E’ stato presentato il 17 novembre a Roma il Rapporto su povertà giovanile ed esclusione sociale realizzato dalla Caritas italiana. Rispetto al passato i dati del Report mettono in evidenza come negli anni la povertà risulti aumentata e le persone più penalizzate non siano prevalentemente anziani e pensionati, come succedeva in passato, ma i giovani. Insomma, i figli stanno peggio dei genitori, i nipoti peggio dei nonni. Le ultime ricerche sul tema del divario generazionale sottolineano, infatti, che la ricchezza media dei nuclei familiari con un capofamiglia giovane risulti di fatto inferiore (meno della metà) rispetto a quella registrata venti anni fa e che l’autonomia dei giovani dalla famiglia d’origine venga conquistata in età sempre più avanzata.
La presenza crescente di persone di giovane età che si rivolgono ai centri Caritas pone, inoltre, una serie di riflessioni. In primo luogo, poiché si tratta di un fenomeno multidimensionale, le risposte alle nuove forme di povertà giovanile non possono essere esclusivamente di tipo tradizionale, ma debbono spingersi oltre la mera dimensione dell’aiuto materiale. E’ necessario investire sull’aspetto educativo, sulla formazione, sulla componente motivazionale e di autonomia personale, tanto da garantire ai ragazzi in difficoltà forme personalizzate di accompagnamento ed orientamento. In fatto di povertà l’Italia è seconda solamente alla Spagna per numero di persone che, dal 2010 al 2015, hanno peggiorato la propria condizione economica. A seguire, nel Report della Caritas, troviamo il Regno Unito (982.000 persone in più) e la Grecia (782.000 in più). Accanto agli indicatori condivisi a livello europeo, che definiscono la povertà in termini di rischio o di deprivazione, nel nostro Paese esiste una misura assai più severa, quella della povertà assoluta, che registra la quota di persone (o famiglie) che non riescono a raggiungere un livello di vita dignitoso, ovvero socialmente accettabile. La soglia di povertà assoluta rappresenta il valore monetario di quel paniere di beni e servizi (alimentazione adeguata, abitazione, vestiario, salute) ritenuti necessari per ciascuna famiglia, calcolata in base al numero e all’età dei componenti, alla ripartizione geografica e alla ripartizione del comune di residenza. Una famiglia è quindi definita assolutamente povera se sostiene una spesa mensile per consumi pari o inferiore a tale valore monetario. Secondo questa definizione, nel nostro Paese vivono in stato di grave povertà 4 milioni e 742 mila persone (il 7,9% dei residenti), per un totale di un milione e 619 mila famiglie (pari al 6,2% dei nuclei familiari).
Il Mezzogiorno in cui risiede il 34% della popolazione conta oggi il 43% di tutti i poveri d’Italia. Se si confronta il dato del 2016 con quello dell’anno precedente, tuttavia, balza agli occhi l’evidente aggravamento della situazioni del Centro Italia, a causa, rileva l’Istat, del peggioramento registrato nei comuni fino a 50.000 abitanti al di fuori delle aree metropolitane. Questo andamento, secondo l’Istituto nazionale di statistica, sarebbe in parte determinato dai danni provocati dal terremoto dello scorso anno sul tessuto economico di diverse zone dell’Umbria, delle Marche e del Lazio. Al contrario, nelle aree del Nord e del Mezzogiorno, negli ultimi dodici mesi sembrerebbe esserci una diminuzione della povertà, sia tra gli individui che nelle famiglie. Rispetto alla situazione del Sud, in particolare, i primi segnali positivi sembrerebbero arrivare da nuovi investimenti e conseguente occupazione, dati questi, messi in evidenza dall’ultimo Rapporto Svimez 2016 che, quest’anno in particolare, hanno avuto alcuni effetti in termini di aumento del benessere sociale della popolazione.
In riferimento alla pubblicazione del “Rapporto Caritas 2017 su povertà giovanili ed esclusione sociale”, il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano si è così espresso: “Il Rapporto della Caritas evidenzia come la povertà e l’esclusione sociale continuino a rappresentare un fenomeno grave che investe, in misura più consistente, i giovani ed i minori. Per contrastare questa situazione è necessario un impegno che richiede il contributo di tutti, a partire, naturalmente, dalle istituzioni e dal ruolo insostituibile svolto dalla Caritas e da tutto il mondo dell’associazionismo e dal volontariato. Da questo punto di vista voglio ricordare che da quest’anno, per la prima volta, il nostro Paese si è dotato di uno strumento permanente di contrasto alla povertà, il Reddito di inclusione (Rei) costruito attraverso una collaborazione positiva con l’Alleanza contro la povertà e un confronto fattivo col Parlamento, che impegna tutte le istituzioni e le comunità locali a stare a fianco delle persone più deboli”.