Fra i molteplici problemi che affliggono il Belpaese, si insinua anche il “dramma” dei piccoli Comuni che potrebbero sparire. La lista e lunga e fa tremare i polsi ai rispettivi Sindaci: paesini sperduti sui monti, micro municipi del Mezzogiorno abitati soltanto da anziani, ecc. Tutte località candidate a divenire città fantasma. La causa principale di questa probabile dipartita, il progressivo spopolamento determinato dalla carenza di lavoro e di servizi. L’allarme è stato lanciato da un dossier di Legambiente che fornisce i dati del fenomeno: l’85% dei Comuni (6875) ha meno di 10 mila abitanti; 5627 di questi enti non raggiungono i 5 mila residenti; ben 3532 (vale a dire il 43,8% del totale) restano sotto i 2 mila. L’indagine evidenzia, però, che l’Italia non conta un numero di municipi superiore al resto d’Europa. A fronte dei nostri 8 mila enti (circa uno ogni 7500 abitanti circa), in Germania ci sono 11.334 gemeinden (uno ogni 7213); nel Regno Unito 9434 wards (uno ogni 6618); in Francia 36.680 communes (uno ogni 1774) e in Spagna 8116 municipios (uno ogni 5687), mentre la media dell’Ue è di un ente ogni 4132 abitanti. il dossier di Legambiente, presentato ieri a Roma con l’Anci, fotografa il calo di popolazione e le caratteristiche di quello che viene definito il «disagio insediativo» dei piccoli Comuni. Non è un pericolo marginale: nei 2430 Comuni a rischio sopravvivenza risiedono quasi 3 milioni e mezzo di italiani, il 5,8% della popolazione. Ma in 25 anni i Paesi sotto i 5 mila residenti hanno perso 675 mila abitanti. Un calo del 6,3%, mentre nello stesso periodo la popolazione italiana cresceva del +7%, con oltre 4 milioni di cittadini in più rispetto al 1991. La differenza demografica netta è quindi del 13%. Significa che in un quarto di secolo una persona su sette se n’è andata dai piccoli Comuni. La densità è scesa a 36 persone per chilometro quadrato: 13 volte in meno rispetto agli insediamenti con oltre 5 mila abitanti. In quest’Italia in miniatura, dall’anima rurale, gli over 65 sono aumentati dell’83% a fronte degli under 14. Dalla sostanziale parità si è passati a oltre due anziani per ogni giovanissimo. I piccoli Comuni, non sono disertati soltanto dai giovani, ma risultano poco attraenti persino per la popolazione che arriva dall’estero. Dato ribadito dal deficit di imprese straniere, il 2 5,6% in meno della media. Il pericolo è che i borghi siano destinati a diventare i paesi fantasma del terzo millennio. Già oggi le abitazioni vuote sfiorano i 2 milioni (mentre sono 4 milioni e 345 mila quelle occupate): vale a dire una su tre. E finora nemmeno il turismo ha salvato il patrimonio dei mini-Comuni, dove la capacità ricettiva è cresciuta meno della metà di quella urbana. Il rilancio dei «piccoli» è al centro di “Voler bene all’Italia”, la festa dei borghi promossa da Legambiente dal 2 al 5 giugno. Per Rossella Muroni, presidente dell’associazione, «è indispensabile puntare sulla semplificazione amministrativa, mantenere presidi come scuole, servizi postali e ospedali e garantire risorse per la valorizzazione come prevede il ddl in discussione alla Camera”. “Anche perché una politica che dimentica i piccoli Comuni – incalza Massimo Castelli, coordinatore dell’Anci – non fa l’interesse del Paese”. L’altra faccia di questo quadro a tinte fosche è la corsa alle fusioni per razionalizzare spese e gestioni dei servizi. Il primo gennaio 2016 sono spariti 40 Comuni. E non finisce qui. Il Governo spinge sull’acceleratore confermamdo il contributo straordinario pari al 40% dei trasferimenti erariali dell’anno 2010 per chi si fonde. Altri sette progetti di accorpamento hanno già ottenuto il via libera dei cittadini tramite referendum.