In un tempo dominato da sfiducia e insofferenza per tutto ciò che occupa lo spazio della rappresentanza democratica e della tradizionale funzione assegnata alla politica, è lodevole che la Rai proponga in prima serata la vicenda esemplare, intellettualmente ed emotivamente suggestiva, del sindaco Angelo Vassallo. È un film molto bello, senza un filo di retorica, costruito con sapienza tecnica e animato da professionisti di assoluto rilievo, a cominciare dall’attore principale, Sergio Castellitto, che interpreta la figura del “Sindaco Pescatore”. Maurizio Zuccaro firma una regia di grande pregio, che esalta il lavoro condotto nell’arco di cinque anni nei luoghi del Cilento, tra il mare e le montagne di Pollica. La storia di Vassallo, ucciso da mandanti ed esecutori ancora sconosciuti, racconta l’avventura di un uomo che dal giorno in cui decide di mettersi in gioco per il bene della propria comunità sperimenta la difficoltà a garantire basi solide e sicure al processo di rinnovamento.
Il suo eroismo, destinato a coronarsi nell’agguato di nemici senza scrupoli, consiste in primo luogo nella fedeltà quotidiana ai principi della corretta amministrazione, che rappresenta il nucleo più vero della “rivoluzione dei sindaci” dei primi anni Novanta del secolo appena concluso. Nelle parole e nei gesti di Angelo Vassalo traspare il desiderio di ripristinare la regola del rispetto verso i beni materiali e immateriali del proprio territorio. Nel primo comizio davanti a pochi amici lancia un messaggio che travalica l’apparente paradosso lessicale: “Per andare avanti bisogna tornare indietro”. Il presente e il futuro non possono guadagnare nulla in termini di reale progresso se scontano la rottura con l’eredità del passato, vale a dire con quella eredità che trattiene la memoria di una più sana ed equilibrata qualità della vita.
Il cambiamento passa attraverso il recupero di ciò che l’egoismo ha scardinato. Ecco, rimettere il mondo nei suoi cardini: questo monito che rimbalza da un famoso verso di Shakespeare – “Il tempo è fuori dai cardini, oh sorte maledetta, che proprio io sia nato per rimetterlo in sesto” (Amleto, atto I scena V) – potrebbe dunque aleggiare sulla vocazione che il Sindaco Pescatore portava in sé quando sfidava il disordine e l’arroganza, insieme all’indolenza colpevole dei più, come piccoli e grandi segni di mesto disfacimento della comunità.
Rimettere in moto la macchina amministrativa, intanto con l’esigere l’osservanza dell’orario di lavoro, contrastare le diffuse pratiche di corruttela, introdurre vincoli al traffico privato nel centro storico, ripulire il mare e l’ambiente, aprire spazi ai giovani in cerca di occupazione, vincere l’indifferenza nei riguardi di proposte innovative, come ad esempio la costituzione del Centro studi per la Dieta Mediterranea; tasselli di un mosaico, questi, che nel complesso disegnano il profilo di un amministratore generoso e caparbio, profondamente legato ai temi dello sviluppo sostenibile, alla rinascita della sua Pollica, ai problemi del suo Comune.
Vassallo ha pagato con la vita l’ansia di riscatto che rappresenta anzitutto nel Meridione un fuoco sempre acceso sotto la cenere della rassegnazione. Dal 1974 ad oggi, 143 amministratori locali di Comuni, Province e Regioni, in gran parte del Sud, sono caduti sotto i colpi della criminalità e della mafia. Purtroppo sono dati tristi e impressionanti, ma capaci al tempo stesso di stimolare, se strappati all’indifferenza e all’oblio della società, un nuovo sentimento di civismo e conseguentemente di attrazione per la cura del bene comune. Solo questo, nel buio di una crisi di motivazione che muove dal ripudio di una degenerata pratica di potere ai vari livelli, può ridare senso e valore alla politica partendo ancora una volta dalle comunità e dai territori. Indubbiamente, nella ricostruzione di questa speranza, aiuta e conforta l’esempio di Angelo Vassallo.
IL SINDACO PESCATORE
STASERA 8 FEBBRAIO LA FICTION DI RAI UNO