La controversia in questione era relativa all’impugnazione di un avviso di accertamento ai fini ICI in relazione al quale veniva escluso il diritto all’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lettera i), d.lgs, n. 504 del 1992, per la mancata utilizzazione nell’annualità oggetto dell’accertamento di un immobile appartenente all’ente religioso, il quale, opponendosi, eccepiva che l’esenzione spettasse anche in difetto di un effettivo utilizzo del bene, sostenendo altresì che un utilizzo vi fosse comunque stato, offrendo documentazione a riprova.
La Commissione di primo grado rigettava il ricorso ritenendo che il mancato utilizzo escludesse l’esenzione e che in ogni caso la documentazione offerta non avesse il necessario valore probante. La decisione era confermata in appello, avverso la quale l’ente religioso proponeva ricorso per cassazione. L’ente religioso contestava che il supposto mancato utilizzo dell’immobile possa escludere il diritto all’esenzione in contrasto con la previsione di cui all’art. 7, comma 1, lettera i), d.lgs. n. 504 del 1992 .
La Cassazione, con la sentenza n. 20516, pubblicata il 12 0tt0bre 2016, ha ricordato che può dirsi ormai consolidato nella giurisprudenza della Corte l’orientamento che vede il riconoscimento del diritto all’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lettera i), d.lgs. n. 504 del 1992 condizionato alla verifica di due requisiti che debbono necessariamente coesistere:
– un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento delle attività previste come esenti dalla norma da parte di un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 87, comma primo, lett. c), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 rinvia);
– un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile delle predette attività, il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando rigorosamente (e seguendo ove occorra le indicazioni della circolare ministeriale n. 2/DF del 2009) che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale (v. tra le più recenti, Cass. n. 14226 del 2015; 13970 del 2016).
Non contraddice siffatto orientamento la sentenza n. 9948 del 2008 della Corte che considera irrilevante il non utilizzo dell’immobile ai fini della spettanza del diritto all’esenzione.
La Corte, nella richiamata sentenza, ha affermato il seguente principio:
«l’esenzione dell’Imposta prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, spetta anche nel caso in cui la relazione tra l’immobile ed il soggetto passivo del tributo sia di detenzione e non di possesso, con la conseguenza che il soggetto no profit ha diritto all’esenzione prevista dall’articolo richiamato anche se il terreno non è stato effettivamente utilizzato (perché nella specie inagibile), purché sia stato nella sua disponibilità», La ratio della decisione è espressa nelle conclusioni della citata sentenza, laddove, a seguito di una lettura integrata dei commi 1 (in particolare lettera i) e 2 dell’art. 7, d.lgs. n. 504 del 1992, si stabilisce che «l’esenzione non spetta qualora l’immobile perda il carattere di strumentalità all’esercizio delle attività considerate oppure esca dalla sfera di disponibilità del soggetto non profit»: è su questa base, e in difetto di un accertamento di fatto che autorizzi una diversa opinione, che la Corte ritiene corretta l’interpretazione secondo la quale ai fini dell’esenzione «debba (comunque) prevalere la destinazione, restando irrilevante l’eventuale impossibilità temporanea di utilizzo effettivo».
Ciò significa che il mancato utilizzo effettivo dell’immobile, per essere irrilevante ai fini del riconoscimento dell’esenzione di cui si discute, deve avere una “causa” che ne escluda il possibile significato che sia cessata la strumentalità del bene all’esercizio delle attività protette: il giudice di merito, nel caso qui in esame, ha del tutto omesso questo accertamento, manifestando la convinzione che il mancato utilizzo determini di per sé, astrattamente considerato e indipendentemente dalle ragioni che possano averlo provocato, un conseguente mancato riconoscimento dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lettera S), d.lgs. n. 504 del 1992.
Invece, pur essendo vero che la “destinazione” dell’immobile, per “prevalere” ai fini del riconoscimento dell’esenzione, non può essere una destinazione che resti concretamente inattuata, è altrettanto vero che non ogni mancato utilizzo sia capace di escludere il diritto al trattamento agevolato, ma solo quello che sia indizio di un mutamento della destinazione o della cessazione della strumentalità del bene. Nel caso di specie il giudice di merito, prescindendo come si è detto da un doveroso accertamento sulle ragioni effettive dell’affermato “mancato utilizzo” dell’immobile, finisce per riconoscere che, invece, nell’annualità di riferimento, un utilizzo del bene vi sia effettivamente stato, escludendo, tuttavia, che lo stesso potesse ritenersi significativo «rispetto alla dimensione e capienza dell’immobile». In tal modo il giudice di merito ha introdotto, come elemento discriminante ai fini del riconoscimento dell’esenzione, un “concetto quantitativo di utilizzo”, che appare estraneo al contenuto normativo della norma agevolatrice, senza peraltro offrine una motivazione convincente e capace di ovviare alla possibile arbitrarietà di una definizione dei confini di adeguatezza dell’effettività dell’utilizzo dell’immobile affidata al giudice al di fuori di una predeterminata regola di legge.