La politica di coesione – espressione di solidarietà e strumento di sviluppo – rappresenta una parte molto consistente del bilancio dell’Unione europea. Per il periodo 2007-2014, lo sviluppo locale è stato promosso attraverso due modelli di programmazione su scala locale tra loro concorrenti: l’approccio (dal basso) di LEADER, acronimo dal francese di Liason entre actions de développement de l’économie rurale (Collegamento tra azioni volte allo sviluppo dell’economia rurale); la Progettazione integrale territoriale (PIT). LEADER è finalizzato a promuovere lo sviluppo integrato, endogeno e sostenibile delle aree rurali. La creazione di un partenariato locale – conosciuto come un ‘Gruppo di Azione Locale ‘ (GAL) – è una caratteristica originale e importante dell’approccio (dal basso) LEADER. Il GAL ha il compito di individuare e attuare una strategia di sviluppo locale, prendere le decisioni circa l’assegnazione delle risorse finanziarie e la loro gestione. L’approccio bottom-up significa che gli attori locali partecipino al processo decisionale circa la strategia e nella selezione delle priorità da perseguire nella loro zona. L’esperienza ha dimostrato che l’approccio bottom – up non deve essere considerato come alternativa (o contrapposizione) agli approcci topdown delle autorità nazionali e / o regionali, ma piuttosto come strumento di interazione con essi, al fine di ottenere risultati complessivi migliori. In Italia, con la Programmazione 2014-20, lo “sviluppo locale di tipo partecipativo” continua a essere programmato e attuato dai GAL (Gruppi di azione locale) per il settore rurale, e dai GAC (Gruppi di azione costiera) per il settore marittimo e della pesca: i progetti da loro presentati si chiamano Piani di sviluppo locale. Ma la continuità tra vecchia (LEADER 2007-2013) e la nuova programmazione (2014-2020) – con lo stesso Gruppo – non è scontata. Nelle Regioni è quindi diventata possibile una concorrenza tra partenariati vecchi e nuovi. Per LEADER – nella precedente programmazione – il Lazio ha stanziato circa il 5,5% (39 milioni su 700 milioni) delle risorse del PSR (Programma di sviluppo regionale) finanziando 8 GAL: tre GAL (GAL Ernici Simbruini, GAL Tuscia Romana e Gal Versante Laziale del Parco Nazionale d’Abruzzo) hanno orientato la strategia di sviluppo locale sul tema prioritario del Turismo rurale. Cinque GAL (GAL Castelli Romani e Monti Prenestini- GAL Etrusco Cimino – GAL In Teverina – GAL Sabino – GAL TERRE Pontine) hanno basato la loro strategia di sviluppo locale sul tema prioritario della Qualità dell’offerta alimentare e territoriale.
L’Architetto Loreto Policella – Presidente del GAL Versante Laziale del Parco nazionale d’Abruzzo – è il coordinatore dei GAL Lazio. Gli abbiano rivolto qualche domanda.
Architetto Policella, quanti GAL esistono in Europa, in Italia, e nel Lazio? C’è una qualche forma di cooperazione, e collegamento, fra di loro?
Nella precedente programmazione (2007-2013) i Gal del Lazio – finanziati – sono stati 8, mentre ne sono previsti 12 per la nuova programmazione 2014-2020. In Italia nel 2007-2013 hanno operato 800 GAL mentre, nelle regioni dei Paesi membri d’Europa, sono stati gestiti 2.200 Gruppi di Azione Locale. La “cooperazione” – unitamente all’approccio dal basso e all’innovazione – è stata una delle parole chiave del programma LEADER. E resta una grande opportunità per i territori rurali, sia per costruire reti, sia per lo scambio di buone pratiche. I Gal del Lazio hanno attivato Progetti di cooperazione già nella prima Programmazione LEADER (94-99) realizzando Progetti di cooperazione interterritoriale con altre nazioni europee (Germania, Francia, Spagna, Belgio), mentre nelle Programmazioni successive, come Gal laziali, abbiamo scelto di costruire Progetti interregionali per rafforzare i rapporti fra i Gal del Lazio e, di conseguenza, la visibilità, per i territori del Lazio “oltre Roma”. Nella programmazione che verrà, la “cooperazione” dovrà trasformarsi dalla “conoscenza-scambio di buone pratiche” alla costruzione effettiva di Progetti comuni fra attori diversi (imprese, associazioni, ecc.), con un ruolo molto importante per gli Enti pubblici. Da non sottovalutare inoltre la Rete istituzionale europea (ENRD) e la Rete nazionale che rappresentano la possibilità di aggiornarsi e d’informarsi costantemente sia on line, sia grazie alle giornate formative e agli incontri che si tengono a Bruxelles, e in altri Paesi europei.
