art.1 del decreto legge 24 gennaio 2015 n.4, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015 n. 34, nella parte in cui, alle lett. a) e b), ha previsto l’esenzione dall’IMU agricola per i terreni ubicati nei comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal caso, ove posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali) nell’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat.
In particolare, il TAR ha ritenuto come, in mancanza di parametri stabiliti dalla legge, l’attuale classificazione dei Comuni contenuta nell’elenco Istat sia frutto di una formazione discrezionale con possibile violazione dell’art.23 della Costituzione il quale, come noto, stabilisce espressamente che: “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge” e sulla base di ciò ha disposto la sospensione del giudizio, ordinando l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Nella vicenda in esame infatti, secondo il citato Giudice amministrativo, l’esenzione IMU discende da una classificazione del grado di “montanità“ dei Comuni contenuta in un atto amministrativo (l’elenco ISTAT) che non è stato predisposto nell’attuazione vincolata di criteri prefissati da una norma di legge, ma è frutto, “di discrezionalità dell’amministrazione che redige l’elenco o, eventualmente, di altra amministrazione che abbia il potere di incidere sui criteri di formazione dello stesso”.
Il TAR Lazio ha ritenuto infatti che, vista l’abrogazione dell’art.1 della legge n. 991 del 1952 che vincolava l’elenco formato dalla Commissione censuaria, i parametri per la formazione dell’elenco siano divenuti discrezionali e “…se l’Istat, o qualunque altra amministrazione che abbia il potere di incidere sulla formazione dell’elenco stesso, abbia deciso di mantenere la classificazione effettuata prima dalla Commissione censuaria e dopo dall’Uncem tale scelta deve considerarsi del tutto discrezionale e svincolato da un dettato legislativo non più esistente”.
Tali rilievi avranno anche incidenza nelle valutazioni di merito dell’elenco impugnato in quanto molti comuni che prima si consideravano montani si sono visti considerare non montani con conseguenti problemi di gettito, a causa dei nuovi parametri considerati nell’elenco. Come ha ritenuto il TAR infatti “l’ente territoriale, in astratto, avrebbe un evidente interesse ad ottenere un maggior gettito derivante dall’assoggettamento ad IMU di terreni agricoli in precedenza esclusi, sicché il reale interesse, come detto, sembra individuabile – sempre che effettivamente sia questa la posizione dei Comuni ricorrenti, vale a dire esentati con il precedente regime ed assoggettati in base al nuovo regime – nel mantenimento dello status quo ante, vale a dire nella conservazione dell’esenzione dall’imposta al fine di evitare i tagli al fondo di solidarietà comunale che l’estensione dell’imposta con il conseguente maggior gettito comporta”.
Quindi l’interesse degli enti locali non è quello di essere esclusi dall’elenco ma quello di esservi inclusi e non sono pochi i Comuni che anche tramite le proprie ANCI Regionali hanno adito il giudice Amministrativo anche evidenziando l’illegittima escussone di dall’elenco di comuni aventi le medesime caratteristiche di comuni che invece pur avendo le medesime caratteristiche vivi sono stati inclusi. Quindi l’ interesse degli enti locali di conservare “lo status quo ante”, mantenendo l’inserimento nell’elenco dei comuni esenti, si legittima e si spiega con il vantaggio di evitare di sostituire ad un’entrata certa, quale quella derivante dal finanziamento a carico del fondo di solidarietà comunale, un’entrata presunta e più difficile da realizzare immediatamente e per intero, oltre che più onerosa per i proprietari dei terreni agricoli stanziati sui territori comunali non più esentati dal pagamento dell’imposta, quale il gettito derivante dal pagamento dell’IMU agricola.
Già nella sentenza non definitiva depositata il 4 agosto 2015 la Sezione Seconda bis del TAR Lazio disponeva che “le amministrazioni resistenti depositassero entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione, se anteriore, della presente sentenza non definitiva una dettagliata relazione al fine di chiarire, a prescindere ed in aggiunta a quanto già rappresentato circa le pregresse competenze della Commissione censuaria centrale e dell’UNCEM, quali sono stati in concreto i criteri in base ai quali la classificazione è stata effettuata e, quindi, è stato predisposto l’impugnato elenco dei comuni italiani, con particolare riferimento alla classificazione dei Comuni ricorrenti”.
Va infatti ricordato come la materia in questione sia da tempo oggetto di giudizio del TAR Lazio in quanto, avendo il legislatore nella legge di stabilità 2015 al comma 692 art. 1 previsto il posticipo dei termini per il versamento dell’IMU 2014 sui terreni agricoli (ex montani) non più oggetto di esenzione sulla base dei nuovi criteri di cui al D.M. 28 novembre 2014 sospendeva il citato decreto interministeriale del 28 novembre 2014 con decreto 22 dicembre 2014 del TAR del Lazio, a seguito del ricorso proposto da alcune ANCI regionali, fino al 21 gennaio 2015, data in cui era stata fissata la trattazione collegiale sull’istanza di sospensione. In tale udienza il TAR accoglieva la tesi dell’Avvocatura dello Stato secondo la quale la sospensione del pagamento fissata per il 26 gennaio 2015 avrebbe comportato lo sforamento del Patto di Stabilità che quindi veniva stata revocata.
È ora auspicio che il giudizio di legittimità della Suprema corte faccia la necessaria chiarezza.