L’Italia è un Paese dai processi lenti e gli sprechi nella Pubblica Amministrazione non mancano, a certificarlo è uno studio condotto da due economisti della Banca d’Italia, che hanno rilevato “squilibri” nella mappa dei dipendenti pubblici, con uffici, soprattutto al Centro-Sud, dove per ottenere gli stessi risultati si impiegano più risorse di personale. Sacche di improduttività che non riescono a essere aggredite: la mobilità, la possibilità di trasferire i travet dove ce ne è bisogno, ancora incontra troppi ostacoli, denunciano i ricercatori di via Nazionale in una pubblicazione, uscita in settimana, e dedicata alla “distribuzione dei dipendenti pubblici in Italia”.
I due autori – Francesco D’Amuri e Cristina Giorgiantonio, economisti della Banca d’Italia – in poche pagine dense sintetizzano il loro lavoro. Come ci aspettavamo “la distribuzione geografica dei dipendenti pubblici risente di asimmetrie a livello geografico”. Ne deriva una “maggiore concentrazione di lavoratori nel Centro-Sud”.
Da un approfondimento sui servizi anagrafici dei Comuni emerge “l’esistenza di scostamenti significativi dalla relazione media tra input – ore lavorate – e output – servizi erogati – con dotazioni di personale maggiori nel Centro-Sud e dove il livello di disoccupazione è più elevato”. Tanto che se la fascia dei Municipi appartenente al 25% di quelli meno efficienti contesse il divario di produttività, riagganciando i livelli degli altri, “si verificherebbe una riduzione delle ore lavorate totali pari al 7,6% (33% nei Comuni interessati)”. Quindi “una corretta riallocazione” permetterebbe “guadagni di efficienza”, spiega l’Occasional Paper ‘La distribuzione dei dipendenti pubblici in Italia: ruolo e funzioni della mobilità’.
Mobilità che però, si evidenzia, appare ostacolata da diversi fattori. In particolare, “l’assenza di parametri obiettivi in base ai quali determinare i fabbisogni effettivi di personale delle amministrazioni, l’elevata segmentazione dei comparti contrattuali e le incertezze sul piano della confrontabilità degli inquadramenti professionali, appaiono ostacolare i flussi di mobilità, che risultano estremamente contenuti”, sottolinea il dossier pubblicato in settimana. Posto che si tratta di un lavoro, precisa la stessa pubblicazione, che “riflette esclusivamente le opinioni degli autori, senza impegnare la responsabilità dell’Istituzione di appartenenza”.
Lo studio è stato avviato con l’obiettivo di indagare sulla presenza “di asimmetrie nella distribuzione dei dipendenti pubblici in Italia”. Con questo obiettivo è stata condotta un’analisi sui servizi di stato civile e anagrafe dei Comuni (anni 2011-2012), considerando, ad esempio, il numero delle carte d’identità rilasciate o le variazioni anagrafiche fatte. Il risultato: “si stima che i Comuni con un eccesso di ore lavorate a parità di output si trovano con maggiore probabilità: dove il tasso di disoccupazione è maggiore; al Centro e al Sud; nei Comuni montani”. Tutto questo, si ricorda, accade in un Paese con “croniche disfunzioni” e “carenze di personale” in determinati settori della P.a, ne è un esempio il comparto giudiziario. Nonostante ciò, si aggiunge, il livello di mobilità dei dipendenti pubblici è “generalmente ridotto”. E laddove i trasferimenti prendono il via da iniziative del singolo lavoratore rispondono, più che a una corretta pianificazione dei fabbisogni di personale, a interessi personali.
Dei passi avanti, riconosce la ricerca, sono stati fatti con gli ultimi provvedimenti del Governo, a partire dall’apertura al ruolo unificato dei dirigenti contenuta nella delega Madia. Nella stessa direzione vanno le cosiddette tabelle equiparative, anche se restano “dubbi interpretativi”, la riduzione dei comparti della P.a, pur restando il rischio di “proliferazione” di inquadramenti speciali, e il portale mobilità del governo, usato per gli esuberi delle Province.