GAL-Lazio: cambia qualcosa per loro, con la programmazione 2014-2020 (e la recente riforma della Politica agricola comune)?
Per corrispondere alle richieste di sviluppo locale, – ai GAL e ai territori – la nuova Programmazione pone sfide più ambiziose, come la costruzione effettiva di Progetti Comuni fra attori diversi (imprese, associazioni, ecc.) e il ruolo importante degli Enti pubblici per la costruzione di partenariati stabili che dovranno imparare davvero a lavorare insieme, ad esempio attraverso: la costituzione e gestione di “Gruppi Operativi per l’Innovazione Europea”: un nuovo strumento per la diffusione delle innovazioni nel settore agroalimentare e forestale che ha l’obiettivo di individuare, nei territori dei Gal, soluzioni a specifici problemi. Nel Gruppo Operativo (G.O.) gli attori della filiera dell’innovazione (le imprese agricole, forestali, agroalimentari, i centri di ricerca e le università, le organizzazioni di consulenza, ecc.) agiscono insieme con l’obiettivo di introdurre una o più innovazioni in un dato contesto, coinvolgendo anche altre imprese del territorio con attività di consulenza e divulgazione. Nel Piano di sviluppo regionale (PSR) – Lazio 2014-2020, i G.O. hanno una dotazione finanziaria dell’1,5% (11,7 milioni di euro sui 780 milioni di euro totali); le “Filiere organizzate” – agroalimentari, turistiche, culturali – che non sono solo tematiche ma consentiranno di realizzare Progetti Comuni, frutto di Partenariati rappresentativi e coesi;
lo sviluppo dell’”Agricoltura sociale” che, per le aziende agricole, potrà rappresentare non solo un settore importante, sia di innovazione e crescita di competenze, sia di sostegno al reddito; ma anche una fonte di Progetti (riguardanti l’agricoltura sociale) che potranno essere promossi e realizzati da Partenariati tra soggetti pubblici e privati, nei quali l’ente pubblico dovrà assumere la funzione di capofila. Le attività previste si realizzeranno all’interno dell’azienda agricola e potranno riguardare la riabilitazione e la cura con un fine principalmente socio-terapeutico, l’inserimento lavorativo di soggetti con disabilità, attività ricreative per anziani e bambini, attività didattiche in campo agricolo ed ambientale per i cittadini, e l’erogazione di servizi alla persona in generale.
GAL-LAZIO: che bilancio trarre della loro attività? Ci sono delle buone pratiche da poter segnalare a livello UE?
