L’iter della riforma pensionistica procede fra ipotesi e polemiche. Insieme all’Ape, ossia l’anticipo pensionistico per gli over 63 che sarà la prossima via d’uscita per la pensione anticipata, il Governo sta studiando ulteriori novità. La più controversa è “l’uscita precoce” con 41 anni di contributi. Di seguito le principali misure in fase di messa a punto per chi intenda andare in pensione, già dal prossimo anno.
L’Ape – l’anticipo pensionistico per gli ‘over 63’ finanziato con un prestito bancario, assicurato ed erogato con la preventiva certificazione dell’Inps. – è indubbiamente l’istituto portante della riforma. Il prestito dovrà essere rimborsato a rate in 20 anni. Il prepensionamento avrà, dall’altro lato della bilancia, delle penalizzazioni che andranno a decurtare l’assegno pensionistico rispetto a quello “integrale” che si riceverebbe alla normale età pensionabile. Tuttavia, tali penalizzazioni saranno in parte compensate per alcune fasce di lavoratori da un meccanismo di detrazioni fiscali.
Il secondo punto della riforma dovrebbe “riguardare i cosiddetti ‘precoci’, ossia coloro che abbiano iniziato a lavorare, e dunque abbiano versamenti contributivi, già tra i 14 e i 18 anni di età. A tale categoria di lavoratori si dovrebbe riconoscere un riconoscimento di un bonus contributivo di 4 o 6 mesi l’anno. ciò consentirà loro di pensionarsi anche con 41 anni di contributi complessivi. Il Governo sta valutando, inoltre, la possibilità di allargare il bacino della ‘no tax area’, della quale allo stato attuale possono beneficiare i pensionati ‘under 75’ con un reddito pensionistico inferiore ai 7.750 euro annui e gli ‘over 75’ con assegni annuali non superiori agli 8mila euro. Si pensa di alzare il tetto per tutti i pensionati a 8.124 euro, allineandolo sostanzialmente a quello già previsto per i “lavoratori dipendenti usuranti”. Per quest’ultimi si prevede di semplificare i requisiti per l’accesso alla pensione.
Probabile anche l’introduzione di un pacchetto di misure per chi sia già in pensione e percepisca un assegno molto basso. L’ipotesi più gettonata punta su una consistente estensione della platea dei beneficiari della quattordicesima mensilità, oggi ristretta solo agli assegni sotto i 750 euro mensili corrispondenti a 9.786 euro e 86 centesimi lordi l’anno. Il Governo vorrebbe innalzare la quota a 12-13mila euro lordi annui.