Come noto, dal 1° gennaio prossimo, tutti i ricorsi in Commissione Tributaria, per atti tributari di valore inferiore ai ventimila euro ed emessi dai Comuni, saranno automaticamente considerati anche “reclami” (dato che per i tributi locali, Avvisi di Accertamento per somme superiori a ventimila euro sono un caso eccezionale, si può tranquillamente assumere che il novanta per cento dei ricorsi per questi tributi saranno sottoposti alla nuova procedura).
Ciò vuol dire che, prima di passare allo scrutinio del giudice, il medesimo Ente che ha emesso l’atto tributario potrà riesaminare il proprio comportamento, in sede amministrativa.
In realtà il procedimento era già in uso per gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate, quindi non è proprio una novità. Dal 2016, la sua operatività sarà estesa a tutti gli Enti impositori e per tutti i tipi di atti.
Una volta notificato il ricorso inizierà un periodo di novanta giorni in cui l’Ente avrà la possibilità di esaminare il gravame e giudicarne la fondatezza.
Nel reclamo il ricorrente può “proporre una mediazione”, cioè un’ipotesi di accordo, che può riguardare tutti gli aspetti dell’atto.
L’Ente potrà a sua volta accettare la proposta mediazione del ricorrente, proporne una propria, oppure, respingere il reclamo, ed in questi ultimi casi il ricorrente potrà, entro trenta giorni dalla scadenza dei novanta giorni di reclamo, incardinare il ricorso innanzi alla Commissione Tributaria competente.
Durante i novanta giorni sono sospese le attività di esecuzione e se il ricorso venisse depositato in CT prima del loro scadere, il Presidente della Commissione dovrà sospendere il giudizio.
Molti potrebbero vedere in questa procedura un appesantimento degli adempimenti, in realtà si tratta di una grande opportunità di evitare contenziosi defatiganti sia per l’Ente sia per il Contribuente.
Infatti, l’Ente potrà porre rimedio a propri errori, al di là di quanto già consentito con gli strumenti dell’Autotutela e dell’Accertamento con adesione, il contribuente potrà, se convinto dalle argomentazioni dell’Ente soprassedere ad un contenzioso con poche possibilità di vittoria.
Si deve, infatti, osservare che l’Atto di diniego, totale o parziale, del reclamo, altro non sarà che l’atto di costituzione in giudizio dell’Ente, che comunque deve essere fatto. Quindi l’Ufficio si limiterà ad anticipare, nei fatti, la disamina della questione e le controdeduzioni ad una fase pre-giurisdizionale.
L’Ente dovrà giudicare del “reclamo-mediazione” avendo riguardo a tre criteri:
incertezza delle questioni controverse (valutando i presupposti di diritto);
grado di sostenibilità della pretesa (valutando i presupposti di fatto e l’affidabilità della “prova”);
economicità dell’azione amministrativa (valutando non solo le spese del contenzioso ma anche le eventuali spese di soccombenza e l’ottimizzazione/semplificazione dei procedimenti).
Ognuno di questi criteri merita un attendo approfondimento che sarà oggetto di ulteriori interventi.
Giova, infine, osservare che, ai sensi del combinato disposto dell’Art. 39, c. 10, D.L. 98/2011 e dell’Art. 29, c. 7, D.L. 78/2010, chie interviene nelle decisioni riguardanti atti conciliativi, accertamenti con adesione e, ora, mediazione incorrono nella responsabilità contabile-amministrativa solo se hanno agito con dolo.
Il reclamo-mediazione è quindi un’ulteriore opportunità di evitare litigiosità esasperate con il cittadino-contribuente, senza abbattere gettiti quanto mai importanti in questa fase di stretta per gli Enti Locali.
Come commento di “prima mano” alla novella riguardante “reclamo e mediazione” ci è sembrata opportuna una sintesi dialettico-operativa sui pregi dell’Istituto per gli Enti Locali.
In collaborazione con Finanza Territoriale