I territori rurali, (dove prevalentemente operano i Gal) non comprendono solo aree a vocazione agricola e/o forestale, ma sono territori spesso connotati da una grande complessità di funzioni (residenziali, artigianali, turistiche, ambientali ecc.) in genere sovrapposte e compresenti su aree con originaria e prevalente vocazione agricola e forestale. Gli ambiti di intervento dei Gal europei sono caratterizzati, oltre che da una storia e da una cultura europea fondata su radici comuni, da aspetti e specificità economiche, culturali, territoriali, storiche anche molto diverse tra loro; questa è una ricchezza e per lo sviluppo locale è una opportunità. L”attività dei Gal – che si è perciò incentrata sul concetto di “sviluppo locale” – tende a interpretare la suddetta complessità senza abbandonare anzi recuperando gli elementi della identità territoriale. Di conseguenza per trarre un bilancio dell’attività dei Gal, e lo sviluppo locale da loro generato, occorre giudicare il loro operato e i loro progetti per la capacità dimostrata di coglierli alla scala adeguata, con il giusto partenariato, con le metodiche più adatte ecc. cioè pertinenti alla loro soluzione; solo questo genera buona occupazione e rispetto dell’ambiente e del paesaggio. Per questo occorre “l’orgoglio del ciabattino”, anziché adattare il piede alla scarpa, avere la capacità di forgiare una scarpa adatta al nostro piede. Nella regione Lazio, solo per fare un esempio, segnalo il Progetto di cooperazione interterritoriale di 5 GAL del Lazio dal titolo: “Lazio di qualità oltre Roma” un progetto esemplificativo di questo metodo, che è andato esattamente in questa direzione e che ha visto collaborare la Regione Lazio e i Gal nel selezionare, promuovere e rendere – unitariamente – commercializzabili tutte le migliori produzioni agroalimentari di qualità e certificate del Lazio con un comune brand ed una organizzazione comune. Tutto il prossimo Piano di sviluppo regionale (PSR) – come ho già detto – è fortemente indirizzato nella direzione della cooperazione, e cioè di far corrispondere il partenariato e le reti alla scala dimensionale, alle caratteristiche tematiche alla natura dei problemi dello sviluppo locale attraverso: Gruppi Operativi per l’Innovazione Europea; filiere organizzate; progetti riguardanti l’agricoltura sociale.
Ritiene che ci debba essere una qualche forma di comunicazione e di integrazione (delle iniziative programmatiche) tra GAL e GAC (macroaree rurali e marittime e di pesca) di uno stesso territorio, magari nello stesso Comune o a poche centinaia di metri l’una dall’altra – come suggerisce la Commissione europea, sulla scorta delle Best Practise di Paesi del nord europea come la Finlandia? In Italia, solo poche realtà hanno un buon grado d’integrazione: ad esempio, in Puglia (GAL Ponte Lama e GAC Terre di mare).
Certamente sì, perché le problematiche e le opportunità dei territori rurali montani non sono dissimili da quelli delle coste, quando queste sono gestite in modo sostenibile. Per gli aspetti più produttivi, pescatori e agricoltori pongono alla nostra attenzione questioni simili: la qualità dei loro prodotti strettamente connessa alla qualità ambientale degli ecosistemi, la filiera corta e le opportunità di vendita diretta che garantisce maggiori risorse alla produzione rispetto alla distribuzione ecc. Per le questioni inerenti il turismo, un dialogo fra la costa e le aree rurali più interne sarebbe certamente molto vantaggioso per costruire offerte integrate.
Oltre che Coordinatore dei GAL Lazio, lei è anche Presidente del GAL Versante Laziale del Parco nazionale d’Abruzzo (costituito nel 1994) cui spetta il compito di dare attuazione al Piano di sviluppo locale, approvato dalla regione Lazio. Quali sono le sue principali linee d’intervento?
