L’Italia, pur presentando nel 2016 un’elevata incidenza della spesa pubblica sul PIL (49,6%), destina agli investimenti una parte molto modesta delle risorse pubbliche (2,1%, vs il 2,9% del 1999).
Il fabbisogno di investimenti (specialmente quelli infrastrutturali) viene quindi finanziato in un contesto di risorse scarse, e spesso circoscritte da vincoli di bilancio che bloccano la spesa per la parte pubblica.
Non stupisce pertanto che il mercato del Partenariato Pubblico Privato (PPP) negli ultimi quindici anni sia letteralmente esploso, passando da poco più di 300 bandi nel 2002 agli oltre 3.000 nel 2016, muovendo una mole di risorse dal 2002 al 2016 di 88 miliardi di euro, il 22% del valore delle gare per opere pubbliche bandite nello stesso arco temporale[1].
Il PPP si configura come un’opportunità di incontro tra interessi e risorse di soggetti pubblici e privati, che insieme amplificano le potenzialità di investimento, incentivano la qualità progettuale e facilitano l’individuazione delle opere prioritarie per cittadini e territori.
In tale scenario è significativo il coinvolgimento delle amministrazioni comunali: tra il 2002 ed il 2016 sono proprio i comuni i primi committenti di bandi PPP (circa l’80% dei bandi è in capo a loro per un importo complessivo pari a più di 33 miliardi di euro, il 37% dell’intero mercato), che concentrano le risorse prevalentemente nel settore energia/telecomunicazioni ed in quello dei trasporti. Grazie al PPP, attualmente i comuni riescono ad alimentare un quarto delle proprie opere pubbliche, andando a “coprire” il 66% del valore di quest’ultime.
Nonostante gli sforzi massicci da parte dei comuni di ricorrere al mercato del PPP si evidenziano alcune criticità. Innanzitutto le tempistiche affinché una gara PPP venga aggiudicata: sicuramente sono stati fatti passi avanti (si è passati da una media di 214 giorni nel periodo 2002-2007 a 128 giorni nel 2012-2016), ma per i PPP superiori ai 5 milioni di euro si rimane ancora ben sopra ai 200 giorni in media. In secondo luogo le carenze di qualità tecnico-progettuale da parte delle stazioni appaltanti: tra il 2002 e il 2016, a fronte di 26.599 procedure di PPP con comuni committenti, il 13% riguarda “procedimenti interrotti” (bandi annullati, gare deserte e non aggiudicate e aggiudicazioni revocate). Infine bisogna ricordare che dopo l’aggiudicazione entrano in gioco altre fasi operative che rendono più complesso il quadro, come il ricorso al contenzioso, la stipula del contratto, il raggiungimento del closing finanziario, l’esecuzione dei lavori, la gestione.
[1] Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale e Cresme Europa Servizi su dati infoppp.it, anni vari.