Il Piano di Sviluppo Locale, inviato alla Regione Lazio il 30 maggio 2016, e attualmente in fase di valutazione, – denominato “Terre di Comino: reti intelligenti, sostenibili, inclusive” – è stato costruito attraverso una fase reale di ascolto del territorio e degli stakeholders. Da ottobre 2015 a maggio 2016 abbiamo organizzato 46 incontri con Forum, luoghi di ascolto e Tavoli di Lavoro Tematici (spazi permanenti e itineranti di confronto – strategico e operativo – strumenti essenziali per lavorare insieme, per far crescere il territorio). Sono state inoltre realizzate interviste agli stakeholders e giornate di incontro “speciali” (es. presso l’Azienda Agricola dell’Abbazia di Casamari o con gli studenti delle scuole superiori settoriali del turismo o i periti agrotecnici), uno “Sportello informativo one to on” aperto presso la sede del Gal che ha raccolto circa 300 schede progetto di imprese. La promozione della fase di “animazione” per la costruzione partecipata del Piano di Sviluppo Locale (PSL) è avvenuta attraverso il sito, (www.galverla.eu), l’APPGALVERLA che raggiunge circa 1000 abitanti, i social network, nonché giornali e TV locali con le quali sono stati trasmessi gli incontri di approfondimento. Abbiamo incontrato e ascoltato 1.743 abitanti (circa il 20% professionisti, il 13% disoccupati, il 12% del settore agricolo e agroalimentare, l’8% del settore culturale …) che hanno ci hanno aiutato ad effettuare, in questo PSL, trattandosi della quarta programmazione quinquennale, scelte piuttosto coraggiose ed ambiziose. Il Piano di Sviluppo Locale (PSL) si propone di costruire una “comunità intelligente” attraverso:
§ la rete sinergica di interventi di promozione – marketing di un territorio integrato (strutture museali, fattorie sociali, centri visita, proposte di eventi, articolazione filiera turistica, guide –interpreti del patrimonio, conoscenza delle lingue straniere, utilizzo fonti energie rinnovabili, nuovi sport, chilometro zero, valorizzazione energie dei giovani e degli artisti ecc.)
§ il sostegno a filiere organizzate e reti agroalimentari e turistiche e del benessere, sostegno alle opportunità di vendita diretta e mercati locali anche incentivando la costruzione e la gestione di partenariati fra soggetti pubblici e privati
§ la costruzione di poli e reti di agricoltura sociale per servizi ludico sportivi, ricreativi, del benessere e per la cura delle persone
§ la strutturazione di una maggiore accessibilità dei “siti” con progetti collettivi per produrre economia di scala (musei, itinerari tematici, laboratori ed eventi d’arte ecc.)
§ l’incremento e il monitoraggio dell’utilizzo del Marchio delle 4 E come strumento di qualificazione dell’offerta turistica e dei servizi del territorio
§ la costruzione di una rete dei “Beni Comuni” e della Sharing economy con censimento, piattaforma e APP dei “Beni Comuni”, esperienze di co-working, Banca georeferenziata delle professioni (lavori agricoli, solidali di compagnia, manutenzione domestica, lotta alla povertà e alla solitudine ecc.) e Gruppi di Acquisto Solidali
§ l’incremento della coesione locale massimizzando la vicinanza fisica dei Comuni attraverso la consapevolezza del valore della complementarietà anche con una mobilità facilitata da mezzi pubblici sostenibili e innovative opportunità di Car Sharing tipo BlaBlacar;
§ l’incremento della fruibilità e della qualità dei servizi alle popolazioni rurali come risultato di una maggiore consapevolezza di diritti e dei bisogni (non indotti) delle comunità locali (es. Centro Servizi con teleassistenza, telecompagnia, telefarmaco, portale web, domotica e accessibilità ecc.)
§ un maggior impulso alla costruzione di “luoghi di comunità” per la attivazione del lavoro (job-nursing) fondate sulla capacità di fare rete e sistema
Sono stati scelti ambiti tematici coerenti con i fabbisogni emergenti (1. Sviluppo e innovazione delle filiere e dei sistemi produttivi locali; 2. Turismo sostenibile; 3. Accesso ai servizi pubblici essenziali). Sono state assegnate risorse: il 68,87% del totale spesa pubblica per beneficiari Enti Pubblici e Privati, a operazione per progetti collettivi (Misura 19.2- 7.4, 7.5, 7.7) per filiera turistica, la rete museale, i servizi alle popolazioni rurali, la realizzazione di aree mercatali a km zero; il 14,49% delle risorse del piano finanziario sono state assegnate ad interventi di agricoltura sociale (Misura 19.2 – 6.4 per aziende agricole e imprese sociali, mentre 13,28% del totale spesa pubblica sono state previste per operazione a sostegno alla cooperazione e per il funzionamento dei progetti colletti, lo sviluppo di reti e filiere corte agroalimentari e turistiche (Mis. 19.2- 16.4, 16.9, 16.10). Per attività dimostrative, di sensibilizzazione e animazione territoriale di (Misura 19.2. 1.2, 9.4.b) è stato previsto il 3.36% del totale della spesa pubblica (azioni di sensibilizzazione operatori e amministratori e attività di animazione territoriale). Credo che le nostre comunità abbiano davanti sfide importanti: fermare lo svuotamento dei piccoli paesi diventando – da luoghi marginali e arretrati – realtà centrali nella sperimentazione di modalità nuove di vivere, realtà accoglienti e attrezzate rispetto alle sfide che la modernità ci pone.
Il GAL che lei presiede mira, tra l’altro, a creare una rete tra i soggetti interessati alla realizzazione del “Marchio delle 4 E”, basato su Eco-compatibilità, Efficacia turistica, Eticità e Efficienza aziendale. In quale delle 4 E, sono stati raggiunti i migliori risultati?
Il nostro territorio ha operato una scelta decisa verso la qualità, promuovendo e proteggendo attraverso strumenti avanzati e innovativi. Il marchio delle 4e è lo strumento che abbiamo scelto per legare lo sviluppo locale alla qualità delle produzioni agroalimentari, dell’ambiente, del paesaggio ed al rispetto dell’identità culturale. Le aziende che aderiscono attualmente al marchio volontario delle 4 E sono circa 100 e sono state inizialmente per lo più strutture turistiche ricettive (alberghi, agriturismo, B&B), agroalimentari (laboratori di trasformazione di prodotti sia artigianali sia aziende agricole) mentre successivamente hanno fatto richiesta di adesione anche soggetti che erogano servizi (da quelli ricreativi a quelli sportivi, dai musei ai centri di alle associazioni che organizzano eventi culturali). Per le progettualità che hanno previsto interventi strutturali il segmento che ha raggiunto risultati migliori sono quelli connessi all’eco-compatibilità (impianti di energia rinnovabile, utilizzo dei prodotti a Km zero) e alla efficacia turistica con i primi tentativi di costruzioni di reti fra attori (es. associazione BtoB con la rete dei B&B). E’ molto importante per il marchio la trasformazione della fase sperimentale a quella ordinaria ma occorrerebbero risorse maggiori (sia umane sia economiche) e la strutturazione di un soggetto indipendente per la verifica e la certificazione.
Nel GAL che lei presiede, si può dire che c’è una dimensione europea e/o internazionale? Se sì, in cosa consiste?
La globalizzazione mondiale richiede che lo “sviluppo locale” non sia astratto dalle dinamiche in atto. L’Europa (e le sue direttive) è per i GAL la garanzia che gli indirizzi generali siano effettivamente espressioni di scelte operate alla luce di queste dinamiche. La dimensione europea dei GAL è poi intrinseca nel fatto stesso che il Leader nasce come P.I.C. LEADER (cioè Programma di Iniziativa Comunitaria) e che tutti i GAL europei sono parte di una rete strutturata (European Network for Rural Devolopment) che scambia esperienze e buone pratiche, propone – con le risorse che eroga alle imprese – una idea di Europa vicina alle persone e alle loro esigenze. Proprio nell’attuale fase di fragilità che l’Europa sta vivendo, con le diversità che emergono sulle politiche di gestione dei migranti, con i muri che alcune nazioni stanno costruendo, con i risultati del referendum di questi giorni della Svizzera e le questioni emerse con la Brexit, io credo che la rete costruita in questi decenni dalle aree rurali europee possano essere anche un modello diverso di cui l’Europa ha bisogno. Sulla dimensione internazionale penso invece ai rapporti già strutturati con le nostre comunità di emigranti sia in Europa (Belgio, Irlanda, Francia..) sia in America (USA, Canada e Sud America) con le quali sono già attivi scambi per acquisto di prodotti tipici o le visite studio di studenti per l’approfondimento della lingua italiana piuttosto l’archeologia o l’architettura. Forse per il futuro opportunità si potranno creare anche con le comunità dei migranti che sono già cittadini attivi nei nostri comuni (dagli albanesi ai rumeni, dai nord africani agli asiatici.